I sostenitori del governo Monti affermano che il presidente del Consiglio abbia fatto più che bene ad affrancarsi dal condizionamento dei partiti e a decidere autonomamente chi sarà il nuovo presidente dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni e chi dovrà sostituire, con poteri estremamente rinforzati rispetto ai componenti del Consiglio di amministrazione, il presidente uscente e la direttrice generale defenestrata della Rai. A loro parere il significato positivo ed il valore delle decisioni di Monti dipendono solo in parte dalla qualità delle persone che sono state scelte dal Capo del governo a guidare l'Autorità che dovrà compiere scelte di fondo sul futuro di uno dei settori più nevralgici del paese e ad imporre, grazie ai poteri particolari a loro accordati, un cambio di passo ad una Rai da sempre considerata come la principale azienda culturale italiana. Per la verità i personaggi in questione vantano titoli di tutto rispetto. Ma la soddisfazione per l'operato di Palazzo Chigi nasce in gran parte dal convinzione che con la sue scelte effettuate senza guardare in faccia nessuno Monti abbia, in realtà, affibbiato un sonoro schiaffo proprio sulla faccia di quelli che in teoria avrebbe dovuto semplicemente ignorare.
Ciò che è piaciuto, in sostanza, non è stato il nome di Cardani o quelli della Tarantola o di Gubitosi. O il fatto che il presidente del Consiglio li abbia presi dall'elenco di banchieri e di professori che si è portato nel palazzo di piazza Colonna ed a cui attinge quando si tratta di nominare vertici di governo e di sottogoverno. Niente affatto. Ciò che è veramente piaciuto è che Monti abbia dato uno sganassone alla classe politica. Cioè si sia comportato come promette Beppe Grillo e come sollecita rumoreggiando quella parte dell'opinione pubblica del paese che considera prioritario, prima ancora di trovare il modo di uscire dalla crisi, prendere a calci in culo i dirigenti dei partiti. Ma tanta soddisfazione per l'antipolitica di Grillo nella versione mesta ed austera di Monti non convince. E non perché i partiti ed i loro dirigenti non si meritino sganassoni metaforici ed in qualche caso anche qualche materiale calcio nel culo. Ma perché si ha l'impressione che Monti si metta a scimmiottare Grillo ed a cercare il consenso di chi chiede un moderno pogrom per la vecchia classe politica solo per nascondere la sua sostanziale incapacità di affrontare seriamente i problemi che impediscono al paese di uscire dalla crisi.
Siamo certi, infatti, che mettere alla guida dell'Autorità per le Telecomunicazioni un suo amico piuttosto che un amico di Bersani o di Alfano sia una scelta che risolve un qualche problema ? E siamo certi che strappare surrettiziamente il controllo della Rai dal Parlamento per consegnarlo al governo tornando di fatto all'epoca della Prima Repubblica sia una trovata geniale che rilancia il ruolo dell'azienda radiotelevisiva pubblica?
Il problema vero, in sostanza , non è se gli amici di Monti siano più bravi degli amici del Cavaliere o di D'Alema o di Veltroni. E' l'esistenza di una Autorità delle Telecomunicazioni che , insieme a tutte le altre Autority , andrebbe abolita in quanto espressione diretta e clamorosa dell'inutile invasività di un elefantiaco stato burocratico assistenziale. E lo stesso vale per la Rai. Dove , come l'esperienza del passato insegna, è del tutto inutile sostituire i lottizzati incapaci con i professori capaci solo di usare il telecomando. E dove si dovrebbe passare con la stessa ruspa ripianatrice che andrebbe usata con le pletoriche e costose strutture delle Autority.
In questa luce, allora, si inquadra meglio il comportamento di Monti. Che non è stato uno schiaffo alla politica ma solo una manifestazione di inquietante incapacità.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:23