Quando si parla di flessibilità in entrata dei lavoratori bisognerebbe leggere la storia, terribile di una precaria delle Poste Italiane come Roberta Lanzalonga che dal 5 settembre 2008 fin quasi alla fine del 2011 ha lavorato con tutta una serie di contratti di comodo, per il datore di lavoro, e alla fine è stata espulsa senza tanti scrupoli dalla catena lavorativa. La storia, come la racconta l'interessata, inizia quando la stessa sottoscrive un rapporto di lavoro come distributrice e smistatrice di corrispondenza per la Serv.es.s. s.a.s.
Singolare la lettera di assunzione del contratto cosiddetto a
progetto: «Premesso che la Serv.es.s. s.a.s. ha ottenuto nuovi
appalti per la provincia di Firenze, assumendo l'incarico per la
consegna e il ritiro di pacchi, posta e quant'altro, ricorrendo la
necessità di ampliamento della zona di influenza a tutta la Regione
Toscana, con acquisizione di nuovi clienti e potenziamento del
lavoro di ritiro pacchi con i clienti già acquisiti, a mezzo di
autocarri più capienti forniti dalla Società con la collaborazione
dei collaboratori a progetto che dovranno seguirli, occorre
la collaborazione di vari lavoratori autonomi che concorrano
all'effettuazione di questo programma.
L'incarico attribuito ai Collaboratori consiste pertanto, oltre
alle solite consegne/ritiri, nel fare opera di acquisizione di
nuovi potenziali clienti, oltre che offrire la massima
disponibilità verso quelli già acquisiti mettendo a loro
disposizione la propria professionalità ed esperienza, al fine di
aumentare il volume di spedizioni ed il conseguente fatturato nella
zona loro affidata. Il progetto prevede, entro i termini stabiliti,
la copertura capillare delle province assegnate, ed in particolare
Firenze, Prato, Pistoia, con la creazione di una macro-zona
operativa per la provincia di Pistoia».
La Lanzalonga descive così il proprio lavoro: «All'interno
dell'ufficio postale, situato al piano terreno, prendevo le
cassette gialle con la corrispondenza dei Grandi Utenti, in
precedenza smistate da personale di Poste Italiane, per metterle
nel carrello da portare all'esterno per essere caricate nella
ribalta dei furgoni; caricavo poi tutti i pacchi appoggio (in
precedenza preparati dai portalettere) presenti sulla pensilina
nell'apposito spazio riservato a ciascuno viaggetto e identificato
con un colore (un cartello di plastica attaccato lungo la stessa);
mi recavo nell'ufficio "sezione registrate" all'interno
dell'edificio di recapito dove prendevo in consegna le raccomandate
postali in precedenza smistate dal personale di Poste Italiane in
buchette (in casellari comuni con i portalettere) identificate con
il colore del viaggetto e un numero; in seguito dopo qualche mese,
ad ogni singolo viaggettista veniva consegnata sulla pensilina dai
portalettere la corrispondenza della zona di recapito assegnata ad
ognuno già pronta per essere recapitata; successivamente a tutte
queste mansioni dopo qualche mese, inizio a lavorare all'interno
dell'ufficio postale prendendo in carico la corrispondenza della
zona di recapito mix comune a tutti i viaggettisti Tnt applicati al
Cdp Vittoria con un viaggettista Poste Italiane messa in cassette o
in casellari.
Questi sono situati al centro della stanza, formati da tante
caselle o buchette, da una parte riempite dai ripartitori di Poste
Italiane (i quali suddividono la corrispondenza giunta dal Cmp) e
dall'altra venivano svuotate dai portalettere e dai viaggettisti
Tnt. Raccoglievo tutta la corrispondenza pesandola (per compilare e
firmare quotidianamente una relazione del "quintalaggio" lavorato)
e la portavo nella postazione di lavoro (composta da un tavolo con
sopra un blocco contenente più piani frammentati da piccoli
divisori verticali che identificano i singoli numeri civici delle
varie strade, cosiddetto casellario) identica a quella del
portalettere e comune fra un viaggettista Poste e tutti gli
operatori Tnt. A questo punto effettuavo la suddivisione della
corrispondenza e alla fine ognuno di noi raccoglieva la parte di
competenza e la preparava per la consegna. Fra le varie tipologie
di consegne effettuate si segnalano: posta non indirizzata, vaglia,
raccomandate veloci, atti giudiziari, cartelle esattoriali,
assicurate anche in grosse quantità, valori, servizi tipo "pick
up", pagine gialle e bianche ecc..».
In pratica alle Poste Italiane con questo scherzetto erano riusciti a creare una categoria di lavoratori atipici che svolgevano le stesse funzioni, pagati molto meno e senza prospettive di vita che svolgevano le stesse mansioni di quelli assunti regolarmente. Epilogo della vicenda? In prossimità dello scadere del periodo del progetto iniziano le prime pressioni in uscita con la complicità dei sindacati, gli stessi che vanno in piazza a difendere l'articolo 18. In particolare veniva reso noto un verbale di accordo fra Tnt Post Italia s.p.a. e i sindacati che prevedeva il prolungamento del rapporto lavorativo fino al 23 luglio (data di scadenza dell'appalto in questione) e la possibilità di sottoscrivere un "piano di sostegno all'occupazione", costituito da una buonuscita e dalla possibilità di entrare in una graduatoria per ottenere contratti a tempo determinato e non.
La signora Lanzalonga, come altre sei persone, rifiuta questa offerta prendere e lasciare e anzi manda una lettera con cui comunicava «a T.N.T. Post Italia s.p.a. che il giorno 1 luglio 2011, alle ore 7,00, mi sarei presentata presso la sede delle Poste Italiane s.p.a., nei locali aziendali siti a Firenze, via Gemignani, per riprendere servizio e prestare la propria attività lavorativa...». Così «il 1 luglio, alle ore 7.00, insieme a tutti i lavoratori non aderenti all'accordo e agli altri colleghi precari di Tnt Post Italia s.p.a., mi recavo sul posto di lavoro, dove incontravamo il direttore della filiale Tnt Post Italia s.p.a. di Firenze, che ribadiva il termine del contratto e chiedeva (sotto minaccia di querela per appropriazione indebita) la restituzione delle chiavi dei furgoni, di cui si dava atto con apposita dichiarazione».
Da allora è iniziata una vertenza di lavoro che per ora non ha preso neanche una bella piega e nonostante interrogazioni parlamentari e atti ispettivi a livello della regione Toscana questi lavoratori sono stati lasciati a sé stessi. Con la complicità attiva e abbastanza vergognosa del sindacato.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:25