Un'Europa federale per uscire dalla crisi

Non c'è euro senza Europa. Detta così sembrerebbe un'ovvietà. Eppure, se oggi l'euro subisce i contraccolpi della crisi e, anzi, si trova addirittura sull'orlo del baratro, è proprio perché non esiste una vera Europa alle sue spalle. Qualcosa che, parafrasando Metternich, vada oltre la mera "espressione geografica" e al tempo stesso superi la semplice unione monetaria e commerciale che, da sola, non è in grado di reggersi in piedi. Ne è fermamente convinto Guy Verhofstadt, presidente dei Liberali europei, già primo ministro belga e presidente del Consiglio Europeo.

«Questa crisi non è contro l'euro, ma dentro l'euro» dice Verhofstadt. «L'intero sistema non è sostenibile dall'interno, perché finisce sempre per risultare a favore di un paese membro e contro un altro paese membro». L'ex premier belga è un convinto federalista, ed è altrettanto convinto che senza un'Europa dalla marcata caratterizzazione politica tutti i provvedimenti che si adotteranno contro la crisi non potranno essere altro che semplici palliativi. «La crisi in Europa è innanzitutto una crisi politica: la crisi economica e quella finanziaria sono soltanto le normali conseguenze».

Verhofstadt cita spesso gli Stati Uniti. Non solo come modello al quale l'Europa dovrebbe ispirarsi, ma anche come risposta a chi si domanda perché Oltreoceano sia stato più facile mettere in moto quei meccanismi utili a uscire dalla crisi, mentre il Vecchio Continente non solo continua ad annaspare, ma teme addirittura per la sua stessa sopravvivenza. «Negli Usa è nato prima lo stato, poi il suo governo, e le sue istituzioni, e soltanto alla fine è nato il dollaro. In Europa, invece, abbiamo creato l'euro per poi accorgerci che ci mancava tutto il resto».

Ma che cosa cambia nell'avere o non avere uno stato alle spalle quando soffia il vento della crisi economica? La risposta, secondo Verhofstatd, sono le garanzie. Che non significa per forza avere qualcuno che "tappa i buchi" aperti da altri, ma vuol dire poter contare su un soggetto politico forte in grado di dare fiducia ai mercati. «Il Giappone ha un debito pubblico del 220%, e la California è sull'orlo della bancarotta. Perché mai allora situazioni come queste dovrebbero preoccupare meno delle condizioni di salute dell'Europa? Semplice: - spiega il liberale belga - perché se non esiste uno stato forte alle spalle, lo stato federale, nel caso della California, il sistema non regge».

Ma se l'Europa federale è ancora un'idea lontana, come può fare allora per uscire dalla crisi? Cominciando a comportarsi come uno stato. A partire dalle risorse economiche. «All'Europa servono dotazioni proprie» dice Verhofstadt, perché è impensabile dover negoziare anno dopo anno i contributi con ogni singolo stato, con ogni membro che gioca al ribasso in base a quanto ribassano gli altri. Per questo, spiega, «serve un'unione fiscale europea, serve pianificare la mutualizzazione del debito, ma soprattutto servono gli Eurobond». Perché? «Perché è l'unico modo per trovare le risorse necessarie a dare ossigeno alla crescita». Con gli Eurobond, dice il presidente dei liberali europei, avrebbero tutti da guadagnarci. Ci guadagnerebbe l'Italia, con cinque o sei miliardi di euro di investimenti; la Spagna, con circa due milioni; e persino la Germania, per la quale Verhofstadt prevede un guadagno tra i 200 e i 300mila euro. Bazzeccole, ok, se paragonate al vantaggio che ne trarrebbero i cosiddetti "Piigs", ma sicuramente la riprova che, se non altro, nessuno ci perderebbe un centesimo. Anzi. Per non scontentare davvero nessuno, Verhofstadt propone che anche sulla mutualizzazione del debito si introducano principi di merito mutuati dal sistema delle assicurazioni. Più l'assicurato è "sicuro", meno paga e «tutti quanti pagherebbero sensibilmente meno di quanto non paghino oggi». 

Del resto, o si fa così o si muore. Almeno ne è convintissimo lui. «L'Europa non ha "firewall" per arginare il contagio. L'uscita della Grecia dall'euro non è una soluzione praticabile, perché ise questo succedesse il contagio non farebbe altro che spostarsi verso il Portogallo, la Spagna e l'Italia. E non avremmo nessuno strumento per poterlo impedire». Catastrofismo? Non per Guy Verhofstadt, per il quale si tratta di semplice realismo:«Se non ci si muove in fretta in questa direzione, non ci resta nessuna alternativa: l'euro è destinato a scomparire. Sarà la fine della moneta unica».

Insomma, all'Europa serve più Europa. E non è un gioco di parole. E, se è per questo, non è nemmeno un gioco facile. Come far digerire l'idea non solo di un'Europa federale, ma anche soltanto di un Europa più forte ad un'opinione pubblica delusa e sempre più euroscettica? «Ci sono molti più europeisti convinti di quanto siamo portati a credere» assicura il leader dei liberali europei. «La più grande sfida alle elezioni del 2014 sarà proprio questa: convincere gli elettori che non serve meno Europa, ma solo un Europa diversa».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:31