Un verdetto che difende il mercato dalla deriva ideologica e garantisce un futuro di crescita e innovazione
La recente decisione della Corte d’Appello dei Paesi Bassi, che ha respinto le richieste avanzate da alcune organizzazioni ambientaliste, tra cui Milieudefensie, Amici della Terra e Greenpeace contro la Shell, rappresenta un punto cruciale nel dibattito sul rapporto tra diritto, economia e sostenibilità.
Le stesse avevano citato in giudizio il gigante anglo-olandese, accusandolo di non fare abbastanza per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica e chiedendo un taglio obbligatorio del 45 per cento entro il 2030. A sostegno di ciò, assumevano che le grandi aziende avessero una responsabilità immediata e diretta nel contrastare il cambiamento climatico, indipendentemente dal contesto normativo e industriale in cui si trovavano ad operare.
Detta domanda era stata accolta dal Tribunale dell’Aja con una sentenza del 2021, denominata “Il popolo contro Shell”, con la quale aveva imposto alla multinazionale petrolifera (ma anche agli acquirenti dei suoi prodotti in tutto il mondo) di ridurre le emissioni di gas serra e, in pratica, di rispettare gli accordi sul clima di Parigi del 2015. Il pronunciamento aveva poi alimentato una serie di cause simili in altri Paesi, tra le quali quella in Germania contro la società energetica Rwe, in Italia nei confronti dell’Eni, in Francia contro la compagnia petrolifera Total e in Svizzera contro il produttore di cemento Holcim.
Senonché, a conclusione del giudizio di impugnazione, il predetto verdetto di prime cure è stato ribaltato, avendo i giudizi del gravame sottolineato che non è possibile imporre a una singola azienda obblighi così drastici senza un quadro normativo chiaro e condiviso. Secondo la Corte, la lotta al cambiamento climatico richiede un approccio globale e concertato, non interventi giudiziari mirati contro singoli attori economici. In sostanza, è stato riaffermato il principio in forza del quale le decisioni su temi complessi devono nascere da dibattiti pubblici e democratici, piuttosto che da imposizioni legali isolate.
La sentenza, com’è intuitivo, ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte, gli attivisti ambientalisti l’hanno criticato aspramente, definendola un passo indietro nella lotta contro il cambiamento climatico. Dall’altra, numerosi interessati unitamente a esperti di diritto ed economia l’hanno invece accolta favorevolmente, considerandola come un necessario contrappeso all’uso improprio delle aule di tribunale per imporre agende ideologiche che spesso ignorano la complessità della transizione energetica e dei suoi effetti economici.
Da un diverso punto di vista, che si rispecchia nel sistema dei principi liberali, la decisione rappresenta una vittoria per la libertà d’impresa e la razionalità economica. Le aziende devono essere libere di innovare e sviluppare soluzioni tecnologiche in modo autonomo, senza subire pressioni improprie che potrebbero compromettere la loro competitività e la stabilità dei mercati. Le richieste degli ambientalisti, se accolte, avrebbero potuto non solo danneggiare la loro controparte Shell, ma anche causare effetti negativi a catena sull’intera economia, colpendo lavoratori, consumatori e fornitori. La libertà economica rimane quindi un valore da salvaguardare ed è fondamentale per garantire progresso e soluzioni efficaci alle sfide ambientali.
Peraltro, l’idea che la giustizia possa essere utilizzata come strumento per perseguire obiettivi specifici rischia di minare il ruolo del diritto e della democrazia economica. Le imposizioni ideologiche devono essere evitate in favore di un contesto normativo stabile che consenta agli operatori di mercato di agire in modo competitivo e sostenibile. Tentare di regolamentare con strumenti coercitivi e poco realistici rischia di frenare la crescita economica e ostacolare l’innovazione.
Shell stessa, del resto, ha già avviato investimenti significativi in energie rinnovabili e progetti di sostenibilità, dimostrando che è possibile coniugare la crescita economica con una maggiore attenzione all’ambiente. Tuttavia, gli sforzi devono derivare da strategie aziendali ben ponderate e non da imposizioni legali dettate da ideologia o emotività. Costringere un’azienda a modificare radicalmente i propri modelli operativi senza valutarne adeguatamente le conseguenze rischia di generare più problemi che soluzioni, oltre a creare un precedente pericoloso per altri attori del mercato.
In tale contesto, la citata decisione della magistratura olandese evidenzia pertanto il valore di politiche e iniziative che favoriscano la competitività economica e la stabilità normativa, affrontando le questioni attraverso interventi coordinati e basati su analisi concrete delle dinamiche di mercato, il quale – si aggiunga – non deve essere ostacolato o condizionato, ma lasciato libero. La prosperità nasce infatti dalla libertà di mercato, dove l’interazione spontanea tra individui permette di scoprire e utilizzare le risorse nel modo più efficiente possibile. È questo un approccio che valorizza il potenziale delle persone e delle imprese nel rispondere alle sfide economiche e sociali. Al contrario, tentare di regolamentare con strumenti coercitivi e poco realistici non solo rischia di frenare la crescita economica, ma potrebbe anche compromettere gli stessi obiettivi di sostenibilità, rendendo le soluzioni meno accessibili e più costose per tutti.
La sentenza neerlandese, in definitiva, riafferma il ruolo del diritto come garante della libertà e della giustizia, non come strumento di pressione ideologica. Le sfide economiche devono essere affrontate con soluzioni equilibrate, che tengano conto delle interazioni complesse tra innovazione, mercato e libertà economica.
Solo garantendo stabilità normativa e libertà operativa sarà possibile costruire un futuro prospero, senza compromettere la competitività delle generazioni presenti e future e senza dimenticare che, come ha insegnato Julian L. Simon: “La risorsa fondamentale sono le persone: persone competenti, determinate e piene di speranza, che metteranno in gioco la propria volontà e immaginazione per il proprio beneficio e, inevitabilmente, per il beneficio di tutti noi”.
Aggiornato il 15 novembre 2024 alle ore 10:23