BlackStone promette l’abolizione della piccola proprietà privata

Da circa trentatre anni il mattone dei popoli occidentali è sempre più attenzionato dal salotto alto della speculazione immobiliare e finanziaria. Il fenomeno per noi italiani ha iniziato a prendere forma nel 1992, quando sotto il governo Giuliano Amato veniva introdotta l’Ici come “una tantum”, poi assurta a tassa annuale prima come Isi e poi come Imu.

Il fenomeno è romanzabile così: durante un vertice di BlackRock, svoltosi alla vigilia della speculazione allo scoperto fatta George Soros sulla sterlina britannica, veniva evidenziato da Roger Altan (banchiere d’investimento già vertice di Lehman Brothers) che “è finito il tempo storico della colonizzazione nel Terzo e Quarto mondo… ma necessita porsi come gestori della ricchezza accumulata dai popoli occidentali del Primo mondo sotto forma di immobilizzazioni, palazzi, case, terreni da coltivare, edilizia residenziale privata e pubblica…”. Veniva così avviata la politica di esproprio privato del mattone costruito dai cittadini occidentali. Esproprio che nel tempo avrebbe dovuto riguardare le case acquistate dai cittadini come quelle costruite dagli enti pubblici per adempiere all’edilizia popolare. Obiettivo? Trasformare tutti i cittadini in affittuari di BlackStone, la multinazionale equivalente immobiliare della finanziaria BlackRock. Così se BlackRock nel giro d’una trentina d’anni è assurta ad unico arbitro finanziario di stati e banche, altrettanto BlackStone sta facendo proprio gran parte del mattone occidentale.

Al punto che nel giro d’una ventina d’anni la multinazionale del mattone potrebbe imporre ai governi il prezzo d’affitto di ogni immobile, nonché inibire alle persone fisiche l’acquisto d’una casa o d’un laboratorio, e perché tutto verrebbe concesso solo alle società (personalità giuridiche) che agiscono per conto di BlackStone. Se BlackRock assurge a monopolista finanziario, invece BlackStone si va affermando come monopolista occidentale del mattone. Ovviamente questo incide non poco sui rapporti tra banche e normali cittadini: così gli istituti di credito fanno pubblicità a mutui e prestiti che non erogheranno mai, ma lo fanno per fingere ci sia possibilità per il cittadino di comprare casa usufruendo di un mutuo, di una banca amica.

Di fatto BlackRock e BlackStone lavorano a tenaglia e, da buoni consulenti della Commissione Europea, hanno fatto capire al sistema bancario europeo che necessita azionare una forte stretta creditizia, non erogando più mutui e prestiti per azionare il blocco del mercato immobiliare, delle compravendite tra comuni cittadini.

Infatti, oggi le banche sono piene di soldi, e non hanno mai avuto un eccesso di danaro come in questo momento: ma dai poteri bancari europei è partito l’invito a non dare più soldi ai cittadini, e con la scusa che l’Europa è in guerra ed ogni riserva deve essere concentrata su eventuali sforzi bellici, sull’industria degli armamenti, su tecnologia, cibernetica e agenzie d’intelligence.

Ovviamente le banche chiudono i cordoni della borsa, mentre BlackStone acquista patrimoni immobiliari in tutta Europa sia da enti pubblici che da privati. Di fatto sta realizzando nel Vecchio Continente ciò che i colossi immobiliari hanno perseguito negli Usa fin da dopo il crollo della borsa del 1929: dopo la grande depressione quasi tutte le case dei comuni cittadini di New York, Los Angeles, Washington, Chicago, San Francisco e di tutte le grandi città americane finivano in pancia alle immobiliari; milioni di persone passavano dall’essere proprietari al pagare un affitto. Blackstone Group ha oggi fatto piazza pulita negli Usa delle tante immobiliari nate dopo la grande depressione, acquisendone tutto il mattone e ponendosi come monopolista difficilmente scalfibile dalla politica: perché al pari di BlacRock supporta sia il Partito Democratico che una grossa fetta di Repubblicani, quelli delle città.

Nella fascia interna la musica è diversa, perché lì i Repubblicani vengono votati dagli agricoltori, dai proprietari di casa della provincia, da artigiani e piccoli industriali che fronteggiano BlackStone anche nei tribunali. Gli echi delle battaglie legali di BlackStone sono arrivati nel 2020 anche in Italia, quando i giornali hanno pubblicato la storia della causa e della richiesta di risarcimenti che BlackStone ha fatto al gruppo Rcs: MilanoFinanza ci ha raccontato dell’accordo sulla mancata vendita dell’immobile milanese di via Solferino che ospita, oltre alla sede del Corriere, sia la Cdp che la Allianz Real Estate.

È la storia di una mancata vendita che, secondo gli avvocati di BlackStone, sarebbe stata da ricondursi alle “interferenze” esercitate da Rcs che, sempre secondo MilanoFinanza, avrebbe impugnato la cessione del palazzo fatta nel 2013 da Rcs Mediagroup al noto fondo Usa: per il “mancato deal” (nel linguaggio legale d’affari è il non aver ottemperato o accondisceso ad un accordo) il grande fondo d’investimento Usa aveva chiesto 600 milioni di danni davanti al tribunale di New York.

Ma di queste cause fatte da BlackStone ai cittadini Usa ne sono pieni i tribunali di tutta l’America: soprattutto il fondo riesce ad avere sempre sentenze a proprio favore, facendo proprio sempre nuovo mattone. Insomma, nessun cittadino o imprenditore, per quanto ben dotato economicamente, riesce a spuntarla con BlackStone che, ultimamente, ed alla luce di norme europee, potrebbe anche intentare cause ad enti e stati dell’Ue per mettere le mani su grandi compendi immobiliari sia pubblici che privati.

Blackstone è di fatto la società d’investimenti immobiliari più grande del mondo, gestisce un patrimonio di oltre 1.000 miliardi di dollari nei soli Usa, e non è ancora quantificabile la sua patrimonializzazione europea, perché cresce ogni giorno di più. BlackStone apre i battenti nel 1985, la sua sede centrale è tra Manhattan e New York City, e poi ha altre otto sedi negli Stati Uniti e tredici uffici nel mondo distribuiti a Londra, Lussemburgo, Parigi, Düsseldorf, Sydney, Tokyo, Hong Kong, Singapore, Pechino, Shanghai, Milano, Mumbai e Abu Dhabi.

Secondo alcuni addetti ai lavori i grandi fondi avrebbero bloccato la circolazione della ricchezza in Europa, per indurre i cittadini a vendersi casa: un blocco della ricchezza che la politica teme di avversare, soprattutto un blocco che lavora a tenaglia, garantendo mancanza di lavoro e costante impennata del costo della vita, il tutto condito da tasse elevatissime. Il brodo di coltura ideale in cui sguazza BlackStone.

Gli effetti li vediamo molto bene anche in Italia, dove la vendita delle “nude proprietà” è passata dal 10 per cento al 30 nel giro di quattro anni, con punte del 50 per cento in capoluoghi come Roma, Milano, Venezia e Bologna. A favorire il travaso del mattone dai cittadini agli investitori provvede il lavoro di importanti gruppi immobiliari italiani come Casavo, Preatoni e la succursale italiana di Christie’s specializzati nell’acquisizione di “nude proprietà”.

Michele Masneri su Il Foglio del 6 maggio 2025 ha indagato sulle ragioni di questa morsa che spinge gli italiani (ed anche gli europei) a cedere la “nuda proprietà”. Masneri analizza l’articolo del Sole 24 Ore sulla nuda proprietà: “È notizia di ieri: la nuda proprietà in Italia è in forte crescita ‒ scrive Masneri sul Foglio ‒ ma il Sole non lo dice, è che nessuno ha più una lira, né chi vorrebbe comprare una casa, né chi non vorrebbe per niente vendere, ma fa ormai la fame. La nuda proprietà pare una soluzione magica, alchemica, come trasformare il mattone in oro: da un lato, consente al venditore (che diventa usufruttuario) di continuare a stare nel proprio immobile finché è in vita e, dall’altro, all’acquirente (che diventa proprietario) di comprare con sconti ‘che possono arrivare anche al 50 per cento, nel caso di un venditore con età compresa trai 64 e i 66 anni. Dove altri popoli vanno ad abitare in macchina ‒ sottolinea Masneri ‒ la nuda proprietà è una trovata all’italiana di non raccontarsi la verità; ammortizzatore sociale, bacchetta magica per continuare a vivere negli anni Ottanta, quando i vecchi campavano splendidamente e i giovani rampanti compravano cash ampie magioni (…) gli ottantenni possono campare non da homeless ma come nell’epoca d’oro dell’Inps.

Il problema ‒ continua Masneri ‒ è che in entrambi gli scenari, in casa ci sarà qualcuno di troppo. Nel primo caso, il proprietario. Nel secondo, l’acquirente”. Quindi Il Foglio da voce ad Alberto Zanni (presidente nazionale di Confabitare) che spiega il crescente ricorso alla vendita in nuda proprietà come segnale di “una crisi che continua a colpire duramente la fascia anziana della popolazione; è indispensabile che il Governo agisca tempestivamente con misure mirate”. E Masneri ribatte: “Seh vabbè.  Meglio sfogliare gli annunci in cerca del vecchietto giusto”.

Emerge che in Italia, ma anche in tutto il Vecchio Continente, la casa non è più un bene da tramandare, ma un asset di cui liberarsi per tagliare le spese, per diminuire il valore dell’Isee, disporre di risorse per servizi e per godersi la vita. È circa di settantacinque anni l’età media di chi dice di non poter fare affidamento su figli e parenti, e per questo si libera della casa e consuma tutto in viaggi e piaceri.

“Abbiamo visto alcuni signori ‒ ci rivela un condomino di Roma Nord ‒ che si presentano nel condominio come agenti immobiliari, sono a caccia di nude proprietà in vendita. È un continuo andirivieni di gente. Da qualche tempo anche giovani praticanti di studi legali bussano per sapere se ci sono contenziosi legali nel condominio: promettono che il loro studio curerebbe la chiusura di ogni causa pendente, soprattutto se i proprietari sono interessati alla vendita della nuda proprietà”.

Il dubbio ci assale: e chi ci dice che poi le immobiliari italiane non versino in BlackStone tutto il mattone rastrellato a Roma come a Milano e in altre città? Blackstone Group è uno dei più importanti operatori mondiali di leveraged buyout e detiene quote significative di multinazionali tra cui Hilton Worldwide, Thomson Reuters, Equity Office Properties, Versace, SeaWorld Parks & Entertainment, Apria Healthcare, Republic Services, AlliedBarton, United Biscuits, Freescale Semiconductor, Vivint, Inc. e Travelport.

Attualmente in Europa solo la Danimarca ha approntato una legge che frena le acquisizioni di mattone da parte di BlackStone: lo ha fatto investendo nell’edilizia residenziale pubblica e permettendo a giovani e lavoratori di poter ottenere mutui per la prima casa, o di poter pagare affitti calmierati dallo Stato. Molti cittadini vengono assaliti dal dubbio su cosa possa accadere se in un condominio più dell’80 per cento dei proprietari dovesse cedere la nuda proprietà ad una multinazionale: su chi non cede potrebbe scattare la clausola dell’esproprio per pubblica utilità?

Infatti, il fondo potrebbe paventare alle pubbliche amministrazioni e poi nei tribunali che, il perfezionamento dell’acquisizione permetterebbe messa in sicurezza dell’intero palazzo e successiva remissione nel mercato dell’affitto per sopperire al deficit d’edilizia residenziale e popolare. In questo ultimo caso avverrebbe anche in Europa ciò che è realtà nelle grandi città Usa, ovvero esproprio dell’immobile a chi non voleva vendere e sgombero di chi ha ceduto la “nuda proprietà” per messa in sicurezza dell’intero palazzo.

Ma non ipotechiamo il futuro, e rimaniamo al fatto che il mattone italiano è nel mirino di BlackStone, e che nulla sarà più di proprietà ma tutto in affitto. E, polizia permettendo, chi non dovesse accettare i canoni della multinazionale può sempre dormire in auto o per strada.

Aggiornato il 09 maggio 2025 alle ore 12:04