Matteo Renzi statalizza pure il Monte Paschi

La sinistra politica “funziona” così, nel caso delle banche. I guadagni sono dei singoli nominati da loro, dal pd, mentre i debiti, le incapacità, la spazzatura la collettivizzano rifilandola allo Stato, a nostre spese. Si guardi al caso del Monte dei Paschi di Siena che in tre anni ha bruciato la bellezza di oltre dieci miliardi di euro. Ammesso ce ne fosse stato bisogno, Mps è l’ennesima prova che l’accoppiata banca-politica di sinistra è garanzia sicura di incapacità, di scadente qualità del credito e in sostanza di totale mala gestione. Come molte banche popolari, la degenerazione del Monte dei Paschi di Siena in quanto banca legata a filo doppio alla politica locale targata pd, è evidente.

Solo da ultimo Mps ha avuto perdite nell’esercizio per più di cinque miliardi di euro dopo le “rettifiche sui crediti” per otto miliardi, il Banco popolare ha perso due miliardi a fronte di oltre tre miliardi di “rettifiche sui crediti”, e il Credito valtellinese ha accumulato oltre trecento milioni di perdite. Mentre nuovi atti giudiziari raggiungono i vertici di Ubi Banca, la Banca d’Italia ha proceduto con il commissariamento di Banca Etruria in Boschi per problemi patrimoniali legati, guarda caso, a “consistenti rettifiche sui crediti”.
 Se il settore creditizio, con le misure prese dalla Banca centrale europea di Draghi, deve fare da volano alla ripresa dell’economia italiana, non siamo messi certo bene.

Il piano quantitative easing, cioè l’iniezione di liquidità che la Banca centrale europea da marzo 2015 si appresta ad attuare per spingere l’economia reale, deve passare infatti proprio dal sistema creditizio per provare a raggiungere il suo obiettivo che è la riemersione dalla deflazione nell’Eurozona. Degenerazioni come quella di Mps e delle banche più piccole popolari, storicamente gestite dalla politica locale della sinistra pd, sono garanzia di capitali – nostri - in fumo e disastri economici, e umani. Adesso Renzi vuole fare la bad bank con i soldi pubblici, cioè la banca pattumiera o spazzatura con i nostri soldi, e sempre gestita da lui e i suoi incapaci di sinistra. In attesa che ciò si concretizzi, gran parte del sistema bancario si sta in ogni caso facendo la propria di pattumiera, in casa, accumulando perdite record su crediti concessi nel passato e che adesso non riescono più a esigere dai clienti.

Ecco dunque la resa di Monte dei Paschi di Siena, lo Stato entra nel capitale. Da luglio 2015 il ministero del Tesoro sarà infatti azionista con il dieci per cento e incasserà interessi in titoli per 243 milioni sui Monti bond. In altre parole ecco cioè che a scendere in campo per il Monte dei Paschi di Siena sarà direttamente lo Stato. A più di venti anni dall’avvio delle privatizzazioni bancarie, processo che è passato anche attraverso la costituzione delle fondazioni, gli enti pubblici ritornano in auge. Quando qualcuno ha pensato a Renzi come a un riformatore, dovrà adesso prendere atto di quando sia un falso riformatore e imbroglione patentato dato che statalizza forsennatamente condannando gli italiani a una tassazione sempre più alta per pagare le incapacità dei sinistrorsi al potere. Tecnicamente il Tesoro entrerà nel capitale di Mps, l’istituto politicamente più schierato di sinistra, diventandone uno degli azionisti di riferimento.

Si tratta del ritorno dello Stato nel capitale dei gruppi finanziari, o meglio della sua immissione d’imperio e contro la volontà degli italiani, nel capitale delle banche disastrosamente gestite, attualmente in crisi e che il mercato lascerebbe fallire ed estinguere. Ma gli stipendi di chi ha fatto danni li abbiamo pagati. Dopo aver visto bene come quelli del pd non sanno amministrare, adesso si “pappano” anche lo Stato dentro le loro banche fallite. Mps, nonostante i soldi a iosa concessi per tentarne il rilancio, nonostante la valanga di aumenti di capitale cospicui, non è mai riuscita a riemergere né dalla crisi nè dagli scandali degli ultimi anni e adesso, “grazie” al governo “amico” Renzi, illegittimo quanto incapace, dopo l'ennesimo esercizio chiuso in profondo rosso, si procede con l'ingresso nel capitale del ministero dell'economia, chiamando lo Stato “paparino” ad aiutare con i soldi di tutti, specificamente attraverso la conversione in azioni degli interessi sui Monti bond in scadenza a luglio.

Con il prestito dato dallo Stato nel 2013 quando era al governo, il primo governo non eletto di Napolitano, Mario Monti, sono stati dati circa quattro miliardi di euro in cosiddetti Monti bond di cui oggi più di un miliardo circa è ancora in portafoglio al Monte. Con essi è stato previsto il pagamento degli interessi in titoli qualora la banca chiuda l'anno in perdita, come è puntualmente avvenuto con il bilancio 2014 su cui Mps ha registrato, dopo rettifiche e svalutazioni per quasi otto miliardi, il rosso da record di oltre cinque miliardi di euro. Nel 2014 la nazionalizzazione della banca era stata evitata, nonostante il rosso da oltre un miliardo e mezzo sul 2013. A luglio 2015 Mps dovrà pagare allo Stato una cedola di 243 milioni maturati sui Monti bond – specificamente per sei mesi su 4,07 miliardi e per l'intero 2014 sul miliardo rimasto dopo il rimborso dei tre miliardi di Monti bond - che, data la perdita da record registrata sul 2014, verrà liquidata in azioni. La cedola di 243 milioni equivale al dieci per cento circa del capitale attuale di Mps.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23