Autunno nero a Mirafiori, Melfi, Cassino, Termoli, Pomigliano d’Arco e Atessa. Le tute blu del gruppo franco-italiano Stellantis, guidato da John Elkann, sono in apprensione e “il peggio deve ancora avvenire”, precisano i vertici della Fiom-Cigil dell’ex metalmeccanico, ora segretario della Confederazione di Corso d’Italia, Maurizio Landini. Cosa sta succedendo nel settore dell’auto? La prima osservazione, ribadita dalle ultime statistiche internazionali, è che calano le vendite delle vetture elettriche sulle quali quasi tutti i marchi avevano puntato, per rilanciare un comparto in difficoltà sia per i costi dell’energia che per quelli dei componenti rari tipo chip per le batterie.
Il “bentornati dalle ferie” affisso agli ingressi degli stabilimenti dalle direzioni di Stellantis è sembrato una beffa per la quantità delle ore di cassa integrazione già decise e di contratti di solidarietà. I metalmeccanici si sono trovati subito a fare i conti con nuove riduzioni del lavoro, e quindi taglio degli stipendi. Se la produzione della Panda passerà da 305 a 395 vetture al giorno, quella dell’Alfa Romeo Tonale scenderà da 200 a 150 vetture. Quindi, secondo il segretario sindacale della Campania Mauro Cristiani queste decisioni permetteranno al gruppo Stellantis di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ordinaria per 5 settimane tra settembre e ottobre. Il ricorso sistematico agli ammortizzatori sociali consente di applicare un abusato metodo da sempre osteggiato dai sindacati: socializzare le perdite e privatizzare i profitti.
Forti timori sono stati espressi per Mirafiori, dopo la firma del contratto di solidarietà per 3 mila dipendenti fino a dicembre. Nei primi sei mesi dell’anno lo stabilimento torinese (dove si assembla il solo marchio Maserati) ha subito un calo produttivo di circa il 64 per cento rispetto all’anno precedente e ben 45 giornate di chiusura. Se il ritmo di produzione si manterrà su questo livello, Stellantis non arriverà a produrre in Italia più di 500mila vetture. La crisi degli stabilimenti sta provocando una catastrofe nelle piccole e medie imprese dell’indotto ex Fiat degli Agnelli. L’allarme lanciato dai sindacati è stato accolto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha convocato un tavolo per affrontare tutti i problemi esplosi nel settore, ivi compresa la questione dell’espansione in Europa della produzione di vetture elettriche.
Preoccupa inoltre l’atteggiamento equivoco di Stellantis e del suo amministratore Carlos Tavares, che non offre risposte precise sulla gigafactory di Termini Imerese (lo stabilimento gioiello dei motori) e che invece sembra preferire di incrementare la filiera estera (Polonia, Nord Africa). Il ministro Urso ha inviato un ultimatum a Stellantis per fornire chiarimenti, altrimenti i fondi previsti dal Pnrr saranno dirottati altrove dal governo italiano. All’amministratore Carlos Tavares, è stata anche contestata una retribuzione milionaria. Venti di crisi si avvertono attorno a quasi tutti gli stabilimenti. Tra le zone più critiche c’è Melfi e l’indotto lucano. La fabbrica è passata da 7.200 operai ad circa 5.400, ed ora i lavoratori, per non perdere il posto, hanno accettato un contratto di solidarietà per 3 mila tute blu nei settori della componentistica e della logistica.
È scontro su Stellantis anche negli Stati Uniti, dove un gruppo di piccoli azionisti ha presentato una denuncia sui risultati del semestre, e il sindacato Uaw – con il suo presidente Shawn Fain – ha portato la questione dei rapporti con il vertice aziendale alla Convention democratica di Chicago, consegnando un dossier alla candidata alla presidenza Kamala Harris.
Aggiornato il 03 settembre 2024 alle ore 11:14