Con il lepenismo  andiamo a sbattere

C’è chi sostiene che l’asse Salvini/Meloni, che si sta sperimentando nelle elezioni comunali di Roma, rappresenti la prova generale per un grande partito lepenista di respiro nazionale.

Ora, al di là dei sondaggi del momento, i quali non sembrano arridere a questa sorta di Lega italiana, c’è comunque un elemento di pura follia politica alla base di chi si ispira sempre più fortemente all’impostazione della signora Marine Le Pen. Mi riferisco ovviamente a quella che sembra rappresentare la principale opzione di codesta destra populista: l’uscita dalla moneta unica con un “trionfale” ritorno ad una valuta nazionale.

Su tale piano, come ho avuto più volte l’opportunità di scrivere su queste pagine, è bene che gli italiani siano resi il più possibile edotti circa le conseguenze, a mio avviso catastrofiche, di una simile scelta. In primis, i cosiddetti mercati finanziari, che nella fattispecie costituiscono tutti quei soggetti che, grazie ai loro prestiti, consentono ad un Paese indebitato come il nostro di reggersi in piedi in virtù di tassi molto bassi, verrebbero scossi da un’ondata di sfiducia nei confronti dell’Italia. Ciò accadrebbe essenzialmente perché, usciti dall’ombrello protettivo della Banca centrale europea, la neo-liretta consentirebbe ai governanti nazionali, attuali e futuri, di utilizzare in modo indiscriminato la stampa di moneta per coprire la tradizionale sconsideratezza finanziaria della classe politica italiota. Tutto questo, in soldoni, provocherebbe un repentino rialzo dei tassi d’interesse, innescando una spirale inflazionistica simile a quella che ha funestato l’esistenza di nazioni come l’Argentina e il Venezuela, queste ultime ben più ricche di noi sul piano delle risorse naturali.

D’altro canto l’Italia, Paese che si ostina a vivere sopra le proprie possibilità produttive, cammina costantemente sull’orlo del baratro, presentando una evidente condizione di squilibrio che si è ancor più aggravata con l’avvento dei renziani al potere. Ed è per questo che una proposta politica alternativa agli irresponsabili keynesiani che occupano la stanza dei bottoni non può basarsi su una linea ancor più irresponsabile come quella di proporre, al pari dei populisti a Cinque Stelle, il ritorno tout court nel mare magnum delle incontrollabili fluttuazioni valutarie. A meno che non si voglia interpretare il comodo ruolo di oppositore di professione in servizio attivo permanente. Allora anche le pericolose illusioni monetarie ispirate dal consigliere economico Claudio Borghi possono apparire plausibili.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:26