Perché l’auto non decolla?

L’automobile è libertà. Il sogno di Henry Ford di garantire a ciascun individuo la possibilità di viaggiare con un’automobile e di essere libero di andare dove vuole è diventato realtà ormai molto tempo fa. La crisi profonda che il settore dell’auto sta attraversando è soprattutto una crisi della domanda dettata dal cambiamento nei gusti e dei consumi ma, a voler trovare almeno un complice di questo assassinio industriale, non si può non puntare il dito su scelte politiche che, in maniera forse troppo affrettata, impongono cambiamenti drastici di paradigmi di produzione di consumo in nome dell’urgente risposta al cambiamento climatico. Di recente Stellantis ha ridotto le consegne previste per la seconda metà del 2024 di oltre 200mila veicoli, causando un impatto negativo sul valore del titolo in borsa. Volkswagen ha annunciato un piano di drastica riduzione dei costi che prevede ben 15mila licenziamenti e la chiusura di due stabilimenti in Germania.

Ma, se per queste notizie che riguardano la vecchia Europa possiamo provare a prendercela con il Green Deal della Commissione europea e la decisione di cambiare radicalmente i paradigmi produttivi e di efficienza del settore, imponendo lo stop alla vendita di motori endotermici a partire dal 2035, così non è certamente per l’auto elettrica che, nonostante la spinta culturale, politica e intellettuale, inanella record negativi di vendite che ne mettono in dubbio la sostenibilità industriale al netto di sussidi e aiuti pubblici. Nelle più importanti economie continentali la domanda di macchine elettriche si contrae di anno in anno e le previsioni sono sempre più nere, con quote di mercato crescenti dei principali player cinesi sussidiati dalla madre patria e corteggiati dai concorrenti europei non in condizione di competere.

Il messaggio ci sembra chiaro: la domanda di consumo degli individui, i loro gusti, i loro bisogni, i desideri e le ambizioni sono centrali per la crescita economica e per il destino di interi settori industriali. Il cambiamento climatico è una minaccia grave da combattere ma le soluzioni non possono essere imposte dall’alto sperando che abitudini radicate e modi di vivere consolidati possano cambiare da un giorno all’altro. Informare, educare, spiegare e fornire alternative a modelli di consumo radicati dal tempo ma dannosi per la società è una politica che richiede tempi lunghi per portare risultati ma ha una alta probabilità di riuscita perché nessuno conosce meglio dell’individuo cosa sia più opportuno per soddisfare la sua personale funzione di utilità. La rivoluzione ecologica è necessaria per il pianeta ma se a farla sono i burocrati e i politici ci resteranno solo pile di documenti e raccomandazioni che nessuno ascolterà.

(*) Direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 07 ottobre 2024 alle ore 10:49