Un nuovo attacco al sistema politico

Nell’ottimo e puntuale libro di Fabrizio Cicchitto La linea rossa appena uscito per i tipi Mondadori, la lunga narrazione della storia dei comunisti italiani, Pci, poi Pds, quindi Ds, e ora Pd, una particolare insistenza, è rivolta al ruolo della magistratura nelle dinamiche politiche italiane, ruolo “mostruosamente” pervasivo ed unico al mondo, tant’è vero che i suoi effetti hanno annichilito la prima repubblica; dopodichè nel mirino è finito il leader della seconda (Berlusconi) facendo saltare il suo primo governo “maggioritario”.

Qualche anno più tardi è caduto, sempre su input giudiziario (contro Mastella) il governo Prodi. Il suo successore Berlusconi è di nuovo andato a casa per il combinato disposto di iniziative giudiziarie (caso Ruby) gossip micidiali e defezioni finiane. Al governo Monti toccherà analoga sorte? C’è chi giura di sì, e alcuni sintomi sono evidenti, anche se indiretti. Indiretti come gli interventi contro il Quirinale, con quelle intercettazioni non dirette, appunto, che hanno confermato la potenza di fuoco della procura palermitana degna erede, del leggendario pool milanese che venti anni fa sbriciolò la prima repubblica “salvando” i postcomunisti i quali, non a caso, avevano fatto da sponda al pool nell’opera di demolizione di Psi, Dc, Pri, Psdi e Pli non solo per pararsi il cosiddetto ma, come osserva Cicchitto, per un dettato storico politico derivato loro dal berlinguerismo, un concentrato di moralismo, giustizialismo, odio anticraxiano che nel 1992, con Occhetto, D’Alema, Fassino, Veltroni, Mussi, Violante, trovò sulla sua strada il modo mediatico giudiziario per l’eliminazione dello storico nemico socialista.

Affidato alle amorevoli cure del pool e della grancassa dei maggiori quotidiani, Craxi finì in esilio non prima di aver subito, dopo un comizio ad hoc di Occhetto, la gogna pubblica del lancio delle monetine cui seguì, 24 ore dopo, la fine dell’immunità parlamentare che sarà ed è decisiva nel mantenere una oggettiva superiorità del corpus/casta giudiziaria con suo relativo commissariamento della politica. Il libro di Cicchitto è questo e molto altro ancora ed è indispensabile per comprendere l’involuzione della sinistra i cui fondatori furono Gramsci e Togliatti cui l’autore dedica pagine di assoluta chiarezza. Involuzione che sta soprattuto nella delega alla magistratura della questione politica, ovvero della soluzione dei nodi della politica, di volta in volta chiamati Piccioni, Leone, Craxi, Forlani, Andreotti. Andreotti, la cui incriminazione per mafia si sviluppa sull’asse Roma-Palermo, fra Antimafia violantiana e procura caselliana, e che sarà assolutamente decisiva per il collasso della Prima Repubblica, posto che la bandiera contro la corruzione politica agitata con successo dal pool milanese non sarebbe bastata a seppellire i partiti senza quell’altra sventolata da Palermo contro la mafia. Oggi, estate 2012 in piena crisi economica che mette in forse il nostro avvenire, la magistratura è in grande spolvero, indifferente allo spread catastrofico, sorda ai richiami più alti, fredda e implacabile contro gli eventuali giuda traditori dello stato in combutta con la mafia. Come venti anni fa il pool, assume oggi una funzione avvolta da cupa e onnipotente sacralità che accelera l’agonia della transizione montiana verso la terza repubblica, mentre a Milano la procura, la stessa del caso Ruby, ha posto di fatto in crisi la Lombardia.

Non poteva essere diversamente, osservando l’impressionante cumulo di occasioni perdute per riformarla e modernizzarla, sol che si pensi, come ha ricordato Polito sul Corsera e molti altri analisti dal Messaggero al Mattino, non pregiudizialmente schierati, che basta un pm qualsiasi, di qualsiasi procura e con un qualsiasi “fumus” per imbastire una inchiesta di portata devastante, con incolpazioni e intercettazioni eccellenti, comprese quelle del Quirinale, anche se “indirette”. Il Quirinale ha voluto fortemente il governo Monti, grazie anche a un beau geste berlusconiano, Napoliatno è, di fatto, il vero garante di questo governo, davanti agli italiani e, soprattutto, al mondo intero.

Che ci guarda e vede e stupisce. Colpire l’immagine del presidente della Repubblica significa indebolire il garante di Mario Monti, così come l’incalzare di inchieste sull’asse Milano-Palermo provocano instabilità e incertezze sullo stesso esecutivo. A Natale si sperava in una tregua generale. Figuriamoci oggi, in un’estate fra le più drammatiche della nostra storia. Volenti o nolenti quelli di Palermo hanno vulnerato una insostituibile funzione di garanzia e di stabilità, al di là del conflitto di attribuzione, risolvibile come si dice, a babbo morto. Appunto: morto.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:32