Da solo contro la macchina del fango

Roberto Formigoni appartiene sicuramente alla tradizione più illustre dei validi governatori lombardi, da Bassetti a Golfari, da Guzzetti a Tabacci. La Lombardia è bene governata da sempre, e quindi anche da lui, cui dobbiamo, fra l'altro, un standard di servizi sanitari pubblici di altissima qualità. Il Celeste, come viene chiamato Roberto Formigoni ormai al suo quarto mandato (tanti!), è entrato nel tritatutto mediatico da qualche mese. La "sua" Lombardia, o per lo meno il Consiglio regionale, ha offerto al circo mediatico-giudiziario occasioni a ripetizione, basti pensare al caso Penati (Pd) e al caso Boni(Lega).

Questo per dire che il terreno regionale non è affatto vergine. E il governatore lo sa perfettamente. Eppure, nessun assessore della sua giunta è stato colpito dagli strali procuratizi, almeno fino ad ora. Formigoni meno che meno. Eppure, da giorni e giorni, prima ancora che il caso Daccò (collegato al San Raffaele e al Maugeri) esplodesse, la macchina mediatica o del fango, come la definisce il Celeste, lo martella implacabilmente, chiedendone le dimissioni. Non è escluso che Formigoni abbia compiuto più di un errore "difensivo" all'inzio dell'affaire Dacco che, come sanno gli addetti ai lavori, è vicino agli ambienti di Cl. Ed è altresì probabile che qualche messaggio trasversale contengano i verbali degli interrogatori di Daccò,ormai in carcere da molti, lunghi mesi, con annesse rivelazioni su gite in barca, viaggi alle Antille ecc ecc. su cui Formigoni era apparso molto distaccato, forse un po' troppo. Resta tuttavia il fatto - che non è un'opinione - che nessuna imputazione è stata rivolta al governatore della Lombardia, a differenza di altri governatori che, infatti, rimangono al proprio posto e contro i quali, peraltro, nessuno ha rivolto accuse e richieste di dimissioni. Un altro "errore"  è stato quello di promettere dimissioni solo nel caso di un avviso di garanzia, promessa oggi rientrata. Tutto ciò premesso, è di palmare evidenza la finalità politica della campagna mediatica antiformigoniana. Una volta colpito lui, la strada lombarda sarà spianata agli avversari, essendo Formigoni l'ultimo baluardo berlusconiano, e che baluardo, dopo la fatale perdita di Milano dello scorso anno. 

Non solo, ma nella eventuale caduta di Formigoni verrebbe a cadere un'altra colonna portante di ciò che resta del Pdl, cioè Comunione e Liberazione. Una specie di cappotto, ottenuto praticamente con una violenta campagna di stampa e, spesso, con violazioni del segreto istruttorio, detto anche di Pulcinella da almeno venti anni. Come è successo e succede da tanto tempo, non è improbabile che anche la Regione Lombardia, come altre istituzioni elettive, venga decapitata. E non dalla volontà politica. Un inquietante deja vu che, tuttavia, getta una luce sinistra sulla politica di oggi, di destra e di sinistra, e che soprattutto offre riflessioni sia sullo stato della giustizia che, ovviamente, del Pdl lombardo, ma non solo. Nel caso Formigoni, gli osservatori in genere non si soffermano a rilevare che la detenzione di Daccò, per quanti reati corruttivi abbia commesso, è abnorme. Difatti, che ci sta a fare in carcere così a lungo posto che non potrebbe più inquinare prove e reiterare reati? Logica vorrebbe che sia Daccò che altri, come Simone, ex assessore regionale, scontino una pena non prima ma dopo un processo. O no? O,come si dice in giro, il carcere serve a sciogliere la lingua? Nella terra di Beccaria siamo ancora a tanto. Ancora.

Tutta la vicenda mostra la drammatica solitudine del Celeste,nonostante i suoi ripetuti e vasti consensi elettorali. L'assenza del Pdl a fianco del "suo" governatore è stata tanto clamorosa quanto colpevole e, infine, sintomo e simbolo della crisi profonda che lo agita. Solo nei prossimi giorni e su sollecitazione formigoniana ci sarà una qualche manifestazione a suo sostegno. Sostegno? Quanto profonda sia questa crisi lo ha dimostrato anche il tragico flop della raccolta  firme anti Pisapia (cioè contro la cosiddetta area C con la sua tassa di entrata di cinque euro!) voluta e sbandierata dal Pdl. La quota di trentamila milanesi contrari non è stata raggiunta. Il fu partito del Cav ha dato la colpa alle cattive condizioni meteorologiche...

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:33