I campioni dell’iniquità fiscale

La soluzione al problema dei crediti incagliati relativi al Superbonus, e dei crediti fiscali attinenti agli interventi edilizi, ha acceso gli appetiti del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. È ormai acclarato, per tabulas, che il Superbonus abbia favorito i proprietari di immobili con redditi e disponibilità medio-alti. Inoltre, ha penalizzato i proprietari di immobili classati come edilizia economica e popolare, per la ragione che non si sono avvalsi del super-incentivo. Il paradosso è che anche la Pubblica amministrazione non ha saputo cogliere l’opportunità di ristrutturare il patrimonio edilizio di proprietà degli Iacp (Istituto autonomo case popolari) e gli immobili di proprietà degli Enti pubblici, che sono da anni abbandonati all’incuria e al degrado: sarebbe stata un’operazione di riqualificazione e di valorizzazione.

Molti inquilini delle case popolari vivono in condizioni che definire da Paese del terzo mondo è un insulto a quegli stessi Stati. Gli interventi che hanno beneficiato delle provvidenze pubbliche hanno riguardato appena il 3,1 per cento del patrimonio immobiliare. Solo su circa l’uno per cento delle case sono stati effettuati interventi relativi al Superbonus. La spesa complessiva a carico di tutti i contribuenti italiani ammonta a 110 miliardi di euro di minori entrate per l’erario. Un mancato gettito che dovrà essere coperto con la fiscalità generale, ovvero le imposte a carico di tutti, con una esigua minoranza rappresentata dai beneficiari. I dati emersi dopo il decreto legge, relativo al blocco operativo di tutte le cessioni di crediti d’imposta, danno la misura di quanto occorrerebbe in termini di investimenti finanziari in ristrutturazione per l’applicazione della direttiva europea sulle cosiddette case green, per portare la classe energetica degli immobili privati e pubblici alla tipologia D ed E.

Il meccanismo relativo alla cessione dei crediti fiscali maturati per il bonus 110 per cento ha favorito, in primis, le imprese edilizie che hanno stipulato contratti di appalti a prezzi decisamente più alti rispetto ai normali negozi giuridici aventi a oggetto la negoziazione dei corrispettivi e la competizione tra le aziende appaltatrici. Poi a giovare del business sono state le banche, che hanno acquistato i crediti al loro valore nominale e hanno compensato i loro debiti fiscali e contributivi con l’erario. In sostanza, hanno rilevato – ad esempio – i crediti fiscali al valore nominale di 110 (1.000.000 di euro) hanno pagato il valore attuale 100 (909.000 euro) e compensato imposte e contributi per 1.000.000 di euro, riducendo di fatto il loro carico fiscale di circa il 10 per cento.

Il presidente di Confindustria ha fatto “la generosa proposta” al Governo di rendere possibile l’acquisto anche delle grandi imprese dei crediti incagliati, in modo tale da permettere alle sue associate più forti di usufruire del medesimo vantaggio dato alle banche, in quanto anch’esse hanno spazi fiscali da compensare con i loro debiti nei confronti dell’Erario. In conclusione: 110 miliardi di minori entrate per lo Stato, i proprietari di immobili di qualità medio alta come beneficiari, la riduzione del carico fiscale per le banche e per le grandi imprese, che non hanno problemi di liquidità. Il Governo giallo-rosso ha saputo fare un vero e proprio capolavoro di iniquità fiscale, avvantaggiando pochi benestanti a scapito di tutti i contribuenti!

Aggiornato il 27 febbraio 2023 alle ore 10:28