Basta tasse, tagliamo le spese
martedì 3 aprile 2012
Udite, udite! Il ministro Passera ha scoperto l'acqua calda.
Ha comunicato al paese che siamo ufficialmente in recessione e che
c'è il rischio che si batta, in termini di durata, la terribile
crisi del '92-'93. Inoltre, questo illustre membro di un governo di
cervelloni, si è accorto che le banche, nonostante la grande
iniezione di euro ricevuta dalla Bce, sono di nuovo in crisi di
liquidità. Eppure non occorre essere dei premi Nobel per
comprendere che esiste un vero e proprio buco nero che da anni
assorbe risorse finanziarie da ogni ambito del sistema. È lo stato,
che ormai divora circa il 54% del Pil. Uno stato che assorbe molta
parte della liquidità in circolazione nella spesa corrente e nel
mantenimento di debito colossale.
Ebbene, i due elementi citati con grande preoccupazione dal
ministro per lo Sviluppo economico, ossia il rallentamento
dell'attività economica e la scarsità di credito, costituiscono la
rappresentazione plastica di quel paventato avvitamento del sistema
di cui, all'inizio della dissennata campagna di tasse realizzata da
Monti & soci, avevo avvertito il pericolo su queste pagine.
Soprattutto perché lo standard extranazionale della moneta unica
impedisce anche al nostro governo di far fronte a qualunque
emergenza finanziaria con massicce dosi di nuove banconote emesse
da una compiacente Banca d'Italia, pur al costo salatissimo di una
inflazione senza controllo. E quindi, sotto la campana dell'euro ci
sono solo due strade per fare fronte alla crisi attuale: o si
aumentano le tasse, o si taglia la spesa. Ce ne sarebbe anche una
terza, ovvero quella di chiedere prestiti senza misura. Ma sappiamo
la fine che hanno fatto, vedi caso Grecia, i Paesi che si sono
messi su questa via.
Ora, dato che i tecnici che occupano la stanza dei bottoni
continuano a ripetere come un mantra che sarebbe corretto tagliare
la spesa ma che per farlo occorre molto tempo e che, pertanto, la
brevità del loro mandato impedisce di seguire questa linea, si è
pensato bene di massacrare ulteriormente il sistema economico e
produttivo con una ulteriore valanga di nuove imposte. Aumentando
la già insopportabile tensione che esiste tra l'economia reale e
uno stato assistenziale ipertrofico che grava in maniera
inverosimile sulle possibilità di svilluppo del paese. Per questo
motivo, pur considerando la difficoltà dell'impresa, noi liberali
ci aspettavamo dal governo Monti un deciso impegno sul fronte della
spesa pubblica, eventualmente adottando anche impopolari ma
improcrastinabili tagli lineari in quasi tutti i settori dello
stato.
Ciò proprio per impedire che si innescasse una spirale recessiva
senza uscita in cui, come nella parabola di Achille e la tartaruga,
si cercasse vanamente di rincorrere un gettito fiscale allargato in
caduta libera con un continuo inasprimento delle tasse, peggiorando
in tal modo un quadro già ampiamente fosco. D'altro canto, anche il
ministro Passera dovrebbe ben sapere che abbattere la nostra
mostruosa spesa pubblica non può avere gli stessi effetti recessivi
che comporta il forsennato aumento della pressione fiscale in
atto.
Anzi, a mio avviso, ridurre le competenze di uno stato che
alimenta enormi sacche di parassitismo, non può che produrre
effetti benefici alla nostra economia, checché ne dicano i tanti
keynesiani in servizio permanente attivo. Il problema e che, tempi
stretti a parte, occorrerebbe cominciare a farlo senza guardare in
faccia a nessuno. Per continuare a tacitare i mercati
internazionali circa la nostra solvibilità non basta più l'impronta
compassata del nostro premier. Occorre fare molto di più. Se non
vogliamo morire, dobbiamo assolutamente tagliare, costi quel che
costi.
di Claudio Romiti