![Indebitamento e tasse](/media/1388387/05i.jpg)
Nonostante l'altalenante andamento dello spread sui nostri
titoli pubblici, i dati che continuano a susseguirsi sulla nostra
situazione economica sembrano andare tutti verso un'unica
direzione. La disoccupazione si allarga a macchia d'olio, sfiorando
ben il 32% tra i giovani, il dato peggiore del 1992, anno in cui il
sistema giunse al collasso. Ciò rappresenta il risultato di una
economia sempre più asfittica la quale, secondo le stime più
autorevoli, proseguirà nel suo andamento negativo anche per tutto
il secondo trimestre del 2012, poi vedremo. Già, poiché a mio
avviso non è detto che la caduta del Paese possa bloccarsi, come
sostiene la sicumera dei cervelloni al governo. Francamente non
vedo all'orizzonte molti elementi che possano indicare, anche in
lontananza, una chiara inversione di tendenza.
E non saranno certo le due fasulle riforme - quelle riguardanti le
liberalizzazioni ed il mercato del lavoro - a riportarci
sulla strada della crescita. Ci vuole ben altro che qualche taxi e
farmacia in più per far rialzare un Pil in caduta libera. Per non
parlare della vera e propria calata di brache al cospetto del Pd e
della Cgil sull'articolo 18. Mossa che ha creato rabbia e sconcerto
tra le già scoraggiate categorie imprenditoriali di questo
disgraziatissimo Paese. In realtà, come oramai mi trovo a ripetere
quasi alla nausea, per rilanciare l'economia occorrerebbe un
approccio inverso a quello fin qui adottato da Monti &
soci.
Data la preesistente propensione italiana ad una crescita molto
bassa anche in periodi di congiuntura favorevole, non possiamo
pensare di andare in Paradiso attraverso un ulteriore inasprimento
delle imposte, così come sta continuando a fare il governo pure nei
confronti di una riforma del lavoro finanziata con ulteriori tasse.
Bisognerebbe, altresì, iniziare ad affrontare il nostro principale
nodo, ossia l'abbattimento di una spesa pubblica colossale che,
come riportano anche gli ultimi fatti di cronaca
politico-giudiziaria, rappresenta un'enorme fonte di sprechi e di
ruberie, oltre che un'insostenibile palla al piede per la stessa
economia. Solo tagliando una parte dei circa 850 miliardi che ci
costa l'enorme carrozzone statale si può realisticamente
scongiurare il rischio, in verità sempre più prossimo, di un
tragico avvitamento dell'Italia in una spirale recessiva senza
possibilità di uscita, se non attraverso un devastante
default.
Infatti, gli evidenti effetti recessivi che l'utilizzo della leva fiscale sta determinando non potranno che ripercuotersi a catena sui conti pubblici, attraverso un minor gettito tributario allargato, sul debito pubblico e - soprattutto - sul famigerato spread, spinto inesorabilmente a risalire senza controllo, come in parte stiamo registrando in questi ultimi giorni. In sintesi, cari professori che occupate la stanza dei bottoni, la strada dell'aumento indiscriminato delle tasse, intrapresa nell'ambito di un sistema affetto da un eccesso di Stato, di burocrazia e di indebitamento a tutti livelli, non può che portarci molto velocemente verso il burrone. Oramai la nostra situazione finanziaria è appesa a poco più di 100 punti di spread. Francamente molto poco per sperare che la baracca si aggiusti da sola senza una politica di rigore ben orientata sul lato delle uscite. Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi, decisivi mesi.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:26