“Nonostante”: siamo tutti “quanti”

Parafrasando William Shakespeare: “Noi siamo fatti della stessa stoffa dei quanti”. Fantasmi invisibili fummo e tali torneremo in quanto siamo dei “quanta” nessuno dei quali andrà perso alla nostra “scadenza”, inevitabile per tutti i mortali. Ma, si interroga l’interessante film di Valerio Mastandrea Nonostante (in uscita nelle sale il 27 marzo), che cosa accade nel frattempo quando le anime in attesa di involo si trovano sospese nello stranissimo limbo del coma profondo (The Space in Between) e dei suoi improvvisi e “miracolosi” risvegli, che scientificamente si definisce nel suo complesso con gli acronimi “Nde” (Near-death experience) e Obe (Out-of-body experience)? Ecco, chi torna racconta esperienze meravigliose o terrificanti, che in molti casi, quando cioè lo stato di coscienza fuoriesce dal proprio corpo osservandolo dall’esterno, descrivono con estrema precisione ciò che i dati per morti “vedevano” in tutti i dettagli di quanto accadeva attorno a loro. Da qui la congettura quantistica per cui coesisterebbe accanto all’Uno fisico una sorta di un suo doppio quantistico (eterno!) di materia oscura che va oltre la vita terrena, perché ha l’essenza dell’energia pura.

Per entrare per un attimo in questo mondo dei “sospesi” saranno sufficienti due esempi: un uomo anziano americano, risvegliatosi da un coma profondo, indica agli infermieri smarriti il luogo esatto dove loro stessi avevano conservato la “sua” dentiera. Un ragazzo italiano, dato per moribondo a seguito di un grave incidente stradale, una volta risvegliatosi rimprovera al padre di aver barato a carte mentre con altri parenti e amici giocava a tresette sul suo letto! La scienza medica riporta casi verificati di ciechi totali che nelle esperienze Obe tornano a vedere e riportano con esattezza ciò che hanno visto! Le Nde/Obe rappresentano quindi la dimensione di stati di sospensione tra la vita e la morte o, più precisamente, tra il corpo fisico e la luce finale. E proprio da qui parte il film di Mastandrea, coadiuvato nella sua interpretazione da protagonista (Lui) da attori di spessore, come Laura Morante (Veterana), Dolores Fonzi (Lei), Lino Musella (Curiosone), Giorgio Montanini (Volontario). Ambientato in uno pseudo ospedale (una costruzione moderna stile anni Settanta, in via di demolizione, situata a ridosso della vecchia Fiera di Roma), il film ha come protagonista collettivo una strana comunità ectoplasmatica: loro, le non presenze, sospese in un limbo particolare, si presentano e agiscono con sembianze apparenti tali e quali a quelle che possedevano nella vita quotidiana, precedentemente alla loro ospedalizzazione.

Uno stato vitale etereo, il loro, che da terra va verso il cielo allo scatenarsi di una corrente ciclonica che li trasporta verso l’alto, nei luoghi definitivi del non ritorno. Un vento di fine vita, che può agire anche temporaneamente come una sorta di criptonite immateriale, non appena le loro entità vengono a contatto con la materia biologica che si muove lungo la linea di confine tra la vita e la morte. In questa particolare comunità c’è il Curiosone, che se ne va a trovare altre entità sospese e Lui, in particolare, con il quale stabilisce una sorta di amicizia duratura, assieme alla Veterana e a Lei. Nessun vivente, ovviamente, ne percepisce la presenza, e le scene con i parenti riflettono, come in uno specchio perfetto e trasparente, le loro simpatie e antipatie di senzienti sospesi. Ognuno di loro, però, è chiamato a svolgere in un certo senso il compito di angelo custode delle proprie spoglie mortali, collegate alle macchine che li tengono in vita. Per cui le scene del film hanno come sfondo sonoro proprio i segnali di quei monitor: quando le oscillazioni si faranno piatte sarà morte definitiva e l’arrivo del ciclone; viceversa, nei casi fortunati, cambieranno improvvisamente passo alla narrazione, provocando la scomparsa dell’entità associata, mentre medici e infermieri corrono precipitosamente a raccolta nella stanza del paziente reale.

Ora, anche in quella condizione ectoplasmatica, in attesa di definizione definitiva, ci si potrebbe davvero innamorare di qualcuno? E se ciò poi accadesse, come effettivamente accade tra Lui e Lei (molto interessante questa scelta dei “senza nome”, perché nessuno di loro può “chiamarsi” senza esistere in modo terreno!), che cosa accade se uno dei due, o entrambi si risvegliassero ignorando totalmente per il resto della loro vita biologica quell’innamoramento profondo, bello e umanissimo, che era stato convocato per celebrare il rito sacro dell’unione tra un uomo e una donna? Il tutto avvenuto senza bisogno di concepimento, nell’assenza assoluta dell’atto riproduttivo stesso, del tutto alieno in quell’Ade di mezzo che è lo spazio, impenetrabile dall’esterno, dell’interregno Nde/Obe. Ecco, la sostanza del film sta proprio nel succedersi di queste sequenze strettamente para-umane, dove dall’iniziale antipatia si passa all’amore senza se e senza ma, arricchita da frenetici passaggi fuori-dentro, in cui il mondo di là non vuole e non può essere lasciato a se stesso, fino all’arrivo inarrestabile del ciclone finale. Ma, esistono mediatori in grado di parlare con i non-viventi dell’Ade di mezzo e i redivivi dall’Nde, perché qualcuno racconti al risvegliato ciò che è accaduto nel limbo quantistico? La risposta di Mastandrea rappresenta l’essenza stessa del film.

Voto: 8/10

(*) Foto di Matteo Graia

Aggiornato il 26 marzo 2025 alle ore 12:32