Presente e futuro degli idrocarburi in Italia: intervista a Michele Marsiglia

Il petrolio e il gas tornano prepotentemente alla ribalta mondiale, col rialzo del costo della benzina e con una Guerra Fredda per l’energia, il cui ultimo caso è il riaccendersi del conflitto di Gaza, cui non è estranea la concorrenza internazionale sui giacimenti di gas presenti nel mare tra Gaza e Israele, come nota opportunamente in questa intervista il presidente di Federpetroli Italia, Michele Marsiglia.

Quale è il ruolo di FederPetroli nel mercato italiano degli idrocarburi?

La nostra posizione da oltre 18 anni è al centro del decisivo ruolo dell’Energia in Italia. Spiace constatare che l’interesse dell’opinione pubblica viene animato dai media solo quando avviene un incidente o il prezzo del carburante sale. Produrre un atteggiamento scientifico sulle politiche dell’energia è importante, perché se il prezzo della benzina cresce, a volte è anche a causa di una cattiva politica dell’energia. Oggi l’Italia ha bisogno urgente di utilizzare i propri idrocarburi, con un impatto economico e ambientale migliore. Siamo ricchi di gas e petrolio sia nel sottosuolo sia nei bacini marini, e questa ricchezza aiuterebbe tutte le famiglie italiane, anche le più povere, che comunque comprano cibi e merci trasportati. Eni è la nostra Madrina energetica, come mi piace chiamarla: una Oil Company che con l’era Descalzi è stata trasformata, ristrutturata e resa competitiva a livello internazionale. Oggi in Italia ha sede una delle Compagnie petrolifere più potenti al mondo e ne siamo tutti fieri, segno che Eni lavora bene.

Gas e petrolio italiani: nell’Adriatico e nello Ionio greci, albanesi e croati sfruttano il gas davanti alle loro coste. In Italia si protesta per il tubo di gas dal diametro di un metro della Tap…

In Basilicata il petrolio sgorga da una sorgente insieme all’acqua e ogni anno le casse regionali ottengono benefit di 200 milioni per i diritti di estrazione. Se ben indirizzati, i proventi del petrolio possono essere decisivi per migliorare il contesto ambientale, come avviene per esempio in Norvegia. Purtroppo, la cattiva informazione sull’argomento comporta paure irrazionali, come avviene per i vaccini. Per questo FederPetroli Italia da alcuni anni ha lanciato l’iniziativa Operazione Trasparenza per spiegare alle comunità, agli studenti e alle Amministrazioni delle nostre regioni cosa sono gli idrocarburi made in Italy, e quali sono i loro vantaggi, i rischi e le opportunità occupazionali. Solo con un contraddittorio scientifico sull’argomento si forniscono informazione e conoscenza su un pozzo, una piattaforma, una raffineria, e solo così si potrà esprimere un parere prima di approvare o respingere un progetto. Alcune forze politiche giocano sull’argomento per ottenere voti, ma in questo modo perde tutto il Paese, specialmente in competitività internazionale, dato che la bolletta energetica contribuisce ad alzare il costo di produzione dei nostri prodotti, già troppo alto.

Siamo di fronte a una Guerra Fredda per l’energia?

Da tempo gli idrocarburi sono una chiave dell’equilibrio geopolitico mondiale. Dopo la perdita di potere dell’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) gli Stati produttori sono entrati in un fermento di produzione, con una maggiore concorrenza nella conquista di quote di mercato. Il Medio Oriente resta il nodo principale delle dinamiche del petrolio internazionale, specialmente quando si risveglia un Paese come l’Iran, da anni sotto sanzioni statunitensi. Se ci spostiamo di poco arriviamo in un’area come quella israeliana/palestinese dove le riserve offshore e onshore sono considerevoli. I confini marini e terrestri diventano materia di contese, e il Mediterraneo sud-orientale è una delle aree più calde, basti pensare alla recente ripresa della guerra tra Israele e Gaza, o alla guerra sui confini marini (Zee) tra Grecia e Turchia, che non è comunque limitata al gas dei fondali di Cipro, dove di recente la Saipem 12.000, nave da prospezioni petrolifere appaltata da Eni, ha dovuto bloccare i lavori per mesi.

Israele ha anche del petrolio, oltre al gas offshore del giacimento Leviathan?

Spostandosi dal mare nei territori israeliani e palestinesi, si trovano piccoli giacimenti e pozzi già in produzione, alcuni dei quali ricadono sul confine tra Israele e la West Bank. Ciò evidentemente aggrava la tensione già presente, soprattutto se aggiungiamo a quelli locali gli interessi di produttori come Arabia, Russia e Iran.

Come si sviluppa il confronto Usa-Cina sul settore degli idrocarburi? Il fronte Russia-Venezuela-Iran, supportato da Paesi consumatori come Cina e Turchia, andrà a scontri ulteriori con Occidente e Paesi arabi?

In questo caso giochiamo su due fronti. L’America Latina, produttrice di greggio e continuamente sotto pressione statunitense ma nello stesso tempo supportata da paesi mediorientali, mentre dall’altra parte una concorrenza Usa-Cina che da tempo è sotto osservazione. Ribadisco comunque che il Medio Oriente oggi è ancora il punto nevralgico del greggio mondiale. Alcuni Paesi come la Russia possono sicuramente influire su decisioni e variabili di mercato nel breve termine, ma la capacità produttiva araba sarà ancora per anni leader mondiale non solo del mercato energetico ma anche delle relative decisioni politiche e alleanze strategiche.

Tra un anno ci sarà la World Gas Conference nel Sud Corea. Quali novità prevede nel prossimo futuro con la ripresa dei consumi energetici?

Come tutti le Wsc di questi ultimi anni, il tema principale sarà la sostenibilità ed è giusto che lo sia in un’ottica di futuro industriale. La novità dell’Oil & Gas dei prossimi anni sarà una trasformazione generale delle quote di mercato. I processi energetici hanno prodotto da tempo un marcato cambiamento geografico ed industriale. Con la pandemia il tutto ha avuto una nuova accelerazione: Paesi anni fa sconosciuti per le loro riserve petrolifere sono diventati, a volte, ago della bilancia in alcuni contesti, penso ad esempio alla Nigeria. Il processo cui noi attori del settore dovremo prestare la massima attenzione per i prossimi anni, sarà il veloce cambiamento delle dinamiche geopolitiche internazionali dell’Oil & Gas.

Putin afferma di aver completato il primo tratto del gasdotto Nord Stream 2. La Baltic pipeline da Norvegia a Danimarca e Polonia, ultimata entro 12 mesi, produrrà tensioni e problemi anche all’interno della Ue (pensando al ruolo della Germania in Nord Stream)?

La guerra dei gasdotti non è nuova. Tubi che permettono al gas o all’olio di attraversare Paesi con un netto risparmio di costi logistici, nonostante l’investimento per realizzarli. L’Ue è stata sempre molto vigile perché – come si può capire, a seconda delle tratte e dei Paesi – un’opera di rilevanza strategica come quelle citate, porta per forza di cose a stravolgimenti nelle economie energetiche. Le tensioni all’interno della Ue ci sono già, più che tensioni le definirei contraddizioni, basta vedere il fallimento della politica energetica europea e dell’Energy Union.

L’Italia ha un ruolo nella “guerra degli idrocarburi” nel mare Artico?

Consideriamo che è un’area dove si stima ci siano un sesto delle riserve di idrocarburi ancora da sfruttare a livello globale. L’interesse è evidente, ma è anche una zona dove i costi di perforazione sono alti causa la difficoltà dell’area e le situazioni ambientali. Tempo fa anche qualche grande azienda italiana è stata coinvolta insieme ad Oil companies americane. Come ho detto l’interesse c’è ma le problematiche e gli impedimenti politici-internazionali sono tanti. Le nostre operazioni ed il nostro lavoro non sono fatti soltanto di cantieri e progetti: spesso il petrolio è gestito da strette di mani ed alleanze strategiche, questa è la diplomazia che sta alla base del nostro business.

Libia, dopo anni di pessimi risultati per la diplomazia e geopolitica italiane, recupereremo la produzione di greggio. Qual è il ruolo di Eni e Fpi?

Nell’ultimo incontro a Roma tra il primo ministro libico incaricato Abdul Hamid Dbeibah ed il nostro ministro della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, il premier libico ha affermato che con l’aiuto dell’Italia si arriverà a livelli di produzione pre-conflitto. Plauso a queste meravigliose ed ambiziose idee ma bisogna che il tutto si concretizzi e non resti solo uno slogan da cerimoniale diplomatico. Eni è la forza dell’Italia in Libia. Le più importanti infrastrutture energetiche della libica Noc (National Oil Corporation) sono gestite in partnership strategica con Eni. FederPetroli Italia è coinvolta dal 2009 sulla questione e ha portato diverse aziende contrattiste a lavorare su giacimenti libici. Attendiamo a breve una ripartenza con maggiore sicurezza delle nostre attività. In Libia ancora ci sono grandi riserve di idrocarburo da sfruttare, è una terra meravigliosa che ha bisogno di ritornare alla serenità.

Transizione energetica da petrolio al gas. Le energie rinnovabili, a partire dall’idrogeno, potranno sostituire il combustibile fossile? Qual è lo stato dell’arte?

Tutti mi dicono che sono un Uomo del Petrolio e già con me parlare di gas è difficile, a parte gli scherzi sicuramente sarò di parte ma nello stesso tempo è giusto che sia realistico. L’idrocarburo oggi è l’unico elemento che permette di soddisfare il fabbisogno mondiale dei nostri consumi. Il Gas è sempre un idrocarburo, forse tanti non lo sanno. Per questo quando mi dicono stop agli idrocarburi e avanti sul gas la frase mi fa sorridere. Ben vengano tutte le forme di energia che portano al completamento del mix energetico. Ma lo sfruttamento di tutte le risorse energetiche deve essere fatto con criterio. La Transizione non è uno stop al petrolio o al gas, altrimenti dovremmo chiudere le nostre aziende e tutti gli investimenti internazionali svanirebbero a stretto giro. La Transizione è innovazione di processo, un processo industriale più pulito ed ecosostenibile, creando una connessione delle diverse forme di energia per portare obiettivi immediati come maggiore pulizia dell’aria, minori emissioni in atmosfera e vantaggio economico- industriali per tutti i settori energetici. È giusto però anche dire che se le istituzioni vogliono che le nostre aziende investano sempre più in processi innovativi di Transizione energetica, abbiamo bisogno di leggi e regole certe e chiare, perché i nostri investimenti non possono viaggiare con gli slogan politici, ma con la concretezza.

Aggiornato il 17 giugno 2021 alle ore 12:19