Un nuovo partito dei liberi

Chapeau. Bisogna dare atto al quotidiano L'Opinione di essere stato tra i primi organi di stampa a sollevare e ad aprire, in modo serio e approfondito, la discussione sulla riforma della politica e dei partiti. In tempi non sospetti, infatti, su queste stesse pagine sono stati ospitati articoli e interventi che hanno fatto da apripista al dibattito in corso sulla trasparenza dei bilanci, sul finanziamento pubblico ai partiti, sulla democrazia interna alle forze politiche, sulla libertà di associazione, sulle burocrazie degli apparati, sulla legge elettorale. In particolar modo, proprio su questi temi, sono alcuni mesi che il gruppo degli "Amici dell'Opinione" continua a tenere viva la discussione, anche attraverso incontri, elaborazione di proposte e puntuali o possibili percorsi politici in grado di condurre la politica fuori dal regime partitocratico. 

L'articolo di fondo apparso ieri sul Corriere della Sera, magistralmente scritto da Angelo Panebianco e intitolato "Chi alimenta l'antipolitica", meriterebbe l'attenzione di tutti gli attori politici in scena. Sicuramente, avrà l'attenzione degli spiriti liberi e liberali del nostro Paese, a cominciare dagli "Amici dell'Opinione". Infatti, la partitocrazia, che da tempo ha sconfitto i partiti, è in crisi. Ecco, allora, che potrebbe acquistare forza il "progetto Eta Beta", cioè quel progetto politico riformatore per un altro modello di partito per il futuro. Un modello di partecipazione politica, insomma, in grado di organizzare una struttura e una forma organizzativa liberale e democratica, come quella che i Radicali sono riusciti concretamente a costruire e a praticare attraverso una "galassia" di associazioni tematiche, telematiche e territoriali. Con la caratteristica possibilità della doppia e tripla tessera, tipica del Partito Radicale. Un progetto che potrebbe partire, quindi, dall'interno dei Radicali.

Il "progetto Eta Beta", comunque, da me proposto attraverso le pagine de L'Opinione, è l'idea che ho rilanciato, avendola presa in prestito da un'intuizione di Giuliano Amato, per la messa in opera di una nuova forma di attività e di partecipazione politica basata su piani di lavoro intellettuali separati, interdipendenti, ma uniti da "ponti" (contraddittori-dialoghi), cioè costruiti sulle capacità dei singoli e della cooperazione in gruppi, sulle competenze delle persone e degli individui, sull'intelligenza e sulla conoscenza, sulle qualità e sulle attitudini di ciascuno e dell'insieme, così da diventare - appunto - un "intellettuale collettivo", ma non nel solo significato gramsciano.

Infatti, tra le persone comuni, che vivono con attenzione il proprio quotidiano, sta riaffiorando la voglia per le grandi battaglie civili che hanno al centro sempre e solo lo stesso motivo: la libertà dell'individuo. Andare incontro a queste esigenze di libertà è un sogno che può diventare un progetto. E questo progetto può essere realizzato, organizzato, programmato con "intelligenza collettiva", con un'organizzazione che sia in grado di utilizzare (invece che umiliare) competenze e opportunità per il raggiungimento di un ambizioso, ma non per questo, irraggiungibile obiettivo: costruire anche nel nostro Paese una democrazia liberale.

Ho appreso questa visione delle cose da Marco Pannella. Come proprio da Pannella siamo stati sempre spronati a sentirci, in quanto Radicali, parte di un "intellettuale collettivo. È lui che ci ha fatto capire, all'interno della nostra galassia, che la storia del più antico Partito della Repubblica italiana è la storia di un "intellettuale collettivo". E lo ripete ancora oggi, forse ancor più di ieri. Non a caso, già nel 1973, in un testo di Pannella, definito da Pier Paolo Pasolini come il «manifesto politico del radicalismo» e conosciuto con il titolo di "La fantasia come necessità", Marco stesso rimproverava Andrea Valcarenghi, autore del libro "Underground. A pugno chiuso", scrivendo le seguenti testuali parole: «Continueremo ancora a lungo a marciare divisi? Segnali, ogni tanto, le nostre vittorie - anche se tendi involontariamente a sminuirle, facendole mie, individuali e non - come sono - di quel collettivo felice e raro che è il Partito Radicale».

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:33