Lotta fratricida tra Repubblica e il Fatto

Già, chi l’avrebbe mai detto di Repubblica versus Il Fatto, di Scalfari contro Travaglio e pure contro Spinelli e Cordero. E di Violante (Violante!) contro i suoi vecchi/giovani amici pm. E chi, ancora, l’avrebbe mai detto, non più tardi di qualche mese fa, che le intercettazioni a strascico -invocate contro le leggi bavaglio di un governo che non ne ha azzeccata una in quel campo d’Agramante della Giustizia - sono un’infamia e che ci sono pm, a Palermo, che imboccano o quasi certi mass media per attizzare, insieme, campagne di diffamazioni e di insinuazioni contro brave persone, se non, addirittura, contro il Quirinale? Chi l’avrebbe mai detto...

Diciamocelo: è fin troppo facile questo incipit alla luce della letterale devastazione dello stato di diritto compiuta dal circo mediatico giudiziario dopo la fatale cancellazione dell’immunità parlamentare, dapprima con le violazioni sistematiche del segreto istruttorio tramite divulgazione di verbali segreti, e poi, negli ultimi anni, dalla pubblicazione sistematica, day by day, a ritmo continuo, di intercettazioni che, se ci si pensa un attimo, sono bastate a mandare a casa un presidente del Consiglio, ed erano lì lì, come si dice al Nord, per colpire al cuore la figura del garante della Repubblica, del suo Primo cittadino,del vero reggente di un esecutivo che si barcamena dignitosamente fra spread e speculazioni anti Euro. C’è però qualcuno che l’aveva detto e scritto e ripetutamente denunciato, a cominciare da questo “piccolo” giornale insieme agli amici radicali, insistendo, fra troppi assordanti silenzi della grande stampa, e di una sinistra ubriaca di antiberlusconismo, sulla quasi ovvia constatazione che la salvaguardia della privacy, della riservatezza personale è sancita dalla Costituzione, tale e quale l’habeas corpus.

Un principio, dunque, tanto sacrosanto quanto violato con una martellante ferocia da imporre un nuovo credo, una nuova Costituzione, un nuovo “potere” in cui un mix di giustizialismo e di giacobinismo ha prodotto guasti immani, se è vero come è vero che le piazze ribollivano, fino alla caduta del tiranno di Arcore, di folle marcianti sotto lo striscione: intercettateci tutti! E così è avvenuto, hanno davvero intercettato tutto e tutti con la scusa che se uno non ha niente da nascondere non deve temere le intercettazioni, come se queste, per l’appunto, fossero un dato acquisito, una norma, una necessità. E come se non esistesse più il diritto alla propria vita personale che coincide col potere parlare in libertà senza che qualcuno ti intercetti e ti pubblichi, come in uno stato di polizia. Un diritto e un principio. Il vulnus inferto è di estrema gravità non tanto o soltanto per gli effetti collaterali quanto per l’enormità della violazione di un principio, appunto, che sta alla base della convivenza civile.

La ferita è difficilmente rimarginabile perché ha prodotto infezioni profonde e vaste sullo sfondo di una crisi della politica che giustifica solo in parte la rabbia popolare divenuta essa stessa la leva sulla quale premere per scardinare una convivenza democratica in nome di un neogiacobinismo dal fondo torbido e inquietante. Su cui spiccano, ovviamente, le impressionanti prediche grillesche, ai limiti dello squadrismo e dell’antisemitismo, e le non meno fascistoidi urlate di un capopolo molisano catapultato ai vertici del paese dagli imperdonabili accordi, sia pure per ringraziamento postumo, di una sinistra postcomunista che si è giovata della morte politica dei suoi nemici tramite via giudiziaria non per creare una gauche di stampo liberaldemocratico o socialdemocratico, ma per il potere fine e se stesso, nel quale il ruolo dei pm è cresciuto al punto tale da porsi, alla fine, come contropotere o come partito.

Che insidia il ruolo dei suoi interessati e incauti inventori e provoca laceranti divisioni sia all’interno della sinistra sia del corpo giudiziario. Il quale corpo o casta che dir si voglia, appare oggi non più organico agli schemi di un Violante e, soprattutto, dà l’impressione certo di una autoreferenzalità che sfiora la hybris, ma anche di divisioni interne che rischiano di accentuarne gli estremismi fino a condurlo in una sorta di impasse, di una via senza uscita. Per l’assenza di un potere politico che sembra talmente indebolito da confidare soltanto in un addolorato e ferito, ma non appannato, presidente della Repubblica. Chi l’avrebbe mai detto...

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:38