L’arte intrappolata dalle catene dell’Unione europea

Le nuove normative Ue sull’importazione di opere d’arte non europee soffocano il mercato, favorendo Londra post-Brexit

L’Unione europea prosegue nel suo impegno a regolamentare in modo eccessivo ogni settore economico, nonostante spesso le sue azioni risultino controproducenti, a volte persino dannose. Un esempio emblematico è rappresentato dalla legge approvata nel 2019, destinata a entrare in vigore nel 2025, che impone ai commercianti d’arte di dimostrare la provenienza legale di opere non europee con più di 200 anni e un valore superiore a 18mila euro. Sebbene sembri avere l’intento di proteggere il patrimonio culturale, la nuova normativa rischia di avere un impatto negativo sul commercio di opere provenienti da Asia e Africa, settori vitali del mercato globale, come ha recentemente sottolineato il Financial Times.

La questione principale riguarda l’enorme difficoltà di dimostrare la provenienza legale di opere d’arte così antiche. Molti dei manufatti interessati sono giunti in Europa secoli fa, quando non esistevano disposizioni internazionali o nazionali che regolavano l’esportazione di beni culturali. In alcuni casi, i reperti hanno subito spostamenti legati a eventi storici come guerre o conquiste, che complicano ulteriormente la ricostruzione della loro storia. Gli operatori del settore si trovano quindi a fronteggiare un compito quasi impossibile: tracciare la provenienza di oggetti che, nella maggior parte dei casi, sono stati esportati in tempi remoti, spesso senza alcun documento ufficiale a sostegno. Un ulteriore elemento di complessità deriva dal continuo mutamento dei confini geopolitici. Nel corso dei secoli, essi sono stati modificati, e stabilire con certezza il luogo di origine legale di un tesoro artistico può diventare un’impresa ardua. E ciò rende particolarmente complessa l’applicazione della normativa Ue, trasformandola in una sorta di trappola burocratica che penalizza fortemente chi lavora nel mercato dell'arte, soprattutto per quanto riguarda le opere d'arte orientale e africana.

Il risultato è che il commercio artistico in Europa potrebbe subire un grave rallentamento, con città come Parigi, un tempo cuore pulsante del mercato artistico, che rischiano di perdere attrattiva. Gli operatori guardano inoltre con motivata apprensione al futuro: le nuove disposizioni impongono ostacoli pratici difficili da superare, mettendo in crisi un intero settore che si basa sulla fluidità e sulla libertà di movimento dei beni. Non è un caso che alcune delle gallerie più rinomate, soprattutto quelle specializzate in arte orientale e africana, abbiano già espresso preoccupazioni per gli sviluppi del loro business.

La difficoltà di tracciare l’origine delle opere rischia infatti di paralizzare il commercio di pezzi rari e preziosi, spingendo i commercianti a cercare alternative in altri mercati più flessibili. Come ancora riportato dal Financial Times, gallerie come Tenzing asian art stanno esprimendo timori concreti per l’impatto devastante che siffatte norme potrebbero avere. La loro entrata in vigore potrebbe persino determinare uno spostamento del mercato dell’arte verso città come Londra la quale, dopo la Brexit, si è liberata delle stringenti regolamentazioni dell’Ue. La stessa, infatti, ha visto crescere il proprio ruolo nel mercato globale, registrando un aumento dell’8 per cento nelle vendite di arte orientale solo nel 2023. Questo successo è stato possibile proprio grazie alla maggiore flessibilità normativa rispetto alle città dell’Unione europea, che sembra soffocare il commercio con regolamentazioni sempre più stringenti. Le principali case d’asta della capitale britannica, in particolare, proprio perché sono svincolate dalle imposizioni europee, stanno beneficiando della situazione, e non è un caso che Sotheby’s abbia già pianificato 21 aste di arte asiatica per la prossima stagione, come altresì evidenziato nel medesimo articolo.

È innegabile, a questo punto, come detto spostamento del mercato artistico verso il Regno Unito e altre piazze come New York e Hong Kong dimostri quanto sia fondamentale la libertà economica per il successo del settore. Mentre le città europee, intrappolate nelle maglie della burocrazia, vedono calare il loro peso nel panorama artistico internazionale, la capitale britannica e altre piazze più libere stanno raccogliendo i frutti di un ambiente più aperto. La concorrenza, stimolata dalla mancanza di eccessivi vincoli, favorisce la crescita economica e rende i mercati più attrattivi per collezionisti e investitori. Del resto non è inutile sottolineare che il mercato dell’arte si basa da sempre su un delicato equilibrio tra domanda e offerta, che rischia di essere alterato e travolto da una burocrazia eccessiva, incapace di tenere conto delle specificità di un settore che si nutre di libertà di movimento e creatività. Ma vi è di più.

Le conseguenze della denunciata tendenza regolamentatrice non si limitano solo al settore dell’arte. Altri mercati europei stanno affrontando sfide simili a causa delle politiche dell’Ue, che sembrano più orientate al controllo che allo sviluppo. La centralizzazione burocratica e la continua imposizione di nuove regole rischiano di soffocare interi settori economici, rendendo l’Europa sempre meno competitiva a livello globale. Per quanto riguarda l’arte, poi, è fondato il rischio che diventi addirittura un’area marginale nel panorama artistico internazionale, incapace di competere con mercati più dinamici e meno vincolati da normative soffocanti: il mercato dell'arte, così come tutti gli altri di beni e servizi, ha bisogno di libertà per prosperare, di aperture e non di vincoli burocratici. Tutte cose pure in grado di attrarre investimenti e garantire la crescita economica.

In conclusione, la normativa del 2019 è solo l’ennesimo esempio di come l’Unione europea, con la sua ossessione per il controllo, stia minando la competitività dei propri mercati, soffocando le opportunità, l’innovazione e la creatività, elementi essenziali per il successo in un’economia globale sempre più interconnessa. È chiaro pertanto che se vuole tornare a essere un attore di primo piano nel panorama economico generale e in quello artistico internazionale in particolare, deve imparare dalla lezione di Londra e abbandonare la strada della regolamentazione eccessiva. Solo così potrà recuperare la competitività perduta e attirare nuovamente capitali, investitori e collezionisti da tutto il mondo.

Aggiornato il 11 ottobre 2024 alle ore 09:54