Per l’amor del cielo, fate fallire l’Alitalia

Come un amarcord glitterato si ripropone al botteghino della politica italiana il colossal Alitalia. Stesse questioni, stesse inveterate deficienze strutturali, cambiano i protagonisti e cambiano i numeri sempre inevitabilmente in rosso. Riparte, come in un grande capolavoro restaurato, la litania dei sindacati, dei tagli, dei lavoratori sulle barricate per difendere la compagnia aerea dal fallimento dell’ennesimo management a cui francamente si è chiesto di tenere in piedi la baracca fino a un altro maldestro intervento dello Stato.

Salvare Alitalia è definitivamente una missione impossibile, stando alle regole del mercato, a meno di non lasciare ampi margini di manovrabilità a un management che dovrebbe confrontarsi con un debito monstre e una perdita di 400 milioni di euro nel solo 2016. Chiedere a un management di salvare la compagnia e poi legargli le mani chiedendo un piano industriale che salvaguardi dipendenti e natura della compagnia è di fatto, oggi come tre anni fa, un’utopia a cui solo sindacati e la politica statalista un po’ codarda può credere.

Alitalia ha per troppo tempo vissuto in un limbo senza mai tentare di adeguarsi a un mercato rivoluzionato dall’intervento di attori competitivi le cui strategie d’impresa e i costi sono infinitamente incomparabili. Prova ne siano le condizioni dei contratti di lavoro dei dipendenti, difficilmente sostenibili anche da una compagnia a pieno regime, insostenibili per una compagnia oramai decotta da un decennio. Oggi ci si propone ancora l’ennesimo intervento di Stato, ostinatamente diretto a fermare l’unica regola che conta e che serve al mercato: la concorrenza.

È arrivato il momento di rassegnarsi e lasciare Alitalia al suo destino. Il mercato ne gioverebbe lasciando spazio ad attori più capaci, in grado di offrire al Paese e alla sua industria turistica vettori competitivi e di riassorbire i lavoratori che oggi protestano per salvare una società che alle loro spalle è già fallita da tempo.

Aggiornato il 04 maggio 2017 alle ore 18:03