Da diversi mesi sia a livello centrale, in modo particolare il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, sia a livello locale abbiamo appreso dichiarazioni cariche di ottimismo sulla entrata in funzione delle Zone economiche speciali. Addirittura, alcune Regioni del Mezzogiorno hanno più volte e in varie occasioni reso noto l’avvio ormai operativo di tali Zone. Come ho già ricordato più volte, anno dopo anno, mese dopo mese, abbiamo assistito a un inutile, anche se sistematico, annuncio. Anche perché il provvedimento istitutivo delle Zes è del giugno 2017, cioè è stato concepito più di cinque anni fa e finora non ha prodotto nulla. Anzi, mi scuso: ha prodotto una serie di altri provvedimenti (vedi qui), utili solo a qualche membro delle istituzioni per annunciarne l’esistenza e per assicurare l’immediato avvio operativo.
Ebbene, dopo la serie di assicurazioni e di impegni presi anche dai governatori come l’ex presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca o il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, apprendiamo che un apposito decreto del presidente del Consiglio (Dpcm), trasmesso dal ministro del Sud alla presidenza per ottenere il previsto parere, attua quanto già previsto dal decreto sul Pnrr dello scorso mese di aprile e definisce i requisiti delle Zes regionali, parlando di una procedura straordinaria di revisione del perimetro delle aree individuate. Questa procedura, riportata anche da vari organi di stampa, deve essere effettuata secondo il criterio della massima semplificazione e potrà essere avviata su iniziativa del commissario che presiede il Comitato di indirizzo della Zes. Il Dpcm contiene anche disposizioni specifiche per le Zone logistiche semplificate (Zls). In particolare, si precisa nel provvedimento che se in una Regione ricadano più autorità di sistema portuale e nell’ambito di una delle autorità rientrino scali ubicati in Regioni differenti, la Regione è autorizzata a istituire una seconda Zona logistica semplificata. Il perimetro delle aree ricomprese nel piano di sviluppo strategico delle Zls può essere oggetto di rimodulazione, in diminuzione o in aumento.
Intanto, come dicevo all’inizio, dopo oltre cinque anni non si è fatto nulla e sicuramente quanto prima potremo disporre di un altro provvedimento magari prodotto da un condominio o da più condomini di palazzi ubicati nella città di Napoli o di Palermo. Scherzo, ma sembra davvero assurdo che si continui a parlare di una iniziativa che, per come è stata concepita e per come è stata gestita, ormai è solo da dimenticare. L’allora ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, avrebbe fatto bene a non cercare di apportare ulteriori modifiche. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito cinque anni fa e provare intanto a capirne, innanzitutto, il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite, cioè:
– dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T);
– dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti;
– dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali;
– dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.
Invece, come ho ricordato pochi mesi fa solo in Sicilia ci sono le seguenti Zes: Zes Sicilia occidentale con i comuni di Caltavuturo, Palma di Montechiaro, Misilmeri, Salemi, Campofelice di Roccella, Custonaci, Ravanusa, Calatafimi, Cinisi, Gibellina e Serradifalco; Zes Sicilia orientale con i comuni di Avola, Militello in Val di Catania, Carlentini, Vittoria, Francofonte, Solarino, Scordia, Floridia, Vizzini, Acireale, Rosolini, Pachino, Troina, Lentini, Palazzolo Acreide, Ragusa, Niscemi, Gela, Mineo e Messina; altre aree individuate sono tre portuali (Porto Empedocle. Porto dell’Arenella di Palermo, Porto di Augusta) e due aree industriali (Asi di Caltagirone e la zona di San Cataldo Scalo insieme alla zona industriale di Calderaro nel Comune di Caltanissetta).
Come ho già detto altre volte, nella sola Sicilia ci sono 36 aree elette a Zes, in tutta l’Ue le aree elette a Zes sono 91. Questo dato dimostra la deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zese rende davvero priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento. Questo fallimento di una scelta nata per rilanciare il Sud purtroppo non rappresenta una sorpresa, perché rientra in un preciso codice comportamentale che si caratterizza come “pura clientela programmatoria” o, in modo più chiaro, come “la gratuita soddisfazione dell’organo politico nella elencazione delle risorse ottenute e degli impegni assunti”. Sì, anche di quelle cifre ridicole per l’area industriale di Taranto (solo 8,1 milioni di euro), l’area industriale di Potenza (20 milioni di euro), l’area industriale di Matera (30 milioni di euro). È rimasta, purtroppo, una pura elencazione di procedure e di atti. Una elencazione che continuerà a illudere il Mezzogiorno. Poi, come tutte le illusioni, finirà.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 17 novembre 2022 alle ore 11:07