Luci spente per Stellantis

martedì 3 settembre 2024


Autunno nero a Mirafiori, Melfi, Cassino, Termoli, Pomigliano d’Arco e Atessa. Le tute blu del gruppo franco-italiano Stellantis, guidato da John Elkann, sono in apprensione e “il peggio deve ancora avvenire”, precisano i vertici della Fiom-Cigil dell’ex metalmeccanico, ora segretario della Confederazione di Corso d’Italia, Maurizio Landini. Cosa sta succedendo nel settore dell’auto? La prima osservazione, ribadita dalle ultime statistiche internazionali, è che calano le vendite delle vetture elettriche sulle quali quasi tutti i marchi avevano puntato, per rilanciare un comparto in difficoltà sia per i costi dell’energia che per quelli dei componenti rari tipo chip per le batterie.

Il “bentornati dalle ferie” affisso agli ingressi degli stabilimenti dalle direzioni di Stellantis è sembrato una beffa per la quantità delle ore di cassa integrazione già decise e di contratti di solidarietà. I metalmeccanici si sono trovati subito a fare i conti con nuove riduzioni del lavoro, e quindi taglio degli stipendi. Se la produzione della Panda passerà da 305 a 395 vetture al giorno, quella dell’Alfa Romeo Tonale scenderà da 200 a 150 vetture. Quindi, secondo il segretario sindacale della Campania Mauro Cristiani queste decisioni permetteranno al gruppo Stellantis di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ordinaria per 5 settimane tra settembre e ottobre. Il ricorso sistematico agli ammortizzatori sociali consente di applicare un abusato metodo da sempre osteggiato dai sindacati: socializzare le perdite e privatizzare i profitti.

Forti timori sono stati espressi per Mirafiori, dopo la firma del contratto di solidarietà per 3 mila dipendenti fino a dicembre. Nei primi sei mesi dell’anno lo stabilimento torinese (dove si assembla il solo marchio Maserati) ha subito un calo produttivo di circa il 64 per cento rispetto all’anno precedente e ben 45 giornate di chiusura. Se il ritmo di produzione si manterrà su questo livello, Stellantis non arriverà a produrre in Italia più di 500mila vetture. La crisi degli stabilimenti sta provocando una catastrofe nelle piccole e medie imprese dell’indotto ex Fiat degli Agnelli. L’allarme lanciato dai sindacati è stato accolto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha convocato un tavolo per affrontare tutti i problemi esplosi nel settore, ivi compresa la questione dell’espansione in Europa della produzione di vetture elettriche.

Preoccupa inoltre l’atteggiamento equivoco di Stellantis e del suo amministratore Carlos Tavares, che non offre risposte precise sulla gigafactory di Termini Imerese (lo stabilimento gioiello dei motori) e che invece sembra preferire di incrementare la filiera estera (Polonia, Nord Africa). Il ministro Urso ha inviato un ultimatum a Stellantis per fornire chiarimenti, altrimenti i fondi previsti dal Pnrr saranno dirottati altrove dal governo italiano. All’amministratore Carlos Tavares, è stata anche contestata una retribuzione milionaria. Venti di crisi si avvertono attorno a quasi tutti gli stabilimenti. Tra le zone più critiche c’è Melfi e l’indotto lucano. La fabbrica è passata da 7.200 operai ad circa 5.400, ed ora i lavoratori, per non perdere il posto, hanno accettato un contratto di solidarietà per 3 mila tute blu nei settori della componentistica e della logistica.

È scontro su Stellantis anche negli Stati Uniti, dove un gruppo di piccoli azionisti ha presentato una denuncia sui risultati del semestre, e il sindacato Uaw – con il suo presidente Shawn Fain – ha portato la questione dei rapporti con il vertice aziendale alla Convention democratica di Chicago, consegnando un dossier alla candidata alla presidenza Kamala Harris.


di Sergio Menicucci