Così si salva la faccia al Colle

È un storia lunga lunga, questa della trattativa stato-mafia che si svolge lungo le viscide scale delle cantine e dei sottosuoli più ineffabili, a parte che, di quell’undreground i giornali sono pieni, e pure le tasche dei lettori. Ma tant’è. La pista giornalista che sale e scende dai meandri fangosi di queste storie è entrata di prepotenza nel dibattito allorquando la procura palermitana ha intercettato le eccellenze vostre e nostre, né più, né meno che lo stato di ieri e di oggi. E, come era ovvio (putroppo ovvio e non invece illegale, anche se lo si attenua, come vedremo, in “inopportuno”) tutto è finito stampato, sbattuto in prima pagina.

Del resto, intercettare il Quirinale non è cosa da niente, ma da noi tutto si tiene e tutto passa, rischiando sempre lo scontro violento per poi ritrarsi all’ultimo minuto,tamquam non esse, prescritto, annacquato, rinviato a nuovo ruolo. Il punto vero, tuttavia, di questa spy story con al centro il Colle più alto e ai lati la procura sicula e i media, fra cui la stessa “Unità”,rivela un surplus che se ne stava nascosto sotto le foglie e che il “Fatto” prima e  “Il Foglio” dopo hanno riacceso con bagliori di guerra. Con Violante che, sul giornale di Ferrara, spara a zero sul “Fatto” insinuando di tenere prigioniero il pm di riferimento di Palermo, e la relativa risposta del giornale di Padellaro, simile a una scudisciata, tipica delle guerre intestine della gauche, delle lotte civili a sfondo giacobino, evocando addirittura colpi di stato striscianti che, pure, lo sembrano assai poco striscianti, anzi. Anche perché c’è di mezzo il supremo garante della nazione e delle sue istituzioni, presidente, non a caso del Csm. Rovesciando parole di fuoco, e  anche qualcos’altro contro l’ex presidente dell’Antimafia che consegnò Andreotti su un piatto d’argento alle amorevoli cure della procura di Palermo e che venti anni dopo sembra essere rientrato fra i tromboni difensori acritici del Qurinale e attaccanti spudorati della stessa procura. Dello scontro, peraltro, si era occupato da cronista secco, tagliente e preciso, il Massimo Bordin su una suo rubrichetta che nel solco del garantismo doc, senza mai sbavare o scivolare nelle semplificazioni, ci aveva come predetto che da quello scontro al vertice e all’interno della sinistra ne sarebbero derivati, innanzitutto, guai più che seri alle indagini. 

Che grande film ne verrebbe fuori se un Oliver Stone, per dire,o uno Scorsese o un Rosi ringiovanito (non trovo nomi di giovani, forse un Garrone, ma senza Saviano, o, documentaristicamente, una staffetta Mieli-Minoli) ne facessero un evento cinematografico. 

Pensate alle angosce di Mancino per le parole di Martelli e la conseguente kafkiana intercettazione telefonica è interiorizzata al punto di ricorrere al consigliere psicologo assistente sociale D’Ambrosio, o alla solitidine di un galantuomo novantenne come Conso, pluritorchiato dai pm, che prende quella decisione sul 41 bis, o all’ombra invasiva di Scalfaro, o alle deposizioni del teste Violante che se le vede poco dopo riportate sui giornali, o alle balle spaziali spacciate dal pataccaro Ciancimino portato nella tv santoriana come un Madonna Pellegrina e, sopra tutti, sopra questo ribollentemente torbido paesaggio, quell’altro della crisi economia e politica più grave del dopoguerra con un Napolitano che cerca di mantenere salda la barra di una nave malandata che, pure, sembra ridiventare orgogliosamente lottatrice sul campi di battaglia europei, che sono, poi, quelli di calcio. 

Infine è arrivata “L’Unità” di ieri con un intervento limpido del senatore Pellegrino che col suo tono fra il fine giurista e l’attento politico, fa il punto dello scontro istituzionale, riportando cioè la questione nei termini più precisi ricordando che l’equilibrio dei diversi poteri deve essere tale sempre e comunque e lo è rispettando non solo l’autonomia ma la logica che deve  presiedere l’operato dei diversi soggetti, a comunciare dalla magistratura. 

La quale non aveva alcun bisogno di intercettare (era inopportuno)  né Mancino né il Qurinale e neppure altri, dato che aveva a disposizione dati e fatti e che  comunque intercettare uno non indagato che parla col Colle più alto non è per dir così,limpidamente istituzionale. 

Come finirà? Noi puntiamo sull’arma forte che Pannella sta agitando con tenacia e passione:l’amnistia. Todo amnistiados! Anche Conso, anche Mancino, e...

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:30