Udite, udite! Il ministro Passera ha scoperto l'acqua calda.
Ha comunicato al paese che siamo ufficialmente in recessione e che
c'è il rischio che si batta, in termini di durata, la terribile
crisi del '92-'93. Inoltre, questo illustre membro di un governo di
cervelloni, si è accorto che le banche, nonostante la grande
iniezione di euro ricevuta dalla Bce, sono di nuovo in crisi di
liquidità. Eppure non occorre essere dei premi Nobel per
comprendere che esiste un vero e proprio buco nero che da anni
assorbe risorse finanziarie da ogni ambito del sistema. È lo stato,
che ormai divora circa il 54% del Pil. Uno stato che assorbe molta
parte della liquidità in circolazione nella spesa corrente e nel
mantenimento di debito colossale.
Ebbene, i due elementi citati con grande preoccupazione dal ministro per lo Sviluppo economico, ossia il rallentamento dell'attività economica e la scarsità di credito, costituiscono la rappresentazione plastica di quel paventato avvitamento del sistema di cui, all'inizio della dissennata campagna di tasse realizzata da Monti & soci, avevo avvertito il pericolo su queste pagine. Soprattutto perché lo standard extranazionale della moneta unica impedisce anche al nostro governo di far fronte a qualunque emergenza finanziaria con massicce dosi di nuove banconote emesse da una compiacente Banca d'Italia, pur al costo salatissimo di una inflazione senza controllo. E quindi, sotto la campana dell'euro ci sono solo due strade per fare fronte alla crisi attuale: o si aumentano le tasse, o si taglia la spesa. Ce ne sarebbe anche una terza, ovvero quella di chiedere prestiti senza misura. Ma sappiamo la fine che hanno fatto, vedi caso Grecia, i Paesi che si sono messi su questa via.
Ebbene, i due elementi citati con grande preoccupazione dal ministro per lo Sviluppo economico, ossia il rallentamento dell'attività economica e la scarsità di credito, costituiscono la rappresentazione plastica di quel paventato avvitamento del sistema di cui, all'inizio della dissennata campagna di tasse realizzata da Monti & soci, avevo avvertito il pericolo su queste pagine. Soprattutto perché lo standard extranazionale della moneta unica impedisce anche al nostro governo di far fronte a qualunque emergenza finanziaria con massicce dosi di nuove banconote emesse da una compiacente Banca d'Italia, pur al costo salatissimo di una inflazione senza controllo. E quindi, sotto la campana dell'euro ci sono solo due strade per fare fronte alla crisi attuale: o si aumentano le tasse, o si taglia la spesa. Ce ne sarebbe anche una terza, ovvero quella di chiedere prestiti senza misura. Ma sappiamo la fine che hanno fatto, vedi caso Grecia, i Paesi che si sono messi su questa via.
Ora, dato che i tecnici che occupano la stanza dei bottoni
continuano a ripetere come un mantra che sarebbe corretto tagliare
la spesa ma che per farlo occorre molto tempo e che, pertanto, la
brevità del loro mandato impedisce di seguire questa linea, si è
pensato bene di massacrare ulteriormente il sistema economico e
produttivo con una ulteriore valanga di nuove imposte. Aumentando
la già insopportabile tensione che esiste tra l'economia reale e
uno stato assistenziale ipertrofico che grava in maniera
inverosimile sulle possibilità di svilluppo del paese. Per questo
motivo, pur considerando la difficoltà dell'impresa, noi liberali
ci aspettavamo dal governo Monti un deciso impegno sul fronte della
spesa pubblica, eventualmente adottando anche impopolari ma
improcrastinabili tagli lineari in quasi tutti i settori dello
stato.
Ciò proprio per impedire che si innescasse una spirale recessiva senza uscita in cui, come nella parabola di Achille e la tartaruga, si cercasse vanamente di rincorrere un gettito fiscale allargato in caduta libera con un continuo inasprimento delle tasse, peggiorando in tal modo un quadro già ampiamente fosco. D'altro canto, anche il ministro Passera dovrebbe ben sapere che abbattere la nostra mostruosa spesa pubblica non può avere gli stessi effetti recessivi che comporta il forsennato aumento della pressione fiscale in atto.
Anzi, a mio avviso, ridurre le competenze di uno stato che alimenta enormi sacche di parassitismo, non può che produrre effetti benefici alla nostra economia, checché ne dicano i tanti keynesiani in servizio permanente attivo. Il problema e che, tempi stretti a parte, occorrerebbe cominciare a farlo senza guardare in faccia a nessuno. Per continuare a tacitare i mercati internazionali circa la nostra solvibilità non basta più l'impronta compassata del nostro premier. Occorre fare molto di più. Se non vogliamo morire, dobbiamo assolutamente tagliare, costi quel che costi.
Ciò proprio per impedire che si innescasse una spirale recessiva senza uscita in cui, come nella parabola di Achille e la tartaruga, si cercasse vanamente di rincorrere un gettito fiscale allargato in caduta libera con un continuo inasprimento delle tasse, peggiorando in tal modo un quadro già ampiamente fosco. D'altro canto, anche il ministro Passera dovrebbe ben sapere che abbattere la nostra mostruosa spesa pubblica non può avere gli stessi effetti recessivi che comporta il forsennato aumento della pressione fiscale in atto.
Anzi, a mio avviso, ridurre le competenze di uno stato che alimenta enormi sacche di parassitismo, non può che produrre effetti benefici alla nostra economia, checché ne dicano i tanti keynesiani in servizio permanente attivo. Il problema e che, tempi stretti a parte, occorrerebbe cominciare a farlo senza guardare in faccia a nessuno. Per continuare a tacitare i mercati internazionali circa la nostra solvibilità non basta più l'impronta compassata del nostro premier. Occorre fare molto di più. Se non vogliamo morire, dobbiamo assolutamente tagliare, costi quel che costi.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:34