Indebitamento e tasse

domenica 29 aprile 2012


Nonostante l'altalenante andamento dello spread sui nostri titoli pubblici, i dati che continuano a susseguirsi sulla nostra situazione economica sembrano andare tutti verso un'unica direzione. La disoccupazione si allarga a macchia d'olio, sfiorando ben il 32% tra i giovani, il dato peggiore del 1992, anno in cui il sistema giunse al collasso. Ciò rappresenta il risultato di una economia sempre più asfittica la quale, secondo le stime più autorevoli, proseguirà nel suo andamento negativo anche per tutto il secondo trimestre del 2012, poi vedremo. Già, poiché a mio avviso non è detto che la caduta del Paese possa bloccarsi, come sostiene la sicumera dei cervelloni al governo. Francamente non vedo all'orizzonte molti elementi che possano indicare, anche in lontananza, una chiara inversione di tendenza.

E non saranno certo le due fasulle riforme - quelle riguardanti le liberalizzazioni  ed il mercato del lavoro - a riportarci sulla strada della crescita. Ci vuole ben altro che qualche taxi e farmacia in più per far rialzare un Pil in caduta libera. Per non parlare della vera e propria calata di brache al cospetto del Pd e della Cgil sull'articolo 18. Mossa che ha creato rabbia e sconcerto tra le già scoraggiate categorie imprenditoriali di questo disgraziatissimo Paese. In realtà, come oramai mi trovo a ripetere quasi alla nausea, per rilanciare l'economia occorrerebbe un approccio inverso a quello fin qui adottato da Monti & soci.

Data la preesistente propensione italiana ad una crescita molto bassa anche in periodi di congiuntura favorevole, non possiamo pensare di andare in Paradiso attraverso un ulteriore inasprimento delle imposte, così come sta continuando a fare il governo pure nei confronti di una riforma del lavoro finanziata con ulteriori tasse. Bisognerebbe, altresì, iniziare ad affrontare il nostro principale nodo, ossia l'abbattimento di una spesa pubblica colossale che, come riportano anche gli ultimi fatti di cronaca politico-giudiziaria, rappresenta un'enorme fonte di sprechi e di ruberie, oltre che un'insostenibile palla al piede per la stessa economia. Solo tagliando una parte dei circa 850 miliardi che ci costa l'enorme carrozzone statale si può realisticamente scongiurare il rischio, in verità sempre più prossimo, di un tragico avvitamento dell'Italia in una spirale recessiva senza possibilità di uscita, se non attraverso un devastante default. 

Infatti, gli evidenti effetti recessivi che l'utilizzo della leva fiscale sta determinando non potranno che ripercuotersi a catena sui conti pubblici, attraverso un minor gettito tributario allargato, sul debito pubblico e - soprattutto - sul famigerato spread, spinto inesorabilmente a risalire senza controllo, come in parte stiamo registrando in questi ultimi giorni. In sintesi, cari professori che occupate la stanza dei bottoni, la strada dell'aumento indiscriminato delle tasse, intrapresa nell'ambito di un sistema affetto da un eccesso di Stato, di burocrazia e di indebitamento a tutti livelli, non può che portarci molto velocemente verso il burrone. Oramai la nostra situazione finanziaria è appesa a poco più di 100 punti di spread. Francamente molto poco per sperare che la baracca si aggiusti da sola senza una politica di rigore ben orientata sul lato delle uscite. Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi, decisivi mesi.


di Claudio Romiti