“Buonanotte a Teheran”: ritratto impietoso dell’Iran di oggi

Vincitore del Pardo d’oro, Gran premio del Festival di Locarno per il Miglior film 2023 – e circolato ultimamente anche in Italia, ma in pochissime sale – Buonanotte a Teheran – Critical Zone è un ritratto impietoso, quanto realistico, dell’Iran di oggi. Ma, soprattutto della sua capitale, la Teheran degli ayatollah e di quella ormai diffusa intolleranza al regime dei teocrati persiani che, tuttavia, non riesce a coagularsi, a divenire dissenso organizzato. Il regista, Ali Ahmadzadeh, ci regala un “on the road” potente e allucinato, di produzione iraniano-tedesca, girato tutto clandestinamente: dove il protagonista, Amir (della cui vita precedente nulla sappiamo), è un taxista che percorre continuamente le strade di una Teheran notturna dove, a dispetto di tante prediche moralistiche del regime, le strade sono in mano a spacciatori, prostituzione femminile e maschile, classica e transessuale, delinquenti vari, poliziotti corrotti. Ma Amir – che, per arrotondare i magri guadagni, spaccia anche lui droga – possiede, in realtà, buone conoscenze mediche, infermieristiche ed anche psicoterapeutiche: che tiene nascoste alla società “ufficiale”, ma usa per soccorrere tanta povera gente, piegata dalla vita e, tuttavia, sempre pronta ad aiutare il prossimo.

In un certo modo, Amir ricorda – pur in un contesto diversissimo – il Dith Pran di Urla del silenzio, il capolavoro anni Ottanta dell’inglese Roland Joffé sulla vita nella Cambogia dei khmer rossi: costretto a nascondere le sue importanti, passate esperienze di fotoreporter facendosi passare proprio per ex taxista. Nelle sue scorribande notturne, Amir che vive da solo, con l’unica compagnia del suo cane – incontra amici, rifornisce di “erba” i suoi clienti (tra cui anche un gruppo di prostitute transessuali) e soccorre una madre che cerca di salvare il figlio dalla droga, curandolo a domicilio nel fisico e nella psiche. E incontra frettolosamente la sua ragazza, assistente di volo che, tra una partenza e l’altra, spaccia anche lei. È il ritratto di un Paese anzitutto con un’età media della popolazione attuale tra le più basse del mondo: il che concorre anche a spiegare la sempre più forte opposizione sociale al regime degli ayatollah. Opposizione che – un po’, diremmo, come nella Serbia di Slobodan Milošević negli ultimi anni Novanta – non riesce, tuttavia, a diventare vera forza politica alternativa a causa, anche, delle sue forti divisioni interne. A quando una “Primavera iraniana”, ci auguriamo il più possibile spontanea, non forzata da interferenze esterne?

Aggiornato il 23 giugno 2025 alle ore 15:29