Ho sempre ricordato che i fenomeni della logistica sono simili a quelli tellurici, cioè una scossa sismica in un determinato punto del pianeta produce danni in aree molto lontane dal punto in cui il fenomeno sismico si è verificato. Ebbene, viviamo proprio in questi giorni due distinti fenomeni che stanno mettendo in crisi l’intero sistema logistico del pianeta, mi riferisco al blocco dei transiti nel Mar Rosso e alla siccità nel Canale di Panama. Pochi giorni fa, in merito ai fenomeni bellici nel Mar Rosso, avevo riportato i dati forniti da vari comunicati stampa e che, in modo sintetico riproduco di nuovo: “Il confronto militare in Israele sta gettando nel caos il trasporto marittimo. La situazione è precipitata negli ultimi giorni diventando talmente pericolosa da spingere le maggiori società di navigazione a sospendere ogni servizio su una delle più importanti rotte del mondo sia per il traporto del petrolio che di qualsiasi filiera merceologica ed a tale proposito è utile un dato: attraverso il Canale di Suez e quindi attraverso l’accesso chiave al bacino del Mediterraneo passa il 30 per cento dei carichi marittimi spediti via container nel rapporto Asia-Europa. Le compagnie più importanti come Msc Mediterranean Shipping, Cma Ggm, Ap Moller – Maersk, Hpag – Lloyd, tutte primarie compagnie, hanno subito e stanno subendo attacchi alle loro navi attraverso droni e missili lanciati dalle milizie filoiraniane Houthi schierati con Hamas che controllano lo Yemen settentrionale. Tutte queste grandi compagnie stanno decidendo non solo il blocco alla navigazione nell’area ma anche la scelta di un itinerario alternativo, di un itinerario che allunga le rotte in quanto viene circumnavigata l’Africa passando il Capo di Buona Speranza, cioè scegliendo una rotta che allunga quasi di 15 giorni il viaggio verso l’Europa e ciò comporta un aumento rilevante dei costi e ritardi enormi nella disponibilità dei prodotti”.
Oggi aggiungo una nota del presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar adriatico orientale Zeno D’Agostino, referente chiave del porto di Trieste: “Qui a Trieste avremo almeno due, tre settimane di stop: dal 27 dicembre a metà gennaio non avremo navi, che stanno circumnavigando l’Africa. Se la situazione perdura, mi chiedo: una nave che circumnaviga l’Africa che interesse ha a entrare nel Mediterraneo o a raggiungere il Mediterraneo orientale o l’Adriatico? Il West Med si salva, l’East Med andrà servito in transhipping. I porti del Nord Europa – spiega D’Agostino – possono servire i mercati al Centro-Est Europa”. Ma contemporaneamente, come dicevo prima, il pianeta vive oggi un’altra grave emergenza: la siccità del Canale di Panama. Il Canale di Panama – lungo 80 chilometri, utilizzato principalmente da navi provenienti da Stati Uniti, Cina e Giappone – si basa proprio sull’acqua dolce per far funzionare le sue chiuse che funzionano come ascensori d’acqua, una meraviglia ingegneristica che permette il transito del 6 per cento del commercio marittimo mondiale sopra l’istmo tra gli oceani Atlantico e Pacifico.
Quest’anno, per la prima volta, le autorità hanno ridotto il numero di navi che possono attraversarlo ogni giorno, a 31 al giorno (contro i 40 del 2022), rispetto alla media di circa 36. E da questo mese le traversate vengono limitate a 25 prenotazioni al giorno per poi ridurle ancora e gradualmente fino a raggiungere solo 18 al giorno dal febbraio del 2024. Tali restrizioni, è stato stimato, potrebbero comportare un calo dei guadagni di oltre 400 milioni di dollari nel 2024 rispetto a quest’anno. Gli analisti sostengono che ci saranno notevoli ritardi nelle reti di approvvigionamento. Inoltre, mentre alcuni operatori sono più propensi a prenotare in anticipo gli slot per attraversare il canale, quelli che non lo fanno dovranno aspettare circa 3 giorni per poterlo fare.
Ciò comporterà inevitabili ritardi al punto che, secondo alcuni, i carichi pesanti e quelli che richiedono tempo dovrebbero prendere in considerazione l’instradamento attraverso la costa occidentale degli Stati Uniti o del Canada o l’utilizzo di servizi ferroviari o di autotrasporto. I tempi di attesa, solitamente compresi tra i tre e i cinque giorni, sono saliti a volte fino a 19 giorni. Ricordo che ogni nave che attraversa il canale ha bisogno di 200 milioni di litri di acqua dolce per passare attraverso le chiuse, forniti da due laghi artificiali alimentati dalle precipitazioni in un bacino idrografico circostante. E ogni anno sono circa tredici – quattordicimila navi a navigare attraverso il canale, generando un fatturato di circa 2 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti sono i maggiori utilizzatori del canale; il 40 per cento di tutte le navi container statunitensi lo attraversano ogni anno, trasportando un carico di 270 miliardi di dollari.
Altri grandi utilizzatori sono il Cile, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud. La situazione sta attirando paragoni con la crisi del Canale di Suez in Egitto nel 2021, quando un’enorme nave portacontainer si arenò per sei giorni, bloccando più di trecento navi e impedendo a quasi 10 miliardi di dollari di merci di transitare attraverso il canale ogni giorno. Anche in questo caso il presidente D’Agostino ha precisato: “Un’altra emergenza la vivremo anche per la siccità che causa scarsità d’acqua nel Canale di Panama; una emergenza che la avvertiremo in modo rilevante in quanto farà impennare in modo imprevedibile i costi della logistica; tra l’altro questo comporterà navi molto cariche le quali, arrivate soprattutto in zona Gibilterra, avranno merce per il Mediterraneo, il Nord Europa e la costa Est degli Stati Uniti”. Le preoccupazioni e le criticità sollevate dal presidente D’Agostino riguardano tutte le grandi realtà portuali del Paese e, soprattutto, peseranno parecchio anche sulle realtà portali del Mezzogiorno come Gioia Tauro o come i tre porti transhipment di Cagliari, Augusta e Taranto da molti anni caratterizzati da una preoccupante decrescita.
Ho voluto fare questa lunga descrizione di una grave emergenza nel vasto comparto della logistica legata alla movimentazione delle merci via mare perché ritengo che non solo il nostro Paese ma la intera Unione europea se ha davvero interesse al ruolo del Mediterraneo, al ruolo degli approvvigionamenti e della movimentazione dei porti del Mediterraneo, al contenimento dei costi sia dei prodotti energetici che di tutte le filiere merceologiche, debba attivare immediatamente un apposito tavolo per affrontare e cercare di identificare possibili itinerari per contenere i danni che questa contemporaneità di eventi e di criticità sta caratterizzando, ripeto, l’intero sistema logistico del pianeta. Devo essere sincero ma questa coscienza è vissuta da pochi nel nostro Paese ed è sottovalutata in modo enorme a livello comunitario. Questa tematica, o meglio, questa grave emergenza, sono sicuro sarà oggetto di dibattito nel prossimo 2° Festival Euromediterraneo (Feuromed) che si svolgerà nella prossima primavera a Napoli; per quella occasione forse sarà opportuno proporre appositi strumenti o speciali forme assicurative che riducano i danni che gli operatori logistici subiscono a causa di simili imprevisti specialmente quando esplodono con una contemporaneità inimmaginabile.
(*) Tratto da Le Stanze di Ercole
Aggiornato il 22 gennaio 2024 alle ore 15:28