“Il lamento del Tigri”, un racconto di rabbia e tristezza

L’ho letto con ritardo, purtroppo i libri si accumulano, non è facile stabilire le priorità. Il lamento del Tigri (titolo originale Que sur toi se lamente le Tigre), pubblicato da Sellerio, è di una giornalista fotoreporter francese, Emilienne Malfatto. Ha vinto il premio Goncourt per l’opera prima. L’edizione italiana è tradotta da Vincenzo Barca. Si racconta – è un romanzo, ma rispecchia una dura, dolorosa, rimossa realtà – di una ragazza che vive nel sud dellIraq, un villaggio appunto sulle rive del Tigri. È colpevole di una gravissima colpa: ha fatto l’amore prima del matrimonio con il suo fidanzato. Un unico rapporto, sufficiente per restare incinta. Il ragazzo poi muore, ucciso in guerra. La ragazza, disonorata deve morire. Così vuole la tradizione, così vuole la stessa famiglia: “L’onore è più importante della vita. Da noi è meglio una ragazza morta che una ragazza madre”. Qualcuno tra i fratelli vorrebbe opporsi, ma niente: la condanna è implacabile.

Malfatto racconta l’attesa della morte della ragazza in prima persona. C’è tutto: l’ottuso e violento dominio maschile, la guerra, l’incomprensione della società schiava di “regole” e “tradizioniassurde, le inutili e brutali umiliazioni di sedicenti “biondioccupanti imposte agli abitanti. Un “coro” che ha il sapore della tragedia antica greca: c’è la madre impotente e consenziente; la piccola sorella che non capisce; il fratello che ha il compito di “fare giustizia” e salvare l’onore della famiglia; l’altro fratello che vorrebbe salvare la ragazza e non sa, non può. Ognuno fornisce la sua versione e la sua “ragione”, in un caleidoscopio allucinante e allucinato, infine la tragedia, l’esecuzione. Appunto: un libro di rabbia e tristezza. Il racconto di una realtà che si ignora volendola ignorare: la cruda testimonianza della condizione delle donne nel mondo mediorientale musulmano.

Lo sfondo, nel caso dello specifico racconto, è l’Iraq dilaniato da guerre e conflitti tra curdi, sunniti e sciiti: un luogo dove l’espressione “diritti umani” non ha senso, per le donne in particolare. Nella realtà non si contano le intimidazioni e gli omicidi nei confronti di donne, e tra loro moltissime attiviste impegnate e mobilitate contro le leggi tribali che prevalgono su quelle dello Stato. Una mentalità retrograda purtroppo ancora accettata dalle donne stesse. “Sono stata una giornalista di guerra – dice Emilienne Malfatto – Quando parlo della guerra che cambia le leggi della materia, è l’esperienza della giornalista che parla”.

Emilienne Malfatto è autrice anche di un altro libro, Lassenza è una donna dai capelli neri, ispirato a fatti reali, un ibrido tra indagine giornalistica e romanzo. Si raccontano i momenti bui e tragici della dittatura in Argentina dal 1976 al 1983: 30mila desaparecidos, oppositori torturati a morte, oppure gettati dagli aerei nel fiume, 500 bambini rapiti, per porre fine al “gene rosso”; e ancora: le madri della Plaza de Mayo, e oggi i processi ancora in corso e l’impunità a quarant’anni di distanza. Grazie alla collaborazione del fotografo colombiano Rafael Roa il libro è “arricchito” da una trentina di fotografie che accompagnano i testi evocando l’atmosfera cupa di quegli anni terribili.

(*) Emilienne Malfatto, Il lamento del Tigri, Sellerio 2022, 96 pagine, 12 euro

Aggiornato il 29 luglio 2025 alle ore 12:21