La notizia viene da Firenze, sembra un supplemento di quella giustizia raccontata con fanciullesca serietà da Collodi nel suo "Pinocchio". I colleghi rubano carburante dai serbatoi dell'Ataf, l'Azienda del trasporto pubblico; lui al contrario sta facendo onestamente il suo lavoro, mansioni di meccanico. Però le telecamere della polizia lo riprendono mentre sta prendendo gasolio con delle taniche per andare a effettuare la riparazione di un mezzo.
Lo ha messo nero su bianco con tanto di timbro sotto una sentenza emessa in nome del popolo italiano il collegio del tribunale di Firenze, che ha così assolto il signor Stefano Cappuccini, dipendente dell'azienda e unico risultato innocente tra i nove indagati di un'inchiesta scattata tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, "solo" tre anni fa.
Il tribunale riconosce che il signor Cappuccini è innocente e i fatti a lui contestati "non sussistono", stava semplicemente svolgendo quello che le sue mansioni prevedono. Tutto bene, non fosse che in seguito a quei fatti si sia gravemente ammalato a causa dello stress emotivo. E qui scatta qualcosa che andrebbe meglio chiarito. I difensori del signor Cappuccini infatti sottolineano che l'Ataf «avrebbe potuto spiegare fin dall'inizio che le manovre di Cappuccini dentro l'officina erano perfettamente consone al suo incarico. Mentre invece l'azienda, in una sorta di accanimento, aveva addirittura aperto un procedimento disciplinare con sospensione cautelare dal servizio».
La sospensione cautelare, in presenza di un procedimento giudiziario, ma forse siamo in errore, costituisce la norma. La come valutare quel «l'azienda avrebbe potuto spiegare fin dall'inizio che…». Perché non lo ha fatto? E di più: come mai investigatori e pubblico ministero si sono "fidati" della sola immagine del filmato, e non hanno approfondito, non hanno chiesto, non si sono posti domande? Bastava, per esempio, chiedere al signor Cappuccini: dove portava quel carburante, perché prelevava gasolio con delle taniche? Ed è da credere, comunque, che il signor Cappuccini, che almeno una volta sarà stato ascoltato, avrà spontaneamente fornito la risposta a questi quesiti.
E allora da qualche parte dovrebbero essere verbalizzati, e al tempo stesso qualcuno dovrebbe spiegare perché a quelle "giustificazioni" non si è prestato alcun credito, e nessuna verifica è stata effettuata. E fermiamoci qui, nel nostro alambiccare, che basta e avanza.
Gli altri dipendenti coinvolti sono stati, al contrario del signor Cappuccini, condannati. Alcuni hanno patteggiato, ad altri sono state inflitte a pene varianti da sei mesi a un anno, più il risarcimento dei danni.
Come si vede, piccola storia, e potremmo giurare che non solo all'Azienda trasporti di Firenze vi sia un via vai di taniche con gasolio. E tuttavia ci rimbalza la domanda, la solita: tre anni per chiudere, in primo grado, una vicenda tutto sommato banale, furto di gasolio.
Un signore che si è trovato accusato di furto, in realtà "colpevole" di svolgere il suo lavoro; e che per questo si è gravemente ammalato. Ma anche se nessun trauma, fisico o psichico il signor Cappuccini avesse subito, resta il fatto che per una questione così banale da risolvere, siano serviti ben tre anni; mentre erano sufficienti tre ore di indagini svolte con serietà e coscienza.
E qui, evidentemente sta il punto: la serietà e la coscienza. C'è dolo o almeno colpa grave? E come verrà risarcito il signor Cappuccini? E da chi? E quanti casi come quello del signor Cappuccini si consumano ogni giorno? Domande che rischiano di essere oziose, visto l'implacabile e tetragono silenzio che viene opposto da chi dovrebbe non solo fornire risposte, ma porsele lui per primo, questi interrogativi.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:32