Venerdì 13 e sabato 14 maggio, si è svolto a Sorrento un evento, Verso Sud, che potremmo definire gli “Stati generali del Sud” e la cosa davvero interessante è la serie di presenze, dal presidente del Consiglio a presidente della Repubblica, e con un numero rilevante di membri del Governo, di rappresentanti al massimo livello delle forze politiche nonché di riferimenti chiave del mondo della produzione e di livelli dirigenziali altissimi della Unione europea e di personalità istituzionali di Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Insomma un’ottima occasione per denunciare ancora una volta che il Mezzogiorno è un riferimento determinante per la crescita del Paese, un riferimento chiave in quanto con la sua ubicazione geografica può sfruttare al massimo il rapporto con il Mare Mediterraneo che, secondo uno studio fatto dal centro ricerca Ambrosetti, pur occupando solo l’1 per cento della superficie dei mari del mondo, tuttavia accoglie (con i Paesi che fanno parte dell’area geografica allargata) il 15,6 per cento della popolazione mondiale e il 14,5 per cento del Prodotto interno lordo mondiale.
Ha ragione la ministra Mara Carfagna quando ha, in una intervista, ribadito che “questo appuntamento è assai di più del solito convegno, è un incontro che consoliderà relazioni e aprirà nuove linee di intervento”. Ed è anche interessante questa apertura ai Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo; a tale proposito appare senza dubbio convincente quanto precisato dalla ministra Carfagna proprio su questo coinvolgimento e su questo interesse per il Mare nostrum: “L’aggressione russa alla Ucraina e tutto ciò che ne consegue a cominciare dalla crisi del gas e dei combustibili impone alla Italia di qualificarsi come hub dell’Europa nel Mediterraneo, per l’energia ma anche per le materie prime; è un ruolo decisivo che dobbiamo attrezzarci a svolgerlo”.
In fondo in questo approccio, senz’altro condivisibile, trova spazio un obiettivo perseguito da sempre da Gabriele Pescatore, da Pasquale Saraceno e dallo stesso Donato Menichella: quello cioè di trasformare le rendite geografiche del Mezzogiorno in vere e misurabili realtà geo economiche. Questo obiettivo lo cercavano Pescatore, Saraceno e Menichella all’inizio degli anni Cinquanta e dopo praticamente 70 anni continuiamo ad inseguire gli stessi obiettivi, le stesse finalità ed ogni volta ci illudiamo che per rilanciare il Sud, per renderlo attore e gestore diretto delle sue misurabili potenzialità occorra assegnare risorse dimenticando invece che occorra spendere concretamente le risorse assegnate ed in particolare occorra verificare se, davvero, tali risorse siano davvero disponibili. Continuiamo, usando spesso gli impegni programmatici come slogan, a sentirci soddisfatti di titoli mirati essenzialmente ad assicurare la volontà a fare qualcosa che ribalti ciò che, da anni, rimane come riferimento misurabile di una assenza proprio nel “fare”, di una assenza nel rimuovere una inconcepibile abitudine a considerare il Sud come una area fondamentale per lo Sato ma al tempo stesso marginale. Sembra un paradosso ma per noi meridionali, e tra di noi c’è anche la ministra Carfagna, questo paradosso è congenito nel nostro Dna.
Avrei quindi preferito, in una occasione così interessante e senza dubbio ben organizzata, che si affrontassero i fallimenti che, sempre a mio avviso, hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora ciò che definiamo “azioni strategiche nel Mezzogiorno”; mi riferisco in particolare alle Zone economiche speciali (Zes). Parto da un solo dato: nella sola Zes ci sono ben 36 aree elette a Zes, in tutta la Unione europea le aree elette a Zes sono solo 91. Già questo dato dimostra la completa deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zes e, al tempo stesso, rende priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento. Quindi questa iniziativa non la ritengo adeguata se contestualmente, come indicato pochi mesi fa dalla stessa ministra Carfagna, non prende corpo una organica implementazione ed un misurabile sviluppo dei sistemi intermodali composti da porti-retroporti-interporti, insieme con gli aeroporti, le piattaforme logistiche e gli altri hub. Secondo la ministra la chiave del funzionamento delle Zone economiche speciali è legata a questa azione contestuale. Quindi due prime critiche ad una iniziativa che viene lanciata come vincente per il rilancio del Mezzogiorno e, già in partenza, non adeguatamente valida sia per il numero di aree, sia per la esigenza di una rete logistica efficace ed efficiente.
La portualità nel Paese ed in particolare nel Sud; assistiamo praticamente da anni al fallimento di tre impianti portuali con elevata capacità verso la offerta transhipment, mi riferisco ai porti di Cagliari, Augusta e Taranto. Solo Gioia Tauro rimane un riferimento vincente; poche settimane fa avevo prospettato due proposte: predisporre una norma che renda le nostre autorità portuali “Società con autonomia finanziaria”, cioè capaci di essere vere competitrici nel mercato internazionale e, al tempo stesso, avevo ipotizzato la costituzione di una Società unica di gestione dei quattro porti transhipment del Sud. Senza azioni simili continueremo ad invocare slogan, continueremo a definire il Sud come hub per l’energia ma tutto questo è utile solo per i comunicati del giorno dopo
Gli assi ferroviari ad alta velocità, sono praticamente quattro: l’asse Napoli – Bari, l’asse Taranto-Potenza-Battipaglia, l’asse Salerno-Reggio Calabria e il sistema Palermo-Messina-Catania. Solo l’asse Napoli – Bari è in avanzata fase di realizzazione perché previsto ed avviato nel 2012 con risorse della Legge Obiettivo; analogo inserimento, sempre nella Legge Obiettivo, era stato anche per il sistema Palermo-Messina-Catania ma in questo caso siamo solo di fronte all’avvio di un primo lotto. Gli altri due assi sono, allo stato, in una fase di prefattibilità e mentre nel caso della Taranto-Potenza-Battipaglia ci sono le coperture, per la Salerno – Reggio Calabria le uniche coperture garantite dal Pnrr sono pari a 1,8 miliardi di euro (ricordo che l’opera ha un costo stimato di 30 miliardi di euro).
Non metto in dubbio la buona volontà a realizzare tali opere nel Sud, mi preoccupano solo i tempi. La viabilità in Calabria, Sicilia e in Sardegna; sono sufficienti tre opere per capire quanto sia preoccupante l’approccio dello Stato nei confronti delle aree del Sud: l’asse stradale 131 Carlo Felice in Sardegna, l’asse stradale 106 Jonica in Calabria e l’asse stradale Palermo – Agrigento – Caltanissetta in Sicilia. Per gli ultimi due assi c’erano le risorse ed in parte i progetti varati dalla Legge Obiettivo ma dal 2015 in poi i trasferimenti finanziari si sono bloccati.
L’offerta di trasporto nelle aree metropolitane di Napoli, Bari, Palermo, Catania, Taranto, Messina; in queste aree il costo da congestionamento ha superato nel 2019 (prima della pandemia) oltre 2.700 milioni di euro. In realtà il trasporto pubblico, esclusa Napoli, avviene solo o con mezzi privati o con bus. Speriamo che con i fondi del Pnrr possa prendere corpo una organica azione mirata alla realizzazione di reti metropolitane. Per ora però solo proposte e studi di fattibilità. I nodi logistici interportuali: il Sud, allo stato attuale, dispone solo dell’interporto di Nola – Marcianise; gli altri siti sono solo siti propensi a diventarlo. Questa assenza di hub logistici integrati con le reti e con la portualità rappresenta da sempre una delle cause del costo maggiore del trasporto delle merci nel Sud; un costo che in molti casi rende proco concorrenti molti prodotti del Sud. La crisi nelle realtà produttive di Termini Imerese, Priolo e Taranto. Ripetutamente le ho definite “bombe sociali” perché la pluriennale crisi mai risolta e forse mai seriamente affrontata, mi riferisco soprattutto a Termini Imerese e Taranto, produrrà nel breve periodo la perdita di oltre 30mila posti di lavoro.
Sono queste oggettive denunce la testimonianza di un vuoto di Governo che dal 2015 al 2020 non ha, praticamente, assegnato risorse in conto capitale ma solo in conto esercizio (80 euro per l’adeguamento dei salari bassi, il Reddito di cittadinanza e il Quota 100) e, al tempo stesso, in questi ultimi due anni abbiamo assistito, e con l’evento di Sorrento assistiamo, ad una interessante attività programmatoria che ormai dura da due anni, una attività programmatoria in cui si è cercato di descrivere le fasi e gli impegni delle opere da inserire nel Pnrr. In realtà per oltre otto anni (dal 2014 ad oggi) non sì è aperto nessun cantiere se non quelli previsti dalla Legge Obiettivo del 2001.
Mi sarebbe piaciuto che in una occasione del genere la ministra Carfagna non solo avesse ammesso questo dato oggettivo e questa preoccupante assenza di consapevolezza di criticità che, per noi meridionali e la ministra è donna del Sud, non può essere ridimensionata con encomiabili assicurazioni mediatiche. Avrei ad esempio apprezzato la seguente proposta: visto che per otto anni si è praticamente assistito alla stasi completa, tutte le attività progettuali e realizzative vengono avocate alla Presidenza del Consiglio. Non per toglierle alle competenze degli attuali organismi ma per fare in modo che tutte le criticità siano affrontate non da singoli dicasteri, non da singole regioni, non dalle varie aziende, ma dalla presidenza. Voglio concludere questo mio sfogo ricordando quello che spesso precisava Pasquale Saraceno: “quando il Pil pro capite del Sud sarà simile a quello del Centro-Nord vorrà dire che è successo qualcosa”. Oggi il Pil pro capite nel Sud è pari a 18mila euro, al Nord è pari a 36mila euro (con punte fino a 42mila); purtroppo finora non è successo nulla.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 09 giugno 2022 alle ore 08:47