Futuro con inflazione, deflazione o iperinflazione?

Negli ultimi mesi si è tornato a parlare di inflazione. Dopotutto è un fenomeno praticamente assente dalla crisi del 2008, anno in cui è iniziata la deflazione dopo un periodo inflazionistico di settant’anni anni. Gli analisti hanno ravvisato le fonti della crescita dei prezzi nella scarsità di alcuni prodotti dovuta ai blocchi Covid-19 e nella ripresa della domanda. Si tratta di capire se il fenomeno è transitorio o sistemico come quello che provocò l’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) nel 1973 creando, con la crisi energetica, inflazione per tutto ciò che si basava sul petrolio a buon mercato, dalla produzione di automobili alla plastica. La questione è rilevante ai fini delle politiche monetarie: in caso di forte e persistente rialzo dei prezzi le banche centrali per compensarlo, dovrebbero aumentare i tassi di interessi.

Ripassiamo intanto il concetto di inflazione. Di solito il fenomeno è definito come aumento dei prezzi. Tuttavia, i prezzi possono aumentare anche per motivi diversi dall’inflazione. Possono ad esempio salire a causa della scarsità dell’offerta rispetto alla domanda come nel caso dei blocchi, che per noi non segnala l’inflazione vera e propria. Cosa si intende allora per inflazione? Secondo la memorabile citazione di Milton Friedman “l’inflazione è sempre e ovunque un fenomeno monetario, risultante e accompagnato da un aumento della quantità di moneta rispetto alla produzione… ne consegue che l’unico modo efficace per fermare l’inflazione è frenare il tasso di crescita della quantità di moneta”. L’inflazione vera e propria è dunque l’aumento dei prezzi generalizzato causato da fattori monetari e non da fattori reali come l’interazione tra domanda e offerta. L’inflazione pertanto è la svalutazione dell’unità monetaria.

Tutto ciò era di immediata evidenza quando il denaro era rappresentato da metalli preziosi. All’epoca romana gli imperatori coniavano più monete diminuendone il contenuto d’argento. Con più monete dello stesso valore nominale in circolazione il Governo poteva aumentare la spesa pubblica, ma svilendole sempre di più nel corso degli anni innescò un’inflazione galoppante per cui i soldati richiesero salari più alti man mano che la qualità del denaro diminuiva. Per aumentare le entrate della Corona inglese a spese dei contribuenti Enrico VIII, nel 1544, svalutò il penny sostituendo il novanta per cento del contenuto d’argento con il rame. Comprensibilmente, il sovrano inglese fu soprannominato “Vecchio naso di rame” (Old coppernose) avendo l’usura eliminato il sottile strato d’argento e rivelato la sua effige di rame. In una circolazione metallica, lo svilimento monetario, cioè l’inflazione che si manifesta subito come aumento dei prezzi, può essere definito come incremento della quantità di moneta circolante superiore a quello di estrazione dell’oro o dell’argento.

Come mai allora gli stimoli di trilioni emessi dalle banche centrali in questi ultimi anni non si sono mai tradotti in aumenti di prezzo? Perché, affinché ciò si verifichi occorre che l’eccesso di denaro venga effettivamente speso. E perché non è stato speso? Perché l’ambiente monetario contemporaneo tende a generare il fenomeno opposto all’inflazione: la deflazione, che significa contrazione della spesa aggregata. Tale singolarità si spiega col fatto che le odierne valute, fondamentalmente, rappresentano prestiti ai governi. L’emissione di denaro avviene infatti a fronte dell’acquisto di obbligazioni sovrane da parte delle banche centrali. Tali prestiti irredimibili in quanto i governi non hanno né i mezzi né l’intenzione di ripagarli, circolano in forma di unità valutarie al posto delle unità di ricchezza rappresentata dai metalli preziosi. Ovvio che tale mutazione del sistema monetario non poteva avvenire senza fatali conseguenze.

La prima conseguenza è stata che il denaro, che circola nell’economia come promessa di pagamento irredimibile al posto di ricchezza, non è più in grado di estinguere in via definitiva alcun debito. Per capire l’importanza della redimibilità dei debiti, ipotizziamo che Tizio prenda in prestito zucchero dal vicino Caio. Per ripagare Caio, Tizio va al supermercato, compra lo zucchero e lo restituisce. Quindi non solo Caio viene ripagato ma anche il debito in zucchero viene estinto. Una volta prendere in prestito denaro era come prendere in prestito lo zucchero. Il rimborso del debito in preziosi o strumenti di credito in essi convertibili a richiesta restituiva il prestito cancellando il debito. Oggi i debiti possono essere solo trasferiti ma mai cancellati in via definitiva, salvo che per default. Le valute attuali non rappresentano il pagamento finale come oro e argento ma promesse di pagamento di debiti che i governi non rispetteranno mai. Pertanto, senza un mezzo di pagamento definitivo il debito può solo aumentare mai diminuire, perché gli interessi maturano costantemente.

Non avendo ancora compreso tutto questo, gli accademici e gli economisti di regime si stupiscono ancora del fatto che l’economia, in tutti questi anni, nonostante gli enormi stimoli monetari, abbia ristagnato nella deflazione. Ma questa è conseguenza proprio degli stimoli che rappresentano il debito irredimibile che aumentando il costo dei governi rendono inevitabile la tassazione che riduce la crescita economica e quindi la spesa aggregata. Così, sebbene l’aggregato monetario sia aumentato come conseguenza del debito crescente, non si è mai tradotto in aumenti di prezzi dal momento che ha ridotto il reddito disponibile della collettività e quindi anche la sua spesa. In tale contesto la riduzione dei tassi di interesse per incoraggiare le persone a indebitarsi è stata dannosa in quanto beneficiando solo i governi, che sono i principali debitori dell’economia, ha aggravato la spirale deflazionistica. Pertanto, nessun ulteriore stimolo monetario può invertire la tendenza ma solo peggiorarla. Le persone non si indebiteranno e non spenderanno denaro senza fiducia nel futuro ma lo accumuleranno per far fronte all’incertezza. Questi sono i motivi per cui il Quantitative easing, che secondo gli accademici avrebbe dovuto stimolare crescita e inflazione, è stato un fiasco storico.

Resta da capire cosa riserva il futuro. Fintantoché l’eccesso di debito sopprime la crescita economica il potenziale deflazionistico rimarrà alto, la domanda aggregata bassa e non in grado di stimolare l'inflazione né i tassi di interesse a medio termine. Si è di fronte a un problema strutturale che rende l’economia fortemente instabile e senza via d’uscita a meno che non trovi sfogo in una crisi epica, questa volta nella forma di un crollo di fiducia definitivo dell’opinione pubblica nell’operato dei governi. Quando ciò avverrà allora sì che si metterà in moto l’inflazione, anzi l’iperinflazione che comporterà però la distruzione dell’attuale abominevole sistema monetario. I tempi di questo evento non sono poi così lontani, per cui ci si regoli di conseguenza.

Aggiornato il 02 luglio 2021 alle ore 10:38