La casa editrice Aragno ha pubblicato questo denso volumetto di Oswald Spengler adempiendo anche e soprattutto al compito di far uscire dall’oblio un Autore di rango e di studi vastissimi che hanno generato consensi ma anche durissime critiche negli ambienti culturali occidentali. Nel testo si trovano riflessioni che, nel corso del tempo, si sono rivelate profetiche. L’Editore ha deciso di tradurre il titolo originale rispetto a quello più emozionale scelto dalla precedente casa editrice Il Borghese: “Ascesa e caduta della civiltà delle macchine” che evidenziava immediatamente lo spirito del testo.

L’Uomo e la Tecnica” può considerarsi un’ottima introduzione e una guida alla lettura della sua monumentale opera “Il tramonto dell’Occidente” di 1.600 pagine.  Spengler è stato un pensatore consultato continuamente, ma molte volte di nascosto perché considerato conservatore e perfino di destra. La sua opera ha influenzato pensatori del livello di Heidegger, Jasper, Croce, Fukuyama e, non ultimo, il filosofo tecnotronico e transumanista Yuval Noah Harari.

Le pagine sono rigorose e cariche di entusiasmo. Dimostrano una cultura estesa in diverse discipline letterarie e scientifiche. Il motivo conduttore della narrazione è la valorizzazione dell’Homo Faber, dell’artefice capace di progettare e di realizzare catene di valore, di produrre beni, servizi e filiere culturali. Insomma, il progetto industriale, sociale e culturale di Adriano Olivetti. La posizione teorica di Spengler è ben lontana dalla tendenza attuale orientata all’erogazione di sussidi per tamponare le falle e i possibili collassi sociali ed economici, senza un piano coordinato di rilancio delle infrastrutture e dei livelli di occupazione.

Leggere oggi il libro di Spengler significa recuperare il valore della progettualità come architettura di ogni strategia sociale ed economica di successo. La Tecnica come creazione dello spirito faustiano di dominio della Natura, in competizione con altri popoli.

L’Autore dimostra che la Tecnica è stata lo strumento che ha consentito all’Occidente bianco di dominare per lungo tempo grazie all’accaparramento delle risorse naturali e delle materie prime lavorate con la enorme disponibilità di manodopera schiavistica (pagine 89 e 90). Il declino dell’Occidente inizia con la diffusione dei segreti industriali al resto del mondo. L’Autore fa osservare che i popoli che hanno appreso ed anche perfezionato le procedure produttive occidentali, hanno usato questi saperi come uno strumento di ribellione contro l’Europa (pagina 99). Questa riflessione dice molto sull’origine della attuale conflittualità fra diverse aree del mondo contemporaneo.

Spengler evidenzia che la Tecnica nasce come sfida faustiana alla Natura e che il genere umano è consapevole di non poterla dominare totalmente. In presenza di un progetto incompleto di dominio, il genere umano risponde con la artificialità per mezzo della meccanizzazione del mondo (pagina 92).

Interessante la descrizione acuta della divisione del lavoro ripartito fra Decisori ed Esecutori che ha reso possibile la realizzazione dell’indole predatoria umana che mira al dominio e rappresenta un salto di qualità che va ben oltre la mera sopravvivenza (pagina 38).  

Il compimento del dominio della terra è consentito dalla capacità umana di muoversi liberamente nello spazio circostante rispetto alla fissità del mondo vegetale (pagina 40 e successive) e possiede un profondo vantaggio rispetto alla mobilità del mondo animale, incapace di programmare strategie né di comprendere il concetto di futuro.

Seppure scritto negli anni Trenta del secolo scorso, il testo è uno scrigno di concisione e di chiarezza espositiva che cattura l’attenzione dei lettori.

Un libro che è un gioiello di conoscenza e di riflessione filosofica sul futuro degli umani, la traiettoria del loro destino e sul profondo significato della Tecnica.

(*) Oswald Spengler, L’uomo e la tecnica, Aragno, 2016, pagine 104, 12 euro

Aggiornato il 14 gennaio 2025 alle ore 15:19