La recessione non finirà nel 2012

Pubblichiamo uno stralcio del documento “Congiuntura flash Luglio 2012” elaborato dal Centro studi di Confindustria.

Lo scenario globale è ulteriormente peggiorato. E in Italia la diminuzione del PIL proseguirà: il secondo trimestre si è chiuso con tutti gli indicatori congiunturali in ribasso, soprattutto i nuovi ordini, annullando le probabilità di rilancio nella seconda metà dell’anno; c’è qualche timido segnale di rallentamento della flessione a partire dall’estate inoltrata. Quasi tutto ora dipende dall’evoluzione del quadro in Eurolandia, che sempre più appare intrappolata in una spirale depressiva, a causa non tanto di aggiustamenti ineluttabili (sgonfiamento delle bolle immobiliari, riduzione della leva delle banche, più parsimonia delle famiglie) quanto dell’incertezza e dei danni che la gestione europea della crisi provoca, tra l’altro con politiche di risanamento troppo restrittive. Partita dalla periferia, la contrazione dell’attività economica ha ormai coinvolto le economie core.

La BCE agisce in misura limitata sia con gli strumenti ordinari (tassi) sia con quelli straordinari (acquisto diretto di titoli di Stato), per vincoli politico-culturali più che istituzionali. Dall’Eurozona le onde recessive si allargano al resto del mondo, che di per sé non gode di ottima salute. La fragilità della ripresa degli USA è legata alla scarsa creazione di posti di lavoro, mentre l’edilizia residenziale ha iniziato a espandersi; grava l’incognita su come sarà gestita la riduzione automatica del deficit, attesa scattare il 1° gennaio 2013. I maggiori paesi emergenti non avanzano ai ritmi spediti di qualche trimestre fa e la frenata è evidente specie in Brasile. In Cina il passaggio dei poteri politici alla nuova leadership non agevola il varo immediato di stimoli alla spesa.

Ovunque si allentano le redini monetarie per rilanciare la domanda interna, ma senza tutta l’efficacia osservata in passato. Il ribasso del cambio dell’euro aiuta la competitività rispetto ai concorrenti che hanno monete agganciate al dollaro, ma ha origine maligna nell’estrema debolezza dell’Eurozona. I prezzi delle materie prime restano elevati, sostenuti dalla richiesta degli emergenti, e comprimono i margini delle imprese.

· In Italia il calo della produzione a giugno (-1,3% su maggio, stime CSC) ha portato a -1,7% la contrazione nel 2° trimestre (-0,6% trasmesso al 3°); andamento coerente con un’ulteriore diminuzione del PIL (-0,8% nel 1°). L’anticipatore OCSE arretra da aprile 2011 (-0,2% in maggio) e segnala il proseguire della recessione. · In giugno sono migliorate le attese su produzione (-5, da -8) e ordini (-2, da -6) ma resta forte il ritmo di contrazione indicato dalla componente ordini del PMI manifatturiero (41,9, da 40,3). La necessità di ricostituire le scorte, ritenute molto basse, potrà sostenere l’attività.

· Consumi giù: -0,9% l’indicatore ICC in maggio e -3,1% mensile le immatricolazioni di auto in giugno. Il saldo dei giudizi sulle condizioni per investire è sceso a -47,4 in giugno dal -26,1 di marzo; quello relativo alle previsioni sulle condizioni economiche generali è calato a -37,8 da -21,5. · Il commercio mondiale, dopo le flessioni di marzo e aprile, è aumentato in maggio del 2,5%, grazie agli emergenti. Ma in giugno gli ordini esteri globali (indagine PMI) sono risultati in contrazione più marcata (47,0 da 49,7), la più forte dal maggio 2009.

· Il calo dell’import in volume dei PIIGS (-2,0% a gennaiomaggio sui 5 mesi precedenti) contribuisce molto a frenare gli scambi mondiali (+1,5%, +2,1 netto Area euro).

· L’export italiano in quantità è aumentato in maggio dello 0,2% su aprile (dati destagionalizzati); invariati i prezzi alla produzione dei beni venduti all’estero. Nel 2° trimestre sono rimaste basse le attese sul fatturato estero (saldo a 3 da 4) e sono aumentati gli ostacoli alle esportazioni, specie l’accesso al credito, sempre più difficile.

· Sempre più rapida l’involuzione della congiuntura nell’Eurozona. Le misure finora adottate non riescono ad arrestare il peggioramento, anzi aumentano l’incertezza. Gli spread sono così saliti ancora e lo scudo nell’assetto attuale è inadeguato. La dilazione concessa alla Spagna per cogliere gli obiettivi di bilancio non cambia l’impostazione immediatamente restrittiva delle politiche di risanamento e non coniuga il rigore con la crescita.

· La domanda interna nei PIIGS è soffocata dal credit crunch e dalle violente riduzioni nei deficit pubblici, con ricadute che si irradiano visibilmente ai paesi core.

· L’indicatore composito di fiducia è diminuito in giugno di 0,6 punti, a 89,9 (-2,4 punti in maggio). Il PMI manifatturiero a luglio (44,1, da 45,1) è ai minimi da oltre tre anni e gli ordini anticipano ulteriori arretramenti dell’attività; la contrazione coinvolge la stessa Germania (43,3 da 45,0, minimo dal giugno 2009), dove l’indice di fiducia IFO è in caduta da tre mesi. Il PMI dei servizi è in zona recessiva (47,6 da 47,1) per il quinto mese consecutivo.

· Il credit crunch si accentua: in Italia a maggio i prestiti alle imprese sono scesi dello 0,7%, dopo il recupero di aprile che aveva interrotto sei mesi di cali consecutivi, e sono dell’1,8% sotto il livello di settembre 2011 (dati destagionalizzati). Il 32,9% delle imprese ha registrato condizioni di credito peggiori nel 2° trimestre e il 26,1% liquidità insufficiente per il 3°.

· I tassi sono alti: 3,7% a maggio, 4,7% per le PMI. Medie che nascondono costi proibitivi per molte aziende. Lo spread sull’Euribor a tre mesi è a livelli record: +3,0 punti a maggio (+4,0 per le PMI). Ciò nasce dalle difficoltà dei sistemi bancari: carenza di liquidità, raccolta onerosa, perdite su titoli, sofferenze su crediti, interbancario frammentato, deleveraging per rispettare i più alti ratio di capitale. Tali difficoltà sono maggiori nei paesi più colpiti dalla malagestione europea della crisi dei debiti pubblici; sono gravi soprattutto in Spagna. I fondi EFSM non bastano. Servono acquisti diretti e massicci di titoli pubblici e un’autentica unione bancaria.

· La BCE a luglio ha tagliato il tasso ufficiale allo 0,75% (dall’1,00%), accorciando il gap rispetto alle politiche più espansive seguite da altre Banche centrali. Ha lo spazio per ridurre ancora quel tasso, almeno fino allo 0,25%, che la FED sta praticando da ormai quattro anni.

· La BCE ha azzerato il tasso sulla deposit facility (dallo 0,25%). Non si è però sbloccato l’interbancario: le banche hanno trasferito i fondi al current account (balzato a 488 miliardi a metà luglio, da 96 a inizio mese), invece che prestarli ad altri istituti, famiglie e imprese.

· La Bank of England, con tasso di riferimento già allo 0,50%, ha deciso a luglio acquisti di titoli per altri 50 miliardi di sterline nei prossimi quattro mesi. La Bank of Korea ha abbassato i tassi di 25 punti base (al 3,0%), per la prima volta dal 2009. La Banca popolare cinese, con l’inflazione più bassa da due anni (+2,2% annuo in giugno), ha diminuito per la seconda volta in un mese il tasso sui prestiti (al 6,00%, dal 6,31%). Il Brasile ha ridotto per l’ottavo mese consecutivo il tasso ufficiale, portandolo al minimo storico dell’8,0% (dall’8,5%).

· Rallenta la ripresa USA, dove si fa sentire la crisi dell’Eurozona e grava il rischio del fiscal cliff, la riduzione automatica del deficit pubblico pari a 5,1 punti di PIL nel 2013. Il PMI manifatturiero ha registrato una contrazione dell’attività in giugno (49,7) per la prima volta dal luglio 2009. Nel 2o trimestre ha rallentato la produzione manifatturiera (+1,4% annuo, da +9,8% nel 1o).

· I posti di lavoro creati (75mila al mese nel 2° trimestre, da quasi 200mila nei due precedenti) non sono sufficienti a far scendere la disoccupazione, ferma all’8,2% in giugno. Il reddito personale è sostenuto dall’espansione delle ore lavorate (+0,3%) e dei salari orari (+0,2%), ma deludono i consumi (-0,5% le vendite al dettaglio). A giugno è scesa la fiducia dei consumatori (62,0, da 64,4).

· In fragile ripresa il mercato immobiliare: si è avviato un rialzo dei prezzi (+0,7% in aprile e marzo), che aiuta la ricchezza delle famiglie; in aumento i contratti già firmati (+5,9% a maggio); il calo di giugno delle vendite di case nuove (-8,4%) ed esistenti (-5,4%) corregge i rialzi dei mesi precedenti.

· Decelerano ancora i BRIC. L’anticipatore OCSE indica: rallentamento sotto il trend per la Cina e l’India e sopra il trend per la Russia; e una possibile inversione verso la crescita, ma sempre sotto il trend, per il Brasile.

· Nel 2° trimestre la Cina è cresciuta al ritmo più lento da inizio 2009 (+7,6% annuo, +1,8% sul 1° trimestre), risentendo della debolezza dell’export e dell’immobiliare. Segnali di frenata ancora in giugno: +9,5% annuo la produzione industriale (+10,5% in media da gennaio); +13,7% le vendite al dettaglio nominali, incremento minimo dal marzo 2009; brusca frenata dell’import (+6,3%, dal +12,7% in maggio), per la minor vivacità della domanda interna.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:20