A Palermo fu Luigi Maria Burruano ad inventare il teatro verità. Mentre calcava i palchi del teatro dialettale siciliano, Gigi incontrò per caso il giovane Salvo Piparo e lo pregò di farlo assistere alle prove di un suo spettacolo. Da allora cambiò la sua vita.
Burruano alla fine del ciclo delle prove inserì Salvo in quello spettacolo usandone solo il volto in un’edicola votiva, uno di quei tabernacoli che contengono immagini sacre che spesso si vedono lungo le straduzze di certi quartieri popolari visitati come luoghi di culto. Così, come un “signuruzzu” fu consacrato Salvo Piparo nelle vesti di attore dal suo beniamino ed anfitrione, che lo tenne a battesimo, mostrandogli con una particina la strada da percorrere.
Se oggi esiste ancora la possibilità di rappresentare Palermo e le tradizioni popolari siciliane così come sono e di rendere partecipi tutti, grandi e piccini, belli e brutti, ricchi e poveri, chi va a teatro e chi no, è grazie a Salvo Piparo, attore, narratore e cuntista che si esibisce sulle tavole di prestigiosi teatri ma anche nelle piazze più entusiaste della Trinacria.
Un cantastorie che sfida il tempo per non far dimenticare da dove veniamo, che attraverso l’arte del cunto, con la sua tecnica narrativa in metrica, e lo studio delle tradizioni popolari, ha portato in scena racconti del passato e i testi di grandi scrittori contemporanei come Salvo Licata, Ficarra e Picone, Pietrangelo Buttafuoco, Giuseppe Sottile, Lucio Luca, Francesco Guccini, Andrea Camilleri.
Il ritmo incalzante del cunto, consente a Piparo di toccare temi di attualità come la violenza fra i vicoli di Palermo, le frequenti litigate che finiscono male riportate dalle cronache, i quattro processi per il giudice Borsellino, ricordi personali, e il tutto si intreccia alle vicende dell’opera narrata, lasciando lo spettatore a bocca aperta.
La sua narrazione si nutre quindi delle tradizioni siciliane: dai proverbi, alle feste religiose, le storie di santi e briganti, la cucina, i canti, le lotte quotidiane. In ogni suo racconto si avverte l’anima del popolo siciliano che ha fatto della parola una forma di resistenza e di bellezza.
Salvo Piparo non è solo un artista: è un ponte tra passato e presente, un moderno cantastorie che restituisce dignità alla cultura orale, spesso dimenticata.
Grazie a lui, il cunto non è più soltanto un ricordo del passato, ma una forma viva, pulsante, capace di emozionare, educare e far riflettere.
Per questa intervista siamo stati accolti dal comune amico, ambasciatore del gusto, ristoratore palermitano Gigi Mangia, presidente di Aios, associazione che si occupa di ospitalità, imprese e territorio; inventore di deliziose specialità come Arancina da mare e della Cassata di pesce spada.
Aggiornato il 24 luglio 2025 alle ore 13:55