Recidere i legami  tra politica e banche

Nella Legge di stabilità di Renzi (che non c’è perché è solo un documento programmatico. Anche la legge di stabilità è un imbroglio, allo stesso modo di come Renzi è presidente del consiglio) non c’è nessuna liberalizzazione, privatizzazione e spending review. A parole liberale, nei fatti statalista. L’Italia ha bisogno di produttività e Renzi tassa cittadini e imprese italiani peggio di prima.

Quando i servizi pubblici sono privatizzati, con aziende quotate in borsa e senza pubbliche sovvenzioni, i contratti di lavoro aziendali prevalgono su quelli nazionali e sono orientati alla produttività, dunque le imprese possono ricorrere a part time, lavoro flessibile cosiddetto precario e a partite Iva, e lo sciopero nei servizi pubblici lo si fa solo in casi estremi e circoscritti. Questo perché il lavoratore sarà al servizio del pubblico e non viceversa. Solo così il suo posto di lavoro “regge” e la sua retribuzione è basata sul risultato di mercato. Non si tratta quindi tanto di limitare lo sciopero dei pubblici servizi, quanto di privatizzare i servizi pubblici, dalle ferrovie, alle poste, alle migliaia di imprese di comuni e regioni e di recidere i legami tra politica, imprese e banche.

Questo è il punto fondamentale in Italia e per l’Italia. Privatizzare i servizi pubblici e recidere i legami tra politica, imprese e banche. Si guardi alle banche rosse che affossano l’Italia. Monte dei Paschi di Siena e Cassa di risparmio di Genova hanno fallito gli stress test della Banca centrale europea. Dopo i soldi che Monti, facendo pagare l’Imu agli italiani, ha regalato a Mps, adesso fallisce pure e non restituirà mai niente. E all’Imu, nel frattempo, Letta e Renzi, hanno aggiunto Tari e Tasu sul groppone degli italiani. A quelle banche mancano, pozzi senza fondo per lottizzazione e mala gestione, ben tre miliardi di capitale.

Monte dei Paschi di Siena e Cassa di Risparmio di Genova sono due banche nazionali che a dispetto delle regole e della crisi, sono rimaste sotto l’assoluto controllo e gestione da parte delle loro fondazioni solo sino a pochi mesi fa. Attraverso il sistema delle fondazioni, che sono l’espressione diretta di comuni, province e regioni, è sempre stata la politica (di sinistra) a condizionare quelle banche, operando non nell'interesse di tutti i loro azionisti e dei clienti, ma per quello di equilibri di potere di sinistra del tutto estranei all'impresa bancaria. E’ esemplificativo il caso del Monte dei Paschi di Siena, l'istituto di credito senese i cui vertici sono stati costantemente cooptati dalla politica locale di sinistra e quindi dai vertici del partito storicamente dominante, il Pd, ex Ds, ex Pds, ex Pci. Giuseppe Mussari, l'ex presidente oggi sotto processo, che nel 2007 ha deciso l’ antieconomica e fallimentare acquisizione di Antonveneta dal Banco di Santander per nove miliardi e che poi ha avallato le catastrofiche operazioni in derivati – era alla presidenza della fondazione del Monte dei Paschi di Siena, rappresentando l’emblema degli affari e degli accordi di sistema tra politica e finanza. In pratica in questa commistione tra politica, impresa e banca, appare certo che la politica di sinistra si paga con i soldi delle banche di riferimento e le imprese, come dimostrano i giri vorticosi di cariche (sempre degli stessi) di rappresentanti e uomini di sinistra. Scampati alle indagini di tangentopoli grazie al fatto che gli stessi giudici erano di quella parte politica (e con tutta probabilità dovevano la loro stessa entrata in magistratura e la carriera a quello schieramento politico), oggi esplodono, o meglio implodono per totale incapacità gestoria economica. Si tratta della sistematica spoliazione del patrimonio di tutti gli italiani ad opera e ad usum della sinistra aggrappata allo Stato (e ai soldi nostri). Gli stessi accordi e affari che pochi anni prima di Antonveneta e di Mussari avevano fatto saltare l'acquisizione della Bnl (ma Bnl non avrebbe più garantito al partito ex comunista poi ds poi pd di Siena il totale controllo della banca, quindi non se n’è fatto niente), con Antonveneta sono stati possibili e il risultato è stato: 12 miliardi bruciati negli ultimi sei anni e ancora ne mancano due. La fondazione, che in teoria sarebbe dei cittadini ma di fatto è totalmente inaccessibile, è passata dal 55 per cento al 2,5 per cento del capitale, ovvero da un patrimonio di oltre 30 miliardi a meno di 125 milioni (tutti soldi dati alla politica di sinistra? E sono pure riusciti a perdere contro Berlusconi?).

Per quanto riguarda la fondazione che fa capo alla Cassa di risparmio di Genova, è espressione anch’essa di giunte politiche di sinistra, avendo avuto e mantenendo il 46 per cento dal suo conferimento. Il direttore generale Giovanni Berneschi (direttore generale dal 1989 e amministratore delegato dal 2000 e presidente dal 2003) è stato arrestato con l'accusa di riciclaggio e favoreggiamento (qualche toga imparziale o solo in carriera dall’altra parte politica?), avendo gestito la banca come fosse sua e in sintonia con il sistema politico di sinistra di Genova (ad esempio distribuendo dividendi quando era inopportuno distribuirli). Le assicurazioni, gestite da Berneschi, sono costate un buco di un miliardo, tuttora esistente. Carige è appena stata ricapitalizzata per 800 milioni ma deve ancora trovarne altrettanti, mentre la fondazione, che fino al 2009-2010 aveva 4 miliardi di valore, oggi si ritrova con soli 120 milioni e alla vigilia di una ulteriore diluizione dall'attuale 12 per cento.

Si tratta di un sistema di intrecci di politica, imprese, banche e financo di giustizia, economicamente improduttivo (anzi, devastantemente fallimentare), che vizia l’intero mercato economico italiano ed il funzionamento della stessa nostra rappresentanza democratica, e che, affatto morto e sepolto, determina la sistematica spoliazione del patrimonio di tutti per il suo mantenimento, nefasto, in vita.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:25