Monti si liberi dell'ABC

Il problema di Monti è l'ABC a cui ha deciso di legare i destini della propria esperienza di governo. Da quando il premier ha cominciato a vedere ripetutamente il trio delle meraviglie, ha perso smalto. L'ironia è si è trasformata in un sarcasmo ridondante e, talora, astioso. L'iniziativa di governo ha cominciato a somigliare a quella di un governo qualunque, chiamato a fine legislatura a fare i conti col voto e il giudizio imminente delle varie costituency di riferimento. Succede ordinariamente che governi appena eletti sfruttino la luna di miele per i provvedimenti più tenaci, per poi ammorbidirsi col passare degli anni e divenire docili in prossimità delle nuove elezioni. 

In pochi mesi anche il governo Monti è passato dall'audacia sulle pensioni alla timidezza sul lavoro. Fatto sta che l'esecutivo dei professori non è stato, però, eletto dal popolo e non deve ripresentarsi tra pochi mesi nella competizione elettorale. Perché quindi abbracciare l'ABC e lasciarsi tramortire dalla presa di quei partiti le cui lacune era stato chiamato a colmare? Se la maggioranza uscita vincitrice alle elezioni del 2008 fosse stata capace di risolvere i suoi problemi interni, esprimerebbe ancora un governo di largo consenso parlamentare. Magari non necessariamente con Berlusconi al vertice e Tremonti all'economia (se pure i tories sostituirono la Thatcher con Major...), ma forse in grado di affrontare la crisi con efficacia e creatività. 

Lo stesso dicasi ovviamente per l'opposizione che, qualora fosse stata in grado di subentrare al centrodestra, avrebbe visto naturalmente riconosciute le ragioni di un voto anticipato, come avviene in tutto il mondo democratico. Viceversa, l'alleanza costruita su un altro tipo di ABC, lo sgrammaticato BDV di Bersani, Di Pietro e Vendola, non è stata diffusamente considerata all'altezza del compito. 

È accaduto che la crisi dei partiti fosse considerata così evidente e generalizzata, dentro e fuori i confini nazionali, che l'invenzione di un governo tecnico venisse riconosciuta come l'unica chance per l'Italia. Da lì, Monti. E allora perché il professore perde tutto questo tempo con Alfano, Bersani e Casini? Quando si rivolgeva a loro dagli scranni del governo spiegandogli che la gradualità che suggerivano sulle pensioni era inaccettabile e portava dritto dritto al default dello stato, convinceva gli italiani e i mercati. Dava il senso, quel comportamento, dell'eccezionalità della fase, in cui o si interveniva con l'accetta o lo stato non avrebbe avuto più i quattrini per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici. Dal momento che quell'eccezionalità è tutt'altro che conclusa, non si capisce perché Monti abbia mutato così radicalmente le sue regole d'ingaggio.

Puoi chiamarla concertazione o confronto, ma se alla fine ti lasci condizionare nell'indirizzo generale del tuo riformismo dai particolarismi delle parti sociali e dei partiti, il risultato sarà comunque magro. Non spetta a un governo tecnico trovare la sintesi generalizzante delle diverse e talvolta opposte istanze particolari. Alfano, Bersani e Casini sono già in campagna elettorale, non quella per le amministrative, che non è che una tappa della lunga campagna che ci porterà al voto nella primavera del prossimo anno. Il fatto che abbiano trascorso l'ultimo mese a scrivere e riscrivere un'eventuale nuova legge elettorale è la prova che il loro pensiero è fisso alle elezioni politiche. Ed essendo stati bocciati come salvatori della patria (ruolo assegnato da tutti a Monti) è anche giusto che si preparino al meglio a vincere (o a non perdere...) le prossime elezioni. Incontrandoli tanto spesso, Monti ruba loro del tempo. E, quel che è peggio, permette a loro di rubarne al suo governo.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:31