La Norvegia, col 97 per cento di auto elettriche comprate sul totale delle nuove immatricolazioni nello scorso settembre, ha potuto finanziare l’acquisto di e-auto grazie ai suoi giacimenti di petrolio. Adesso gli incentivi caleranno. Comunque, finora i norvegesi non pagavano tasse di registrazione (30 per cento circa). Non si paga neanche l’Iva e l’immatricolazione. Con l’e-auto si ha esenzione dai pedaggi e dai parcheggi. La si può imbarcare sui traghetti gratis. Si può circolare sulle corsie preferenziali di bus e taxi. Per giunta, in Norvegia la corrente è in buona parte idroelettrica, e quindi i costi sono molto bassi (come lo sono del resto anche per gli idrocarburi, che ormai sono come la pesca di un secolo fa: invece di buttare la rete e tirar su montagne di merluzzi, aringhe, salmoni, ora i norvegesi buttano giù una sonda, piazzano una piattaforma in mare, aspirano e non sospirano come noi).
L’Italia ha solo il 4,2 per cento di auto elettriche, ma è una cifra drogata dal fatto che buona parte del parco elettrico è costituito da auto di Enti pubblici elettricamente sensibili, e dai furgoni elettrici acquistati per motivi di greenwashing da aziende come Amazon, col suo capillare delivering. Il problema dei tre corpi dell’e-automotive norvegese, in controtendenza rispetto al resto del mondo, può essere spiegato dal largo uso di incentivi, ottenuti paradossalmente grazie al petrolio. Resta il perché del crollo delle auto elettriche non solo in Italia. Il primo problema è la tecnologia: non è ancora affidabile, perché non c’è una comoda rete di rifornimento, perché ci sono rischi di incendio, perché l’autonomia è molto bassa rispetto ai motori termici; Il secondo nodo è l’ambiente: lo smaltimento delle batterie di miliardi di auto e moto rischia di essere catastrofico, e comunque chiudere col motore termico non cambierebbe di molto la percentuale di Co2 in atmosfera. I trasporti (aerei-navi-treni-auto) producono il 30 per cento del biossido di carbonio europeo, e le auto (moto, camion) sono il 43 per cento del totale dei trasporti. Ciò equivale a circa il 10 per cento del totale di inquinamento da anidride carbonica. Poi c’è il particolato, ma questo in parte è prodotto dalla polverizzazione degli pneumatici. Non conviene piuttosto pensare a come fornire energia pulita alle grandi industrie, che sono energivore al massimo?
Il terzo problema è la politica. Qui siamo di fronte a un’Europa messa molto male. Bruxelles ha imposto una dead line per i motori termici senza prima aver consultato i nostri produttori. Il risultato è che non conviene comprare e-auto, e come. Anzi: conviene alla Cina, ma non alle produzioni europee, già depresse per conto loro da un ristagno della domanda. Quindi rischiamo di finanziare un concorrente, così come abbiamo finanziato un nemico esplicito come la Russia, comprando gas e petrolio da Gazprom & Co. invece di diversificare i fornitori ed esplorare aree europee, come hanno fatto nel Mare del Nord norvegesi e i britannici, sempre dileggiati dal continente. Aggiungiamo che l’Europa dopo il 1945, non è riuscita a risorgere politicamente. Il tentativo liberal-democratico di unificarla economicamente, doveva avere un seguito con un modello federale come negli Stati Uniti, e non con un modello bismarckiano, basato sulla supremazia dello Stato sull’individuo, sistema drogato da un welfare di cui oggi vediamo la scarsa resa per le pensioni vampirizzateci e per la qualità sanitaria.
Poi, c’è il problema dei semiconduttori. Nel 2022 avevamo ancora la speranza di avere un’industria europea in grado di gestire la concorrenza internazionale, con la italo-francese STMicroelectronics e con l’industria principale piazzata in Germania, Infineon technologies, che è tra i primi 20 produttori al mondo. Ma attualmente è in rosso e soffre in Borsa, proprio nel momento in cui la taiwanese Tmsc batte tutti i record di crescita materiale e finanziaria (+6 per cento in un giorno). L’azienda di Taipei ha dati incredibili: +54 per cento di utile trimestrale e 884 miliardi di capitalizzazione, che la rendono l’azienda più grande dell’Asia. I dati economici, sono micidiali, grazie anche all’arrivo dell’Intelligenza artificiale. I pensatori politici a senso unico e a vicolo cieco capiranno perché la Cina sta ululando contro Taiwan? Nel mercato ultra strategico dei semiconduttori l’Europa è in crisi. Nel 2022 Bruxelles aveva promosso una direttiva per supportare il settore (European chips act). Invano. Il metodo era quello solito, bismarckiano e di tutoraggio post-sovietico con finanziamenti e iper-regolamentazione. Vedi invece come sono nati e cresciuti i colossi del mercato libero americano, quelli dei fondatori di Apple, Chatgpt, Amazon, Windows e Google, che hanno cominciato in qualche garage e senza finanziamenti, burocrazie e lacci vari.
Intelligenza artificiale e computer quantistici sono oggi l’equivalente del petrolio di qualche decennio fa. I primi due mercati sono quello asiatico e americano. L’Europa occuperà nel 2024 il terzo posto con 49,3 miliardi, in calo notevole dopo aver registrato un fatturato di 57 miliardi lo scorso anno. Non ci siamo, nonostante un nuovo regolamento sul settore. Intanto la Cina sta sviluppando chip fotonici in grado di aumentare la capacità di calcolo di mille volte rispetto agli omologhi elettrici. I nuovi processori potranno supportare gli algoritmi della Intelligenza artificiale. I ricercatori cinesi hanno fatto un passo avanti anche verso la costruzione di un chip quantistico, utilizzando per la prima volta al mondo un semiconduttore per creare una sorgente di luce quantistica. Il problema è quello dei componenti per il circuito integrato. Il team di ricercatori ha individuato il componente che fornirebbe luce quantistica utilizzando del Nitruro di gallio (GaN), materiale già utilizzato nei diodi.
Essere in ritardo su questo settore vuol dire precipitare in un autunno tecnologico senza fine. Si calcolino le crescenti minacce militari, che si evitano solo se si è in grado di gestire il warfare tecnologico. La guerra come la pace oggi sono iper-tecnologia. Per il resto, buona musica e gradevole compagnia possono bastare.
Aggiornato il 22 ottobre 2024 alle ore 10:46