Francoforte annuncia una riduzione del costo del denaro. Il tasso di riferimento scende al 4,25 per cento. Sono state riviste al rialzo le stime sull’inflazione. La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde sottolinea che la “decisione è stata votata da tutti meno uno”. La defezione a sorpresa, che ha rotto l’unanimità, è quella del governatore austriaco Robert Holzmann. Viste le stime al rialzo dell’inflazione, il “falco” non ha voluto appoggiare la scelta sostenuta da tutti gli altri colleghi. Un fatto è certo: il ciclo di rialzi più rapido e ripido della storia, partito a luglio 2022 e poi proseguito con una lunga pausa da settembre 2023, si chiude ora con una riduzione da 25 punti base che porta il tasso sui rifinanziamenti principali dal 4,50 per cento a 4,25 per cento, quello sui depositi dal 4 per cento al 3,75 per cento, e quello sui prestiti marginali dal 4,75 per cento al 4,50 per cento. Un’autentica boccata d’ossigeno per famiglie e imprese che potrebbe presto rendere più appetibili mutui e prestiti diventati comunque meno cari già mesi fa, sull’aspettativa per le decisioni delle banche centrali. La Bce non intende vincolarsi a nessun percorso temporale, conscia del fatto che il percorso verso la normalizzazione sarà complicato e non sempre si potranno anticipare gli ostacoli.
Se la sforbiciata non ha stupito né mercati né analisti, la sorpresa è arrivata dalla revisione al rialzo delle stime sull’inflazione. Per il 2024 sale al 2,5 per cento dal 2,3 per cento indicato a marzo, facendo slittare anche l’arrivo al target del 2 per cento previsto nel 2025, perché le nuove previsioni la vedono al 2,2 per cento in media d’anno. In deciso rialzo la stima di crescita del Pil, a 0,9 per cento da 0,6 per cento per il 2024 (con revisione a 1,4 per cento da 1,5 per cento per il 2025), con la Lagarde che apprezza i “buoni risultati sulla crescita” dell’Italia, e invoca un riduzione del debito ma allo stesso tempo proteggendo gli investimenti. L’inversione di marcia della Bce è stata accolta con favore dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che la ritiene una “decisione attesa, opportuna, coerente con la situazione attuale e, guardando gli ottimi dati di riduzione dell’inflazione in Italia, ben al di sotto della media dell’area euro, anche doverosa. Era ora. Ma è solo il primo passo in questa direzione”.
Più crescita significa più pressioni inflazionistiche, ma il Consiglio direttivo ha voluto guardare oltre. La presidente della Bce ha spiegato che la fiducia nel calo dell’inflazione “è cresciuta negli ultimi mesi”. Basta guardare alla strada percorsa fino ad oggi: il ciclo di rialzi è partito a luglio 2022, e ad ottobre 2022 l’inflazione ha toccato il picco del 10,6 per cento. Da allora è calata con costanza fino al 5,2 per cento di settembre 2023, traguardo che ha spinto la Bce a decidere di fermare i rialzi. Oggi, Sebbene a maggio sia leggermente risalita, è al 2,6 per cento. In pratica, ha spiegato Lagarde, la Bce si è mossa ogni volta che l’indice si è dimezzato. Il futuro però, è nebuloso. “Non posso confermare che siamo in un processo di rientro” lineare dei tassi, dice Lagarde: anche se è “molto probabile”, tutto dipenderà dai dati sull’inflazione, che è su “una strada accidentata e i prossimi mesi saranno altrettanto, lo sappiamo”. Ecco perché il board ha preso la decisione “senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”. Secondo il Fondo monetario internazionale l’inflazione ha fatto grandi progressi in Europa e quindi “è appropriato per la Bce iniziare a tagliare i tassi”. Si apre, di fatto, un periodo di divergenza, nel percorso dei tassi, rispetto alla Federal Reserve. Stando alle previsioni degli operatori, in assenza di novità dal prossimo meeting dell’11 e 12 giugno, la banca centrale americana taglierà i tassi soltanto dopo l’estate.
Aggiornato il 07 giugno 2024 alle ore 16:47