Iperturismo: disastro e insensatezza

Da anni sono stato uno dei pochissimi a denunciare i danni del turismo di massa, perciò mi sono incavolato quando, all’indomani dell’invasione tamerlanica di Pasqua, ho visto, letto o sentito una serie di articoli, di servizi televisivi e trasmissioni su Radio Rai. Rappresentavano uno splendido esempio di quanto siamo diventati bravi a confezionare lacrime di coccodrillo, utili quanto un collirio a base di acido cloridrico dal punto di vista pratico, che risulta ottimo per mostrare ai lettori di essere – alla fin fine – un bravo giornalista. Col cassero che sei un bravo giornalista, dato che sei stato senza niente da dire quando, in questi anni, sei finito in coda sui treni nelle stazioni e nei sentieri delle Cinque Terre, a Venezia, a Roma o a Capri.

E nemmeno hai ascoltato, signor Lacrime di coccodrillo, i lamenti dei tuoi conturisti in fila per comprare la focaccia. Per giunta, non hai avvertito neanche il sottile dispiacere dei residenti di quel borgo fan-ta-sti-co lungo la costiera sorrentina, costretti a ritrovarsi – senza essere turisti – in una Disney World di mille metri quadrati o nella New York di Times Square a mezzanotte circa nel mezzo di Capodanno. Solo che nel borgo della Campania tutti si ritrovano compressi in spazi ristretti, come un pilota di Formula Uno della Red Bull. Non hanno quasi speranze di uscire dalla gabbia in cui vivono, da baristi o da giovani, costretti a emigrare dopo la laurea in Fisica atomica, perché a San Teodoro non c’è trippa per i fisici, a parte quelli dei palestrati che fanno gli strafighi per strafighe che, comunque, non se li filano neanche di striscio.

Ho fatto un incubo: ero un migrante che aveva pagato migliaia di euro per sbarcare a Lampedusa, e che si è ritrovato a Levanto a dover affrontare lo sbarco di migliaia di turisti, resi nevrastenici dalla sensazione di trovarsi ammassati in fila come in un supermercato Amazon di Città del Messico nel giorno degli sconti al 70 per cento. Io vendevo caffetani da spiaggia e nessuno mi si filava.

L’Overtourism qui lo definiremo “Iperturismo”, per non scimmiottare quelli che dicono “io sono fico, se uso parole inglesi in Italia”. Ebbene, l’invasione da parte di masse di fuggitivi dal salotto di casa è stata definita persino dall’Organizzazione mondiale del turismo come “l’impatto… che influenza eccessivamente, e in modo negativo, la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”. Ne deduco l’assioma: l’iperturismo è un severo danno per il turismo.

Il turismo in Italia non è la panacea universale predicata dai partiti che negli anni Novanta volevano imporre il modello di Rimini e Riccione a una nazione che non ha le caratteristiche di una Copacabana di 365mila chilometri quadrati. Il turismo non può sostituire le industrie: conta soloper il 6 per cento del Pil. Funziona solo se affianca le normali attività produttive.

PERCHÉ L’IPERTURISMO È DANNOSO

In una città ligure di 16mila abitanti, mentre andava fallita una fabbrica che dava lavoro a oltre 2000 famiglie – con uno stipendio assicurato per ogni nucleo familiare, cui si aggiungevano un cantiere navale da oltre 1500 dipendenti ancora esistente, la pesca e il turismo – cosa successe negli anni Ottanta e Novanta?

Mentre ancora si tiravano giù con le ruspe gli impianti della fabbrica fallita, a cadavere ancora caldo, si cominciò a costruire un mega quartiere di nuove case cui non corrispondeva una domanda locale (anzi, da allora in poi i residenti sono diminuiti). Alla cementificazione si aggiunse la parola d’ordine “il turismo sarà la vostra Terra Promessa”.

Oggi cosa resta di quella lunga predicazione? Il turismo è stato incentivato alle fiere internazionali dalla stessa Amministrazione. Così arrivavano turisti per gli alberghi (i “pacchetti turistici”), ma cominciarono ad arrivare anche i pullman dalla Spagna che imperversano ancor oggi, con tanto di guida con bandierina che come una maestrina precede la fila di un centinaio (o duecentinaio) di andalusi estenuati dal viaggio, che percorrono per un paio di ore la città, mangiano alla catena di ristoranti dove hanno prenotato, se ne vanno. A volte, un pullman resta incastrato in un sottopassaggio. E la coda d’auto trasforma la cittadina nella Roma del film L’ingorgo di Luigi Comencini. La piazza centrale, del resto, è un ingorgo perenne, in estate. Tutto ciò produce danni per l’ambiente e i residenti, perché fa crescere il costo della vita, quello delle abitazioni, quello dei servizi. I servizi in particolare crescono di molto: in pratica, un residente che non ha un’attività legata al turismo è costretto a pagare tasse sui rifiuti, sulle fognature, sull’acqua, sui cibi etc. superiori a quelle che sarebbero normali. Il turismo culturale e quello sportivo, connessi al mare e al trekking nell’entroterra, sono invece utili per tutti i residenti, perché non distruggono la società e la cultura locali.

Venezia, per ridurre i danni dell’overtourism, ha alzato la tassa di ingresso fino a 10 euro a persona (minimo 3 euro). Inoltre, è al via il sistema di prenotazione per regolamentare gli ingressi soprattutto nei giorni di particolare affollamento. Non dimentichiamo la lotta contro i pullman turistici, che non portano benefici economici. Un turismo incontrollato produce, inoltre, problemi sociali incontrollati. È il fenomeno della gentrificazione, su cui varrebbe la pena di riflettere. Eppure, i proprietari (milanesi, eccetera) di seconde case potrebbero dare utili suggerimenti all’Amministrazione su come evitare che una città turistica diventi una piccola “Disneyland” o un documentario Discovery. Secondo assioma: la monoeconomia turistica è la trasformazione di tutto un territorio in fabbrica.

EFFETTI SUL TERRITORIO: LA CEMENTIFICAZIONE

La città di Rimini ogni anno registra in media oltre 7 milioni di turisti. Lungo la sua striscia di costa ha cementificato il suolo fino al 95 per cento.

DANNI AMBIENTALI
La baia di Maya nell’isola di Ko Phi Phi Leh in Thailandia, divenuta famosa per il film “The Beach” con Leonardo Di Caprio, ha subito a causa dell'eccessivo afflusso una perdita di circa l’80 per cento della barriera corallina.

Per contrastare il sovraffollamento turistico, l’Environmental Sustainability Performance dell’Unione europea ha indicato 18 parametri per monitorare la salute di un territorio. Tra questi, l’iperturismo produce: maggiore concentrazione delle polveri sottili (Pm10) e del biossido di azoto; rialzo del rumore diurno e notturno; consumo di acqua potabile ed energia elettrica; quantità di rifiuti prodotti; danni alla raccolta rifiuti differenziata; numero di automobili circolanti; Aree di verde pubblico disponibili.

EFFETTI SUI RESIDENTI

– I prezzi di abitazioni e locali: i giovani vanno ad abitare nell’entroterra;

– gentrificazione: (espulsione o “autoespulsione” della popolazione e della sua cultura dal centro storico);

arrivi di massa e calo dei residenti: a Venezia le attività ricettive (Hotel, B&b) hanno registrato, nel 2018, 9.677.150 arrivi e 36.628.419 presenze. Nello stesso tempo, con 56mila residenti del 2013 rispetto ai 175mila del 1951, i cittadini occupano solo il 30 per cento del centro storico.

INTRODUZIONE DI UNA MONO-ECONOMIA, CON I DANNI CONNESSI:

crescono i servizi improduttivi;

diminuiscono o non sono mai nate le Pmi ad alta tecnologia;

poche decine di famiglie si dividono la ricchezza prodotta dalle attività ricettive, con livelli di distribuzione del reddito che non si vedevano dai tempi dell’Impero romano di Eliogabalo e Nerone;

– i giovani – se laureati o anche diplomati – sono costretti a emigrare, perché, dopo la laurea, non hanno prospettive di lavoro in loco -a parte fare il barista, il bagnino o l’addetta di una reception.

In Liguria la stessa Genova, dopo aver puntato (sbagliando) a diventare una città turistica, grazie all’Acquario, a via Prè e alle crociere, ha perso il treno della trasformazione dalla vecchia industria alle nuove Pmi ad alta tecnologia che ha salvato Emilia, Lombardia e Veneto. Oggi Genova assorbe poco lavoro qualificato.

SOLUZIONI

Quelle finora individuate da alcune Amministrazioni sono: aumentare selettivamente i costi dei servizi (inclusi bar e ristoranti, tramite tassa comunale); tassa di ingresso; numero chiuso; investire nell’entroterra con le sue montagne boschive ricche di splendidi borghi, (in Liguria hanno finora avuto successo solo l’area di Varese ligure a Levante e della valle del Roja a Ponente); evitare l’arrivo di produzioni cinetelevisive. A Dubrovnik, in Croazia, dopo le riprese della serie tv Game of Thrones, è stato necessario introdurre piani di contenimento dell’afflusso turistico.

Il paese di Hallstatt, in Austria, di circa 800 abitanti, è frequentato ogni anno da circa un milione di persone. L’Amministrazione ha contrastato l’arrivo di pullman turistici per diminuire gli arrivi. Lo stesso difficile obiettivo è stato in parte raggiunto dai Comuni del promontorio di Portofino.

PIANI DI “ARIA CONDIZIONATA IN CITTA’”

Indipendente dai flussi turistici, il verde pubblico è da rivedere in funzione di una migliore qualità dell’aria e per raffrescare l’aria della città. Alberi a foglia decidua (le cui foglie cadono d’inverno dando luce e visibilità), che non crescano troppo in altezza e non si ammalino facilmente. Per migliorare la salute delle piante, si deve eliminare tutto il sistema di incatenamento tramite cemento dei tronchi e delle radici degli alberi, che ha già causato crolli di piante ovunque. Le città d’arte, eredi di quello che fu il Grand Tour dei secoli XVIII e XIX (Venezia, Firenze, Napoli, Roma), oggi subiscono tutte l’iperturismo di massa. A queste si è aggiunta Milano, che ha una collocazione particolare, perché l’iperturismo è solo una componente dei flussi (tra le altre, la possibilità di trovare lavoro qualificato, il fatto di essere un centro mondiale della moda, la vicinanza con Venezia e la Liguria).

Aggiornato il 13 aprile 2023 alle ore 12:19