Circa quindici anni fa si riuniva a Parigi il G20 delle banche. L’occasione si rivelava ghiotta perché Wolfgang Schauble (banchiere e ministro tedesco delle finanze) chiedesse a che punto fosse la svendita dell’Italia, ovvero la promessa di cessione d’imprese e patrimoni italiani che funse da architrave alla Seconda Repubblica: i politici nati da quel compromesso hanno siglato la vendita di Autostrade, il contratto Ilva e quello Whirlpool (favorendo i Merloni).

In onore alle premesse, il secondo mandato al premier Giuseppe Conte sarebbe scaturito dall'accordo geopolitico Trump-Macron (la famigerata spartizione dell'Italia, alla Francia poteri finanziari nel Bel paese ed agli Usa la conferma sull'uso logistico militare dello Stivale). Ne discende che l’autorità di governo non risponda alle regole della democrazia, ma unicamente ai fabbisogni di politica finanziaria dei colonizzatori. In quest'ottica l'elettorato italiano subisce l'invenzione che esista un "rischio Italia": ovviamente un rischio tutto finanziario, costruito a tavolino dalle multinazionali della speculazione, le stesse che ora vorrebbero usare le regole europee per dirci che "il debito italiano va ristrutturato abbassando la qualità della vita dei contribuenti".

Eppure nelle economie più avanzate il debito dello stato viene internazionalmente accettato come sicuro: bocciare quello italiano significa accusare l'Italia d'inciviltà economica. Significa dire che Germania e dintorni sarebbero finanziariamente più civili dello Stivale, negando di fatto i principi costitutivi dell’Unione europea. Così non dovrebbe essere. Perché, se fosse effettiva l'unificazione europea, i bilanci della banca centrale e l’autorità fiscale Ue dovrebbero rendere uguali a zero i rischi di debito dei singoli Paesi dell'Unione, inibendo qualsivoglia atto di rating speculativo su risorse e patrimoni di ogni Paese membro.

L’aver concentrato (o delegato) ai banchieri la politica fiscale dell’Ue ha creato una struttura europea con una banca centrale e ben diciannove differenti autorità fiscali: scaturisce da questo gioco perverso che i Paesi membri non assumano la responsabilità per il debito degli stessi aderenti all’Ue, permettendo alla Banca centrale europea d’attenersi al punto del Trattato di Maastricht che vieta “il “finanziamento monetario” e l’acquisto del debito degli stati europei. Una trovata geniale, che permette d’accusare i Paesi mediterranei di “rischio di credito”, parimenti di far giocare l’asse bancario franco-tedesco con le economie avanzate, ma escludendo Italia, Grecia, Portogallo e Cipro. Da questo gioco si sono tirati fuori i Paesi di Visegrád ed in parte anche la Spagna.

L’eurozona è stata costruita deliberatamente nel nome delle differenziazione tra i debiti sovrani dell’eurozona, ponendo Germania, Francia e Paesi Bassi e Scandinavia come validi e gli altri come colpevoli di scarsa sostenibilità bancaria (malpagatori), fiscale (evasori fiscali) e giudiziaria (accantonamento di patrimoni di provenienza mafiosa).

La fotografia di oggi è chiara: l’Italia deve sopportare politiche di riduzione della circolazione della moneta, mentre la Germania è stata condannata all’iperliquidità (l’“asset inflation”), ovvero eccessivo afflusso di liquidità monetaria. I tedeschi devono avere tanti soldi e non possono prestarli ai Paesi più poveri dell’Ue ma solo investirli sul mercato occidentale dei capitali e degli investimenti finanziari: ecco perché i risparmi degli italiani non vengono prestati dalle banche del Bel paese a chi lavora nello Stivale, invece finiscono nelle linee di credito delle imprese centro e nordeuropee.

Ne deriva che la cosiddetta Trojka deve imporre più sacrifici a Grecia ed Italia, parimenti consigliare alle politiche nordeuropee maggiori investimenti nella qualità della vita. Una politica sterile, che nel medio periodo già aziona leve stagflazioniste in Italia (recessione e povertà diffusa) ed espansive nell’areale d’influenza franco-tedesco. Ma anche all’interno di Francia e Germania c’è del malcontento, gilet gialli e movimenti anarchici tedeschi si sono fortificati perché la povertà irreversibile tocca milioni di francesi e tedeschi: il fenomeno di fatto non è arginabile, e perché l’Ue non prevede l’aiuto lavorativo e fiscale teorizzato in “Comunità” da Adriano Olivetti.

Di fatto al G20 dei banchieri non interessa lavorare alla sostenibilità del debito pubblico di Paesi come l’Italia, bensì mettere sale e pepe sulle politiche italiane perché vengano alienati patrimoni pubblici e privati, relegando il Bel paese alle marginali politiche di povertà sostenibile: ecco che la Trojka assurge a malevolo amministratore di sostegno, spogliando patrimonialmente e redditualmente il soggetto come s’usa fare con l’incapace d’intendere e di volere. Questa scelta assassina è peculiarità istituzionale della Bce, che galleggia su un trattato che assevera l’assenza di garanzie da parte della Banca centrale (eppure emette moneta).

Queste regole permettono (impunemente) alle multinazionali speculative di organizzare “shock recessivi”, utili a determinare le crisi finanziarie italiane, le stesse che servono a convincere gli abitanti del Bel paese a svendere patrimoni e bruciare risparmi. Una logica di conquista che i dirigenti di Deutsche Bank hanno voluto sin dal sorgere di Maastricht. Ecco dove nascono i timori sulla classe dirigente (e politica) italiana: l’attenzione sull’Italia si fortifica poi con la caduta della Prima Repubblica, e per inserire nel sistema italiano gente capace d’esigere il sacrificio del risparmio (del sistema bancario) evitando chirurgicamente che non possa nascere un politico italiano che chieda lumi ad Ue e Bce sui bilanci degli istituti tedeschi e francesi. Così è stata costruita la colossale montatura che imputa all’Italia d’essere il pericolo finanziario che destabilizza l’Ue.

Mes: Meccanismo europeo di stabilità

Il Mes è l’inganno utile ad azzerare il risparmio italiano. Ogni decisione di fornire sostegno alla stabilità attraverso il Mes passa attraverso l’analisi della sostenibilità del debito (Dsa) del Paese membro. In teoria il Mes dovrebbe avere un ruolo cardine nella progettazione (e monitoraggio) dei programmi economici, e in stretta collaborazione con la Commissione di Bruxelles e in collegamento con la Bce: la favola del compromesso base tra la Commissione e il Mes. Sulla carta valuterebbe la situazione economica generale negli stati membri, contribuendo alla prevenzione delle crisi: dovrebbe teoricamente avvenire senza duplicare il ruolo prevaricatore della Commissione e nel pieno rispetto dei trattati. Ma il Mes può facilitare il dialogo tra Paesi membri e investitori privati (seguendo la prassi del Fondo monetario internazionale)?

Qui parte il trucchetto. Ogni qualvolta uno stato membro richiede l’assistenza finanziaria del Mes, di fatto richiedere l’assistenza finanziaria dell’Fmi, facendo scattare le misure che strozzano l’economia ed il credito ai cittadini. Tutto si consuma in palese violazione della Costituzione italiana. Sembra che la Carta Costituzionale italiana non abbia mai avuto peso nei trattati economici Ue degli ultimi trent’anni: ma l’Italia s’è limitata ad aderirvi in conformità dell’articolo 11 della Costituzione. Anche se un’adesione ai trattati europei conforme all’art.11 non è mai stata in agenda: l’allora premier Giuliano Amato tacque, e dopo più di dieci anni ammise d’aver piegato (violato) la Costituzione agli interessi dell’asse franco-tedesco. La Costituzione del 1948 non prevede l’abolizione della sovranità monetaria, perché l’assenza di moneta del popolo spendibile al portatore è strumento utile alla restaurazione antidemocratica.

Qui è lecito spezzare una parte della lancia a favore di Mario Draghi, perché la sua presidenza della Bce non ha solo salvato l’eurozona, ma ha tentato (forse invano) di salvare i sistemi bancari dell’eurozona non gradita all’asse franco-tedesco: operazione solo in minima parte riuscita col Quantitative easing.

Per dirla alla Stiglitz “il salvataggio essenzialmente dell’intero sistema finanziario tedesco deve essere comunque effettuato ed a discapito di Italia e Grecia”. Il genio Mario Draghi ha pagato la sua italianità: perché l’Italia è estranea alle politiche deflattive che i tedeschi impongono all’intera eurozona e per trascinarla nell’irreversibile mercantilismo delle norme Ue su commercio ed artigianato. Di fatto il Mes s’insinua negli stati con la scusa della ristrutturazione del debito pubblico, e poi mira alla ristrutturazione sociale italiana: uno sconvolgimento ordinamentale e dunque costituzionale. Ma quell’estremo baluardo che dovrebbe essere l’istituzione parlamentare si piega ad imporci povertà sostenibile, povertà irreversibile, obblighi consumistici a riguardo di vetture, lavatrici, caldaie, calorimetri ai termosifoni, controlli pubblici energetici alle nostre abitazioni, chiusura d’attività manifatturiere... La Repubblica dovrebbe tutelare l’intangibilità del modello costituzionale che garantisce la tutela dei diritti essenziali dei cittadini, scongiurando squilibri e disparità socio-economiche. I padri costituenti non avrebbero mai voluto che i tedeschi c’imponessero la povertà irreversibile.

Aggiornato il 25 novembre 2019 alle ore 09:31