Facciamo il pieno soltanto di tasse

L'Italia brucia un nuovo record negativo sul prezzo della benzina: 1,889 euro al litro. Ieri, fare il pieno a una normalissima utilitaria poteva costare fino a 70 euro. 

Altro che Imu, Irpef e Irap: il vero salasso di stato ai contribuenti arriva dalla pompa di benzina. Due terzi di quello che gli automobilisti italiani spendono al distributore finisce in tasse. E in tasse sulle tasse, considerando che le accise sono una sorta di imposta sull'Iva dei carburanti. Una matrioska fiscale, insomma. E proprio grazie a questa mostruosa creatura erariale chi si ferma al distributore riesce solo a fare il pieno di tasse, e sempre meno di carburante. 

Le associazioni di consumatori sono sul piede di guerra da tempo. «Le tasse applicate sulla benzina sono al di fuori di qualsiasi logica» dice Primo Mastrantoni, segretario nazionale dell'Aduc. «Ad ogni rifornimento - spiega - paghiamo ancora la guerra d'Abissinia, il Vajont e l' Irpinia». C'è tutta una lunga serie di accise, infatti, che non ha mai smesso di farci compagnia alla pompa di benzina. Alcune di queste sono vecchie di ottant'anni. E così su ogni litro di carburante si paga 0,00103 euro per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935-1936. 0,00723 euro per la crisi di Suez del 1956. 0,00516 euro per il disastro del Vajont del 1963. 0,00516 euro per l'alluvione di Firenze del 1966. 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968. 0,0511 euro per il terremoto del Friuli del 1976. 0,0387 euro per il terremoto dell'Irpinia del 1980. Ma anche 0,106 euro per il finanziamento della guerra del Libano del 1983. 0,0114 euro per il finanziamento della missione UNMIBH in Bosnia Erzegovina del 1996. Senza dimenticare 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004. E poi ancora 0,0073 euro per il finanziamento della manutenzione e la conservazione dei beni culturali, di enti ed istituzioni culturali (DL 34/11). Dimenticato qualcosa? Ah, sì, anche 0,040 euro per far fronte all'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011. Infine, ma non ultimo, 0,0089 euro per far fronte all'alluvione in Liguria ed in Toscana di novembre. 

Ma non finisce qui: bisogna conteggiare anche le ultime aliquote della manovra "Salva Italia" di dicembre, salite sulla benzina a 704,20 euro (+8,2 cent al litro) e sul gasolio a 593,20 euro (+11,2 cent) per ogni mille litri. E dal 1 gennaio 2013 benzina e diesel auto compiranno un nuovo balzo in avanti di 50 centesimi di euro per ogni mille litri. «Soltanto l'anno scorso - dice il segretario nazionale Aduc - ci sono stati ben quattro aumenti: tra cui uno del governo Monti, uno per alimentare il Fondo unico per lo spettacolo, perché non si voleva aumentare il prezzo del biglietto, un altro per l'emergenza della crisi libica». Mastrantoni la definisce una "mazzata" al cittadino che utilizza l'automobile, «che tra l'altro sta diventando un mezzo insostituibile perché le città non sono attrezzate per il trasporto pubblico». Un esempio? «A Roma ci sono 36 chilometri di metropolitana, a Parigi ce ne sono 430».

Nella logica dei prezzi, però, non contano soltanto le accise. Nel luglio 2008 il picco del prezzo del petrolio aveva toccato i  93 euro barile. Nello stesso periodo, il costo della benzina alla pompa ammontava a 1,56 euro al litro. Nel dicembre 2011, il costo del petrolio al barile era di 74 euro, quasi 20 euro in meno di tre anni prima, mentre la benzina toccava 1,70 euro per litro, quasi 20 cent in più per litro. Come si spiega l'arcano? Per Mastrantoni ci sono due considerazioni da fare. La prima: «Metà del mercato italiano è appannaggio dell'Eni, e l'altra metà delle società private. L'Eni è una società a partecipazione pubblica, oltre 30%, quindi il dividendo finale va a finire nelle casse dello Stato». E questa può essere la spiegazione del perché c'è interesse a non far scendere il costo dei carburanti. In secondo luogo, «L'Eni, da sola, estrae petrolio, lo trasporta, lo raffina e alla fine distribuisce carburante. Potrebbe quindi avere una politica autonoma di prezzo, visto che controlla tutta la filiera. Ma non lo fa, e si allinea invece al prezzo della concorrenza. Se, al contrario, abbassasse i prezzi sarebbe lei a costringere le altre compagnie ad abbassarli a loro volta».

Come tutelarsi dai distributori-vampiro? Purtroppo il consumatore può fare ben poco, come spiega lo stesso Mastrantoni: «Si possono soltanto razionalizzare i consumi, rifornirsi al self-service o a distributori No-Logo. In generale, indirizzare i propri consumi sui distributori che applicano il minor prezzo».

Ma è così dappertutto? No. Come canta Vasco Rossi, "Siamo solo noi" quelli che per fare il pieno devono accendere un mutuo a tasso variabile. Abbiamo provato per gioco a fare un raffronto con la Spagna, il paese europeo che più di tutti ci assomiglia. Eppure ieri in Spagna un litro di benzina costava tra 1,486 e 1,539 euro al litro, il gasolio invece tra 1,345 e 1,409. In Italia, invece, una media di 1,879 euro per la benzina e 1,780 euro per il gasolio. Nella terra dei toreri i prezzi oscillano quasi giornalmente in base alle quotazioni del petrolio. In Italia, invece, l'andamento del greggio non conta per nulla, così come chiaramente dimostrato dai dati Aduc.

Il problema è a monte. Secondo i dati forniti dal Ministerio de Industria, Energìa y Turismo, nel novembre dello scorso anno la pressione fiscale spagnola su benzina e gasolio gravava rispettivamente per il 49,2% e il 41,7% sul prezzo alla vendita di benzina e diesel. In Italia, nello stesso periodo, il carico sui due carburanti era al 56,4% e al 49,1%. Tutto questo, ovviamente, prima che arrivassero gli ulteriori rincari della "Salva Italia". Come se non bastasse, rispetto agli spagnoli siamo messi peggio anche per quanto riguarda i costi di approvvigionamento e distribuzione dei derivati del petrolio. Nonostante la presenza di un colosso internazionale come l'Eni, infatti, che tra l'altro può gestire "in casa" tutta quanta la filiera dal pozzo petrolifero al distributore su strada, la benzina senza piombo a novembre costava in Italia 69,3 centesimi al litro (senza contare le accise, ovviamente) contro i 66,2 della Spagna. Stesso discorso, ma con minor divario, per il gasolio: 76,9 quello italiano, 76,2 quello iberico. Que viva l'España, dunque. E l'Italia? Va a piedi.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:24