Aumentano le disuguaglianze dei salari, oltre il 30 per cento dei pensionati con mille euro al mese, i giovani che dovranno lavorare tre anni in più rispetto agli anziani: questi sono alcuni dati snocciolati dal Rapporto annuale dell’Inps. Sullo sfondo, peraltro, c’è una crisi che “ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi”.
“Se si considerano i valori-soglia del primo e dell’ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti) – ha spiegato Pasquale Tridico, presidente dell’Inps – emerge che il 10 per cento dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50 per cento meno di 2.058 euro e solo il 10 per cento ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi. La retribuzione media delle donne nel 2021 – ha proseguito – risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25 per cento rispetto alla corrispondente media maschile”.
La distribuzione dei redditi nel lavoro dipendente
C’è poi il passaggio sulla distribuzione dei redditi all’interno del lavoro dipendente, dove è stata registrata una polarizzazione. Più precisamente, c’è una quota crescente di lavoratori che ha percepito “un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza. Il 23 per cento dei lavoratori – ha segnalato Tridico – guadagna meno di 780 euro al mese, considerando anche i part-time. Per contro, l’uno per cento dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva”. Tra le altre cose, nel 2021 sono state contate più persone sul mercato del lavoro rispetto al 2020. Eppure, ha evidenziato Tridico, “molti dei nuovi lavoratori immessi sono impiegati per un numero ridotto di ore e percepiscono retribuzioni che non permettono ai singoli di vivere dignitosamente. Guardando alla generalità degli occupati, la metà più povera ha perso quote di reddito tra il 2005 e 2020”.
Capitolo pensionati: i numeri
Da non tralasciare il capitolo sui pensionati: nel 2021 il 32 per cento ha redditi da pensione inferiori ai mille euro al mese. Il dato, come indicato dalla Relazione, ha coinvolto gli importi lordi maggiorati delle integrazioni al minimo associate alle prestazioni, delle varie forme di indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni. Ancora l’Inps: la percentuale di pensionati con un reddito inferiore a 12mila euro ammonterebbe al 40 per cento, se si tiene conti solo degli importi delle prestazioni al lordo di una imposta personale sul reddito.
La generazione X
Sotto la lente di ingrandimento anche la prospettiva del futuro. Secondo un calcolo dell’Inps, con 30 anni di contributi versati e un salario di nove euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe godere di una pensione a 65 anni di circa 750 euro. Questo, in finale, potrebbe essere il futuro previdenziale per i nati tra il 1965 e il 1980. C’è dell’altro: i più giovani dovranno lavorare, in media, tre anni in più rispetto ai più anziani. In concreto “se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione si possa aggirare sui 750 euro mensili (a prezzi correnti), un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022”.
Aggiornato il 11 luglio 2022 alle ore 13:05