La polemica stizzita di Monti nei confronti del Pdl e di Angelino Alfano? Il suo frettoloso marcia-indietro? La nomina dei super-tecnico "tagliatore" Enrico Bondi con il compito di mettere mano a tutto tranne che ai bilanci di Quirinale, Corte Costituzionale e Parlamento? La scelta dell'eterna "riserva" politica della Repubblica, Giuliano Amato, come commissario di fatto di quel sistema dei partiti di cui è l'espressione più antica e genuina? La cooptazione dell'economista critico Francesco Giavazzi ad occuparsi di quei trasferimenti dello stato alle imprese di cui si sarebbe dovuto occupare il governo dei tecnici tanto rimproverato dallo stesso Giavazzi?
Se fosse stato qualsiasi altro presidente del Consiglio a compiere questi atti ci sarebbe stata una sorta di sollevazione collettiva all'insegna del più forsennato ed irrefrenabile sghignazzamento per questa lampante dimostrazione di dilettantismo allo sbaraglio. Se poi l'artefice fosse stato il precedente capo del governo gli sberleffi, i fischi ed i pernacchi avrebbero raggiunto punte talmente alta da travalicare i confini ed inondare l'intera Europa e buona parte del pianeta di sdegno, condanna ed esecrazione per la disgrazia capitata all'Italia di avere un premier così inadeguato.
Invece l'artefice è stato Mario Monti. E per carità di patria e per conformismo imperante a nessuno è saltato per la testa di rilevare che il "re è nudo" e che il presidente del Consiglio è sull'orlo di una crisi di nervi. Ora, sempre perché l'unica alternativa sarebbero elezioni anticipate che non risolverebbero nulla, possiamo anche fare finta che non sia successo e non stia succedendo niente. Purtroppo, però, non è così. Ed è bene che chiunque abbia un minimo di senso di responsabilità nazionale incominci a prendere atto di una realtà che può essere nascosta ma non può essere minimamente negata. Cioè che anche la soluzione estrema rappresentata dal governo dei tecnici è andata a farsi benedire e che da questo momento in poi è necessario trovare una soluzione diversa ad una crisi a cui neppure i presunti "salvatori" espressione dei poteri forti sanno dare un qualsiasi sbocco.
Il governo dei tecnici e dei burocrati mai eletti da nessuno, alternativo al governo dei politici nominati e mai scelti autonomamente dai cittadini, è fallito.
Se i politici designati si sono mostrati incompetenti i tecnici cooptati dal capo dello stato sono risultati non solo inconcludenti ma anche pericolosamente fragili di nervi. Tutti sanno che il calvario dei tecnici nevrotici dovrà durare fino alla scadenza naturale della legislatura. Ma ora è fin troppo evidente che bisogna pensare a preparare un futuro che non può consistere in una qualche riedizione della formula sperimentata in questi mesi. Si illude, infatti, chi pensa che arrivati alla primavera del 2013 gli italiani possano dare il proprio consenso ad una riedizione riveduta e corretta, magari attraverso la legge elettorale neoproporzionalista a cui hanno messo mano gli esperti di Pdl,Udc e Pd, di un esecutivo formato dai sopravvissuti al doppio fallimento della partitocrazia e della tecnocrazia.
Caduta anche l'ultima spiaggia non rimane che avventurarsi in mare aperto. E per farlo non c'è altra possibilità che rimettersi alla sovranità popolare senza l'assurda pretesa di coartarla con una legge elettorale tesa solo a perpetuare una classe dirigente che è risultata fallimentare sia sul versante politico che su quello tecnico.
Altro che sbarramenti, premi ai partiti, giochetti fatti apposta per delegare alle caste ristrette il compito di scegliere il governo del paese alla faccia degli orientamenti del corpo elettorale! La disfatta dei tecnici trascina con sé anche questi tentativi di sopravvivenza della vecchia classe politica. Per cui non rimane altro che puntare ad un ricambio generalizzato di classe dirigente. Anche con il Porcellum, purché senza liste bloccate.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:12