Istat, in Italia il 23,1 per cento della popolazione è a rischio povertà

Il Rapporto annuale dell’Istat certifica una condizione diffusa di disagio sociale. In Italia quasi un quarto della popolazione, il 23,1 per cento, è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3 punti sul 2023) ma al Sud la percentuale sale di un punto e tocca il 39,8 per cento. L’indicatore riguarda le persone che hanno almeno un fattore di rischio tra la povertà (un reddito inferiore al 60 per cento di quello mediano), la grave deprivazione materiale e la bassa intensità di lavoro. L’Istat sottolinea che il rischio di povertà ed esclusione sociale cresce per gli individui che vivono in famiglie il cui principale percettore di reddito ha meno di 35 anni (dal 28,4 per cento al 30,5 per cento del totale). Guardando alle caratteristiche familiari, spiega l’Istat, nel 2024 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma più bassa per chi vive in coppia senza figli, soprattutto se la persona di riferimento della famiglia ha almeno 65 anni (15,6 per cento). Al contrario, l’incidenza è quasi doppia (30,5, in aumento dal 28,4 per cento osservato nel 2023) per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni.

Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta anche per chi vive in coppia con almeno tre figli (+2,8 punti percentuali), per i monogenitori (+2,9 punti), e per gli individui con almeno 65 anni che vivono da soli (+2,3 punti). Per le coppie con uno o due figli, il rischio di povertà o esclusione sociale resta intorno al 19 per cento, al di sotto della media nazionale (23,1 per cento). La grave deprivazione materiale e sociale presenta forti disuguaglianze territoriali: nel 2024, colpisce l’1,3 per cento della popolazione nel Nord-est e il 12,1 per cento nel Sud, a fronte del 4,6 della media nazionale. Anche le caratteristiche familiari influiscono molto: la quota sale al 7,9 per cento tra chi vive in coppie con tre o più figli e raggiunge l’11,4 nelle famiglie in cui il principale percettore di reddito è straniero, rispetto al 4,0 registrato tra le famiglie con percettore italiano. I più diffusi segnali di deprivazione sono: l’impossibilità di permettersi una settimana di vacanza all’anno (31,4 per cento nel 2024), la mancanza di risorse per affrontare una spesa imprevista (29,9 per cento), l’incapacità di sostituire mobili danneggiati (15,8 per cento) e, a livello individuale, la rinuncia ad attività a pagamento nel tempo libero (9,6 per cento). Le difficoltà economiche a sostenere spese impreviste sono particolarmente frequenti tra le famiglie monogenitoriali (36,2 per cento), tra quelle con percettore giovane con meno di 35 anni (38,7 per cento) o con cittadinanza straniera (54,7 per cento). Va considerato inoltre – spiega l’Istat – “che eventi quali lo scioglimento di un’unione o il decesso di un componente familiare possono esporre le famiglie a un maggiore rischio di ritrovarsi in condizioni di disagio economico”.

Nonostante la crescita dell’occupazione dal 2020, l’Italia registra il tasso di occupazione più basso dell’Ue a 27: nel 2024 è pari al 62,2 per cento tra 15-64 anni, con un divario di oltre 15 punti percentuali con la Germania e quasi 7 punti con la Francia. Il divario è particolarmente ampio tra i giovani (15-24 anni): 19,7 per cento, -31,3 punti dalla Germania, rileva il rapporto annuale Istat 2025. Il tasso di disoccupazione (6,5 per cento) si mantiene sopra la media Ue27 (5,9 per cento) e, nel confronto con le maggiori economie dell’Ue27, rimane inferiore rispetto a Spagna (11,4 per cento) e Francia (7,4 per cento). Quanto alla crescita, Istat rileva che “i primi mesi del 2025 sono stati caratterizzati da forte incertezza sulle prospettive a breve, soprattutto per i rischi circa l’evoluzione degli scambi associati alle decisioni di politica commerciale degli Stati Uniti”. “Le previsioni più recenti per il 2025 sono di un rallentamento della crescita rispetto all’andamento già moderato del 2024, come conseguenza principalmente degli effetti dell’evoluzione delle politiche commerciali globale, e sono comprese tra +0,4 (Fmi) e +0,6 per cento (Banca d’Italia e Mef).

Aggiornato il 21 maggio 2025 alle ore 13:00