Startup innovative, i dati di InfoCamere

Startup, pubblicato il report pubblicato il 27 aprile da InfoCamere relativo il primo trimestre 2016: sono cresciute di 296 unità le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro imprese, ai sensi del decreto legge 179/2012. Sono complessivamente 5.439, il 5,8 per cento in più rispetto al dicembre 2015. Numeri in crescita che sottolineano come innovazione e nuova imprenditorialità stanno, seppur lentamente, prendendo sempre più quote di mercato.

Lombardia sempre in testa, con le 1.183 iscritte. Milano è la provincia che in assoluto ne ospita il numero maggiore: 802, il 14,8 per cento del totale. Seguono Roma, con circa la metà, 475 unità, Torino con 273 startup iscritte, Napoli e Bologna con rispettivamente 172 e 154. Oltre 100 le startup iscritte anche a Firenze, Modena, Trento, Bari e Brescia.

Si conferma il terziario il settore in cui opera oltre il 70 per cento delle startup innovative, con servizi in favore delle imprese prevalentemente in ambito informatico e produzione software; in crescita sensibile le aziende che svolgono attività di ricerca e sviluppo in favore di altre imprese; dato che si presume abbia ulteriore margine di miglioramento. Quasi pari al 19 per cento del totale sono le startup operanti in settori industriali e, primo tra tutti, la produzione di hardware, specificatamente computer, prodotti elettronici ed ottici, mentre seguono la fabbricazione di macchinari e la fabbricazione di apparecchiature elettriche.

Rispetto alle società di capitali, in cui la prevalenza femminile nella compagine sociale è pari al 16,7 per cento, le innovative sono 730, il 13,4 per cento del totale, dato in ogni caso in crescita.

Sicuramente le startup innovative sono e rimangono, stando ai dati contenuti nel report, appannaggio dei più giovani, ben 1.207 la cui compagine è composta da giovani under 35, prevalenza pari al quadruplo se rapportate alle società di capitali. Quasi il 40 per cento delle startup innovative presentano una compagine sociale con almeno un giovane. In termini occupazionali, invece, le startup innovative con dipendenti, che sono 2.261 (circa il 4 per cento del totale) impiegano a fine dicembre 2015 ben 6.524 persone, quasi 3 dipendenti per ogni impresa, dato incrementato del 21,9% se rapportato alle rilevazioni Inps del trimestre precedente (settembre 2015). Contrariamente a quanto spesso ipotizzato le startup innovative si mostrano come uno strumento in grado di produrre valore e contribuire alla formazione di nuovo impiego.

Nel primo trimestre 2016 è cresciuto anche il numero dei soci che partecipa nelle startup innovative, 1.161 unità in più rispetto al dicembre 2015 (+5,8 per cento) per complessivi 21.118 soci, per i quali si ipotizza un coinvolgimento diretto nell’attività d’impresa. Circa il 50 per cento delle società è presentata da 3 soci, mentre la media è di 4 soci a società.

Le società di cui si dispone del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2014 sono circa 2.821 imprese e concorrono ad una produzione complessiva pari a 328 milioni di euro, con reddito negativo per poco più di 61 milioni di euro ma con un elevato grado di immobilizzazioni sull’attivo patrimoniale, con un rapporto quasi di cinque volte il valore di media per le società di capitali.

Pur rimanendo molto elevata la percentuale delle startup innovative che a dicembre 2014 chiudevano il proprio esercizio registrando una perdita, oltre al 50 per cento del totale, va considerato che la maggior parte delle startup basano il proprio core business nell’attività di ricerca e sviluppo del proprio progetto e, pertanto, adottano un modello di crescita non veloce bensì sostenibile. Infatti, per i primi due esercizi la startup innovativa è tendenzialmente concentrata nello sviluppo progettuale, nel promuovere tutte le azioni utili e necessarie a poter accrescere il proprio valore tanto in termini di prodotto quanto di servizi al fine di poter divenire più competitiva.

Tra le criticità che la startup deve affrontare nella propria fase di avvio rimane sicuramente preponderante la difficoltà di accesso al credito, determinando così un rallentamento tanto alla fase di sviluppo quanto alla fase di crescita del progetto stesso. Con l’adozione del nuovo regolamento Consob sicuramente si rende l’accesso a nuove forme di finanza come l’Equity Crowdfunding più semplice. L’intento è indubbiamente di favorirne la diffusione che, purtroppo, trova ora quale elemento ostativo nella chiusura culturale, nel nostro Paese sentita maggiormente rispetto ad altri, dovuta prettamente ad una scarsa conoscenza della materia.

Sono in tutto 19 le piattaforme di Equity Crowdfunding presenti in Italia, ma solo 11 di questi portali possono pregiarsi di aver avuto almeno una campagna all’attivo e, purtroppo, solo 10 di queste con una raccolta di investimenti conclusa. Volendo inquadrare il tema con un approccio più positivo basta soffermarsi sui dati delle compagne concluse che registrano, infatti, una raccolta di capitale decisamente al di sopra degli obiettivi previsti pari ad Euro 4.064.933 tra le diverse campagne. La raccolta complessiva è stata di Euro 7.889.983, rispettivamente pari al 195 per cento delle aspettative.

Rimane quindi auspicabile un rapido abbattimento di questa barriera allo scopo di favorire la diffusione di questi strumenti che sono determinanti tanto nello sviluppo del progetto quanto nel favorire la nascita di nuove imprese caratterizzate da un elevato valore tecnologico, seppur consapevoli che l’Italia rimane tuttavia un territorio non del tutto favorevole per fare impresa, pur potendo beneficiare delle agevolazioni fiscali tanto per il credito d’imposta quanto per il patent box, legge 190/2014 in materia di defiscalizzazione dei redditi prodotti medianti l’impiego di beni immateriali, nell’ultimo caso e agevolando i costi sostenuti per le attività di ricerca e sviluppo nel primo.

La startup innovativa, proprio grazie alle agevolazioni che il legislatore ha riservato a questo modello di impresa al mero scopo di favorirne la crescita, è data dalla possibilità di sfruttare nell’acquisto dei servizi che contribuiranno allo sviluppo del progetto, il cosiddetto Work For Equity, ossia determinare il corrispettivo dovuto al fornitore non mediante denaro ma tramite partecipazione in equity direttamente nella società. Questa modalità, seppur di recente introduzione, è molto apprezzata proprio perché non appesantisce la società in termini di fabbisogno di liquidità non condizionandone di conseguenza lo sviluppo che non subirà variazioni in termini di time planning.

Con il report del secondo trimestre verranno pubblicati anche i dati di chiusura dell’esercizio 2015 che, si auspica, possano essere più confortevoli per le startup innovative rispetto all’esercizio precedente e sarà interessante capire come queste imprese hanno acquistato debito per lo sviluppo del proprio progetto, se tramite aperture di capitale o direttamente tramite istituti di credito che, sempre più, stanno destinando risorse e fondi in favore di questo modello di impresa.

(*) Fondazione 2015

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23