La Deutsche Bank sarà nazionalizzata?

Qualche giorno fa, Angela Merkel si è affrettata a dire che il governo tedesco non salverà la Deutsche Bank (Db). E allora chi la dovrebbe salvare? Dall’interno gli azionisti, i creditori e i depositanti? Evidentemente la cancelliera tedesca, come tutti i politici quando affrontano problemi finanziari, non sanno di cosa parlano. L’undicesima banca del mondo non è una banca qualsiasi. Il bilancio della Deutsche Bank ha una dimensione pari al 50 per cento del bilancio tedesco e, cosa che soprattutto sfugge alla Merkel, è che la Db è il maggior centro di clearing europeo di derivati (Central Counterparty Clearing House).

Ciò significa che la Db svolge in Europa, come cassa di compensazione e garanzia, il ruolo di controparte nelle transazioni tra ogni compratore e venditore di derivati, garantendo la copertura delle perdite in caso di inadempienza di una delle parti. Gli investitori in derivati, rappresentati dagli hedge funds aderenti alla cassa di compensazione, le cedono in massa i contratti stipulati. Gli aderenti sono obbligati a depositare presso la clearing house a titolo di garanzia, il “margine di garanzia”, rappresentato da una somma di denaro ma, più spesso, da obbligazioni governative primarie come bund tedeschi o bond statunitensi. I bond, quindi, “collateralizzano” i derivati. Questi ultimi sono in gran parte quei credit default swap (cds) che hanno fatto fallire la Lehman Brothers nel settembre di otto anni fa, ossia i contratti di assicurazione stipulati per coprirsi contro il rischio di default delle obbligazioni subprime.

Pertanto, qui, diversamente da quello che crede la Merkel, si è di fronte a un problema che va ben oltre quello di illiquidità che potrebbe essere risolto con un bail-in. Se fallisce la Deutsche Bank vanno a gambe all’aria, clearing house, bond e derivati stessi. Il problema è globale, non tedesco. Se la Db implodesse non potrebbe più esercitare il clearing e gli hedge fund, probabilmente, dovrebbero trasferirsi in massa nella piazza di Londra. Ma, allora, quali sarebbero le implicazioni stante il Brexit in corso? Questi sono i principali problemi che rendono impraticabile il bail-in. Il governo tedesco sarebbe pertanto “forzato” a intervenire per evitare l’implosione di tutto il mercato finanziario. Nel momento in cui scriviamo la quotazione azionaria della Db si aggira sugli 11 euro. Se le azioni dovessero scendere al di sotto dei 9 euro, significherebbe che il mercato richiede il salvataggio della banca e il governo tedesco dovrebbe annunciarne la nazionalizzazione e salvare “temporaneamente” la situazione. Sì, perché il salvataggio della più grande banca tedesca non risolverebbe il problema di un sistema definitivamente danneggiato dal debito e da quel ciclo di rinvii all’infinito della resa dei conti attivato dalle banche centrali, che continuerebbe ancora per un po’ ma con una differenza: non sarebbe più possibile nascondere che la situazione generale è irrevocabilmente compromessa. Sulla scia di quello tedesco gli altri governi, soprattutto quelli della periferia europea, richiederebbero lo stesso intervento a favore delle proprie banche e inizierebbe lo smantellamento dell’Euro.

Ma come mai la situazione si è avvitata nel settore bancario? Perché il problema di solvibilità creato dall’aumento dell’indebitamento e dalla bassa qualità degli attivi bancari è gravemente peggiorato a seguito dell’imposizione dei tassi negativi da parte della Banca centrale europea.

Nel corso di una riunione a porte chiuse presso il Parlamento tedesco, il presidente della Bce, Mario Draghi, si è rifiutato di rispondere alle domande sulla situazione della Deutsche Bank, ma successivamente, in una conversazione con i giornalisti, ha negato che i tassi di interesse negativi siano la causa delle difficoltà della banca e del sistema finanziario tedesco. Manco a farlo apposta, dopo questa dichiarazione, la Commerzbank, la seconda banca della Germania, ha annunciato il taglio di più di 9mila posti di lavoro per cercare disperatamente di puntellare la propria attività compromessa dagli ultra-bassi tassi di interesse.

Comunque, a smentire Draghi basta visualizzare il grafico dell’Euro Stoxx Banks Index, che rileva l’andamento azionario delle 26 principali banche europee e dal quale risulta chiaramente che è crollato del 42 per cento a partire dal 2014, cioè proprio da quando la Bce ha adottato i tassi di interesse negativi. Ormai i tassi negativi si stanno propagando come un virus: più di 13 trilioni di dollari di bond hanno rendimenti negativi e il 30 per cento circola in Europa. Poiché il 60 per cento dei margini delle banche è costituito dal reddito da interessi, finché resteranno negativi, le quotazioni azionare tenderanno allo zero creando l’aspettativa non solo dell’implosione della Deutsche Bank e di tutte le banche europee ma anche di quello dell’intero sistema finanziario. E da qui, purtroppo, l’implosione si estenderebbe all’economia reale, alle politiche nazionali nonché alle relazioni geopolitiche.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:25