
Nella prima parte del suo saggio, Ernst Jünger (nella foto), grande scrittore e pensatore, chiarisce che con questo suo saggio, pubblicato di recente dall’editore Adelphi con il titolo Il nodo di Gordio, e in cui compare lo scritto di Carl Schmitt, è animato dalla volontà di cogliere la distinzione tra l’Occidente e l’Oriente per avere una visione chiara degli avvenimenti mondiali. La grandezza di Alessandro Magno, che con il famoso taglio della spada sciolse il nodo di Gordio, dimostra la superiorità del grande condottiero macedone, che si spinse fino in Persia, nel tentativo di fondere la civiltà greca con quella orientale, come racconta Plutarco nella sua celebre vita a lui dedicata. Gordio, era il re della Frigia, una terra la cui storia è rimasta avvolta dal mistero e ammantata di oscurità. La spada con cui Alessandro tagliò il nodo di Gordio è il simbolo di una decisione libera e risoluta, che assume un valore spirituale. Per Jünger, Odisseo, il personaggio del poema di Omero, è un modello archetipo dell’uomo occidentale, spinto dalla curiosità a viaggiare lungo il Mediterraneo. Erodoto, l’autore delle famose storie, opera divisa in più libri, dimostra che la storiografia trova il suo terreno più pregante nella descrizione dell’incontro tra Europa e Asia.
Nella sua opera Erodoto racconta i contatti che stabilì tra l’Occidente e l’Oriente. Infatti segue la storia del re Creso e del vincitore Ciro. Questa esplorazione, come emerge dalla sua opera, lo porta a raccontare la rivolta dei greci e delle successive guerre persiane. Nell’incontro tra la civiltà greca e quella orientale sia la libertà sia la tirannia rivendicano un potere che riguarda tutti gli uomini. La concezione della libertà, un primato che appartiene alla cultura occidentale, costituisce, secondo Jünger, l’elemento distintivo che la differenzia da quella orientale. Jünger, in questa parte del suo magistrale libro, accenna alla disputa che attiene alla circostanza se le costituzioni dispotiche del mondo antico fossero più antiche di quelle liberali. In ogni caso, se si considerano testi fondamentali come la Bibbia, l’opera di Esiodo e quella di Rousseau, appare innegabile che la libertà appartiene, fin dagli albori della civiltà, alla natura umana. Sia la libertà che il dispotismo sono due possibilità che dominano la vita dell’uomo e quella dei popoli. Nell’alternanza tra libertà e dispotismo si sviluppa la storia della civiltà umana e dei popoli. Caino, che è l’archetipo del despota, è contemporaneo di Abele, che incarna il valore, in senso metaforico, della libertà. Occorre tenere presente che Occidente e Oriente non sono due luoghi assoluti, in senso spaziale e geografico, ma devono essere intesi come metafore di due atteggiamenti umani. Infatti, ad esempio, in Occidente si attribuisce una importanza decisiva alle immagini artistiche, anche quelle divine, mentre sia l’Islam sia l’Ebraismo si astengono dal consentire il culto delle immagini. Sono profonde le immagini con cui Jünger che evoca la forza tellurica che si agita nella parte profonda dell’animo umano, le passioni irrefrenabili, che devono essere governate e contenute. In ogni persona convivono magnanimità e ferocia, prodigalità e crudeltà.
Nel mondo orientale sono le rivolte di palazzo a modificare gli equilibri di potere, mentre in Occidente è risaputo che le rivoluzioni comportano conseguenze cruenti e devastanti in termini di violenza e perdita della libertà. Commentando il 24° canto dell’Iliade di Omero, in cui si racconta come Achille abbia restituito il corpo senza vita di Ettore a suo padre, Jünger si sofferma sul tema del trattamento riservato dai vincitori ai nemici, caduti e sconfitti. Per il gerarca nazista Heinrich Himmler i corpi dei nemici dovevano scomparire in modo da non lasciare traccia della propria esistenza sulla terra. Commentando questi crimini atroci, Jünger osserva che in Europa abbiamo la naturale inclinazione a rispettare qualcosa che si trova al di fuori dell’uomo e ne garantisce la dignità umana, il valore della libertà. In Oriente, se si volge lo sguardo al passato prevale la tentazione dell’arbitrio, con cui in modo dispotico vengono governati i popoli di questa parte del mondo. Jünger, per definire la grandezza morale e politica che appartiene ai grandi uomini della storia, afferma che questo contrassegno deve essere attribuito agli uomini che seppero essere in passato dei grandi fondatori, come Federico il grande, di cui viene ricordata la guerra dei sette anni del 1763. Per Jünger, dalle grandi opere d’arte deve trapelare la libertà, la quale si forma grazie al primitivo dominio dell’uomo sui propri abissi. Nel suo scritto, che compare in risposta a quello di Junger, Carl Schmitt cita la teoria di Jean Gottmann, per il quale nel mondo moderno si sono avute tre irruzioni che hanno modificato la cultura contemporanea: la tecnicizzazione industriale, la psicanalisi e la pittura moderna.
Queste irruzioni tagliano il groviglio costituito dalla antiche immagini e dai tabù ancestrali. Per Carl Schmitt alla vecchia contrapposizione tra occidente ed oriente bisogna sostituire quella, più attuale, tra la terra e il mare. Ciò che chiamiamo oriente è una massa compatta di terra che comprende la Russia, la Cina, l’India, secondo il grande geografo Halford Mackinder. Ciò che invece indichiamo con l’espressione Occidente è un emisfero composto dai mari del mondo, l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico. Per Mackinder l’opposizione esistente tra Oriente e Occidente risiede nel contrasto irredimibile tra la barbarie e la civiltà. Il compito storico delle popolazioni che abitano le coste e la isole consiste nel favorire la penetrazione del valore della libertà oceanica nella terraferma. La polarità, Occidente-Oriente, prediletta da Jünger, viene messa in discussione dallo studioso Robin George Collingwood. La dialettica storica, per questo studioso, è fondamentale. Quando gli uomini percepiscono la domanda che proviene dalla storia, e con il loro comportamento agiscono, la famosa risposta all’appello della storia, in questo modo fuoriescono dallo stato naturale ed entrano in quello della storia. Un libro colto, che gronda cultura da ogni pagina, notevole ed importante.
(*) Il nodo di Gordio di Ernst Jünger e Carl Schmitt, a cura di Giovanni Gurisatti, Adelphi 2023, 238 pagine, 14 euro
Aggiornato il 05 maggio 2025 alle ore 12:09