Sotto strozzo: l’Ambulatorio che aiuta le vittime di usura

La lezione è quotidiana. Perché ascoltare gli altri arricchisce e perché dietro ogni problema, comunque, c’è una soluzione. Un po’ come sul kayak: anche davanti alle correnti più insidiose, “pagaia sempre”, per non finire in balìa degli eventi. Luigi Ciatti è presidente dell’Ambulatorio antiusura onlus (che collabora con Confcommercio Roma). Una realtà in piedi da quasi 30 anni – vede la luce nel 1996 – che fornisce assistenza e consulenza legale, psicologica e finanziaria alle vittime dell’usura e ai soggetti in condizioni di sovraindebitamento. Inoltre, si impegna in iniziative mirate a diffondere la cultura della legalità e dell’uso responsabile del denaro (“materia che andrebbe studiata a scuola, proprio come l’educazione civica”).

In un colloquio con l’Opinione, Ciatti fa il punto della situazione, soprattutto con un occhio focalizzato sulla Capitale. In prima battuta, ricorda che – prima degli anni Duemila – a chiedere aiuto sono, in linea di massima, commercianti e artigiani. A seguire, il fenomeno tocca le famiglie e i lavoratori dipendenti (“perché chi può programmarsi un’esistenza finisce sotto usura?”). Problemi, questi, che si legano alla società (“nociva per il consumatore fragile”) e anche all’educazione, relativa alla gestione delle proprie finanze. In tutto questo, c’è da ricordare che l’Ambulatorio antiusura, nell’ambito della propria attività di prevenzione dell’usura, dal 2002 gestisce i Fondi di prevenzione del Ministero del Tesoro, destinati a consentire l’accesso al credito a tutti i soggetti in difficoltà ed a rischio usura. L’Ambulatorio, poi, cura in virtù di una specifica convenzione sottoscritta con l’Unionfidi Regione Lazio, i Fondi rivolti a iniziative di prevenzione sia a forme di assistenza diretta alle vittime dell’usura.

È un lavoro continuo quello dell’Ambulatorio antiusura. Dove emergono, per esempio, dei fenomeni, se così vogliamo chiamarli, nuovi. Come spiega lo stesso Ciatti: “Negli ultimi mesi, parliamo di fine 2023 e anno corrente, sono aumentate le richieste di aiuto da parte dei giovani, dei ragazzi che ancora vivono in casa con i propri cari”. In pratica, “iniziano a scommettere, dalla partita di calcio ad altro, all’interno di sale giochi autorizzate. Però, a un certo punto, vengono avvicinati e portati a giocare su piattaforme esterne”. L’iter è il seguente: l’applicazione sul telefono, un account. Poi da lì inizia l’azzardo, ma non si sa più dove. Le fiche virtuali portano all’accumulo del debito, che deve essere saldato. E qui iniziano i problemi, perché se il passivo è alto l’ombra dell’usura è praticamente in agguato: “Questi ragazzi cominciano a essere minacciati – rivela Ciatti – i genitori, a volte, provano a tamponare”. Ma la “palla”, in tali frangenti, in un attimo può prendere velocità e sprofondare nel dirupo. Da qui le richieste di aiuto.

Altro tema attenzionato, sottolinea Ciatti, è quello della fila al monte dei pegni. Che diventa una “vera trappola” per il tasso di interesse applicato: “Se non ho accesso al credito bancario, porto a pegno le cose che non voglio perdere: la fede di mamma che non c’è più o l’anello di una zia. Vado lì, lascio l’oggetto. Pago un interesse, una spesa di custodia. Entro sei mesi devo restituire il tutto”. Ma dopo sei mesi non è possibile estinguere il prestito, che viene a sua volta rinnovato. E così via. Ciò significa che il valore pagato, alla fine, “è maggiore dell’oggetto che è in pegno. È un percorso diabolico. Parliamo di uno strumento nato da un ordine francescano, per aiutare le persone bisognose”.

Statistiche alla mano, escluso il caso dei giovani sopra menzionato, tendenzialmente le vittime rientrano nella fascia 35-55 anni. Per una legge non scritta, dagli usurai va l’uomo ma poi a denunciare è la donna. “C’è stato un peggioramento ininterrotto a livello economico – confida il presidente dell’Ambulatorio antiusura – prima il Covid, poi la crisi energetica e il caro mutui. Abbiamo visto tassi di interesse passare al 4,5 per cento. Sono raddoppiate le rate dei mutui, sono aumentate le difficoltà. E in questo scenario, ahimè, l’usuraio ha vita facile”.

Arrivare a capo del bandolo della matassa non è semplice: “Il limite del contrasto all’usura deriva dalla caratterista umana delle vittime: non denunciano. Noi siamo convinti – evidenzia Ciatti – che senza denuncia non si arriva a combattere l’usura. È impossibile. Una delle più grandi fatiche, nei nostri colloqui, è dimostrare, numeri alla mano, che l’usuraio non è un benefattore. Non è un amico: è un criminale. D’altro canto, è fondamentale comprendere che il soggetto sovraindebitato ha una dipendenza. Una dipendenza da denaro: si sveglia la mattina e il primo pensiero è quello di cercare soldi. E quando nessuno dà più questa “sostanza”, trova l’usuraio. Che diventa a quel punto l’unica persona che lo aiuta”. Fino al punto di rottura. Che si tramuta, spesso, in percosse e minacce: “Solo allora si accende una lampadina”.

La mission per Luigi Ciatti è “intercettare le vittime, accompagnarle alla denuncia”. Ciò però deve essere supportato dalla prevenzione: “L’usura non la sconfiggiamo solo in tribunale, ma anche evitando che le persone si rivolgano agli usurai. Il sovraindebitato – analizza – non deve mai pensare che l’usura rappresenti la soluzione. Esistono i fondi di prevenzione, esiste un’alternativa: un aiuto economico, da gestire insieme agli Enti. Prevenzione ed educazione devono correre insieme”.

Tra le finalità dell’Ambulatorio antiusura c’è anche il supporto psicologico da fornire alla vittima: “Parliamo di situazioni – nota Ciatti – dove la personalità è devastata, dove i rapporti con i propri cari si fanno complicati. Quando la famiglia apprende della criticità, c’è un momento crisi. Noi dobbiamo intervenire, per dare una nuova serenità. Uno psicoterapeuta ci aiuta nel rapporto corretto con la vittima”.

Di recente Luigi Ciatti, insieme a Mauro Bazzucchi, ha scritto il libro Sotto strozzo. Una storia vera (edito da Solferino): “Si tratta della prima vittima di usura, un imprenditore edile, che l’allora neonato ambulatorio ha aiutato a uscire fuori da un tunnel che sembrava senza fine. Questa persona è deceduta, ma con il figlio (Mauro Bazzucchi, ndr) abbiamo sempre pensato di fare qualcosa. Soprattutto per lanciare un segnale: da un dramma, comunque, si può tornare a vivere”.

Una storia, tra tante storie “uguali ma diverse” che l’Ambulatorio antiusura incontra lungo il proprio cammino. Dove all’aiuto in senso stretto si aggiunge, inevitabilmente, il lato umano: “Recuperammo una persona, sovraindebitata, che era sull’orlo del suicidio. Abbiamo dato il nostro sostegno, ci siamo mossi passo dopo passo, come in una partita a scacchi. Davanti avevamo un individuo intelligente, razionale, che aveva ben analizzato la sua situazione. Ci raccontò che non poteva più permettersi la vita di prima, che era obbligato a mentire. E tutto ciò non ne valeva la pena. Gli abbiamo fatto capire che il problema poteva essere risolto. E che, per un breve periodo, si poteva vivere sul parapetto. Ma con gli occhi sempre rivolti all’interno della casa, mai in basso”.

Oggi, dopo 28 anni di attività, capita che alcune vittime di usura, poi salvate, tornino in contatto con l’Ambulatorio. Per un saluto, certo. Che cela qualcosa di più stretto: “I nostri sono interventi profondi – termina Ciatti – entriamo nella vita degli altri. Entriamo a contatto con dinamiche complesse, per riportare in superficie chi sta affogando. Il rapporto, inevitabilmente, resta forte, nonostante il tempo che passa. Questo, a sua volta, ci dà la motivazione per andare avanti”. Dopotutto, anche nel momento peggiore, “pagaia sempre”.

Aggiornato il 04 aprile 2024 alle ore 15:06