La crescita effimera del Mezzogiorno

L’ultimo rapporto dello Svimez sembra dipingere un nuovo piccolo miracolo economico del Sud. Secondo le stime dell’istituto che si occupa della valutazione delle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno, nel 2024 e per il secondo anno consecutivo, il Sud cresce più del Nord (+0,9 contro lo 0,7). I motivi principali sarebbero da individuare nell’impulso dato dalla maggiore spesa pubblica legata al Pnrr e all’incremento di attività nel settore delle costruzioni, trainato dalla spesa sul Superbonus. Nel ricordare il mancato apporto dell’attività industriale a questi risultati, lo Svimez mette quindi in guardia dal ritorno a politiche di austerità che farebbero tornare a dinamiche di “normalità” il rapporto tra le due aree del Paese già nel 2025.

Nel temporaneo sorpasso del Pil meridionale rispetto a quello del Centro-Nord ci sembra di scorgere i caratteri effimeri di una storia d’amore estiva che lascia spesso troppi rimpianti. 

Come ha ben ricordato Nicola Rossi nel suo recente libro Un miracolo non fa il santo, gli italiani non hanno saputo costruire un modello di crescita sostenibile e duraturo che coinvolga le due anime del Paese in maniera uniforme. Le misure straordinarie per il Mezzogiorno basate su spesa pubblica inefficiente non sono mai state accompagnate da riforme utili a garantire crescita economica stabile. E così il breve periodo in cui il Sud è cresciuto di più del Nord, durante il cosiddetto “miracolo economico”, è rimasto un episodio isolato destinato a non ripetersi.

La ricetta dello Svimez, basata costantemente su maggiore spesa pubblica e su politiche industriali calate dall’alto per sostenere e sviluppare filiere produttive e distretti presenti per ragioni spesso storiche o culturali sganciate dalla decisione di qualche burocrate, sembrano destinate a ripetere gli stessi tragici e costosi errori del passato.

Le imprese del Sud continuano a essere drogate da aiuti, sussidi e crediti d’imposta che soffocano lo sviluppo delle competenze necessarie a guardare al modo migliore per soddisfare la domanda dei consumatori, la capacità di innovare e competere, fallendo e riprovando, con concorrenti che corrono su gambe rese forti da contesti competitivi e sfidanti.

La maggiore spesa pubblica non è stata e non potrà mai essere la soluzione ai mali, economici e sociali, del Sud ma un maledetto incantesimo da spezzare per cominciare finalmente a guardare il mondo con gli occhi di chi ha voglia e spirito per mettersi in gioco e competere. Maggiore libertà d’impresa, minori vincoli burocratici e qualità istituzionale, più istruzione e ferma lotta alla criminalità sono le ricette da adottare per crescere. Non è semplice ma vale la pena provarci, almeno per una volta.

(*) Direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 02 dicembre 2024 alle ore 11:41