Ho visto Conclave due volte, a distanza di poche settimane. Il film di Edwuard Berger necessita ‒ per la complessità non tanto ricostruttiva delle questioni, quanto di vera e propria interpretazione degli aspetti trattati ‒ di più di una visione.
È un film sotto alcuni aspetti cupo, quasi polveroso (dopotutto un film sull’elezione di un leader come il Papa non può che essere così), sotto altri frenetico, talvolta frettoloso, una vero thriller a due velocità. Ma non è il caso di riflettere troppo sugli aspetti artistici della pellicola: si è già parlato abbastanza della splendida colonna sonora, della fotografia sublime, delle ottime performance attoriali (tra tutte quella di Fiannes, Rossellini e Tucci; quella di Castellitto, da molti ritenuta “eccessiva”, va letta in stretta relazione al personaggio che interpreta, cioè un cardinale italiano tradizionalista e reazionario). Si deve piuttosto riflettere sulla componente politica e profondamente dicotomica degli aspetti ideologici. È chiaro, e si capirà presto perché, che il film tende da subito a dipingere i tradizionalisti come cattivi e i progressisti-liberal come buoni. Il diavolo e l’acqua santa. L’inutile e l’utile. Sino al cout de theatre della fine, che rappresenta il definitivo schieramento della pellicola dalla parte del politicamente corretto più dozzinale.
In un momento imprecisato, che potrebbe corrispondere al tempo presente, il pontefice muore. Al cardinale decano (interpretato da Ralph Fiannes) spetta l’organizzazione del Conclave. La sede di Pietro è vacante. Una volta portato via il corpo del papa e messi i sigilli all’appartamento, inizia probabilmente il momento più complesso e delicato per la Chiesa Cattolica. Si deve trovare il nuovo pastore del gregge. E qui inizia la fascinazione data dal mistero, dal segreto, dalla Sistina che viene trasformata in un bunker rinascimentale (con tanto di schermature per le vetrate). Il giuramento dei cardinali, l’intimazione dell’extra omnes, la chiusura della porta: i giochi hanno inizio. C’è poco da immaginare in merito all’ispirazione da parte dello Spirito Santo: nessuna luce dal cielo, nessuna estasi, poca spiritualità (non è un ritiro in monastero). Ci sono trattative da portare avanti, scheletri nell’armadio da nascondere o da far emergere, requisitorie, compromessi.
È il contrario di una normale elezione democratica. Questo il film lo presenta in maniera tutto sommato credibile. Le formule in latino sono esatte, così come la ricostruzione delle procedure e dei riti che costituiscono il Conclave.
Gran parte del film conduce il pubblico all’esercizio della scelta: da che parte stare? Il cardinale italiano ‒ un tradizionalista omofobo e lontano dell’ecumenismo ‒ ha forse ragione quando invoca una guerra di religione contro i musulmani? (Quando il decano Lawrence si reca di fronte al Giudizio Universale per inserire la scheda con il suo voto nell’urna, un uomo si fa saltare in aria in Piazza San Pietro e devasta una finestra della Sistina). Anche il porporato nigeriano è conservatore, vuole che gli omossessuali “'vadano in carcere in questo mondo e all’Inferno nell’altro” e si trova coinvolto in uno scandalo sessuale. Un cardinale canadese è accusato di simonia: negli ultimi mesi del precedente pontificato aveva pagato alcuni cardinali o proposto incarichi di curia affinché lo votassero. Poi c’è il cardinale progressista, Bellini, guarda caso il personaggio più presente nel film insieme al decano: è contrario alle famiglie numerose, vuole una Chiesa con donne in posizioni apicali, è gay friendly. Il contrario degli altri.
Chi guarda il film si trova spesso coinvolto negli affanni ideologici dei membri del collegio cardinalizio. Chi ha ragione? L’ala dei reazionari o quella dei progressisti?
In questo tempo di crisi spirituale, dove la Chiesa dovrebbe rappresentare il depositum fidei e garantire il giusto spazio alla tradizione (non solo liturgica, ovviamente), assistiamo invece alla rapida decomposizione di un’istituzione che per inseguire i consensi dei liberali e dei progressisti, sedotta dal secolarismo più schizofrenico, si è trasformata in una cricca di attivisti, in una sorta di cappella di qualche Ong. C’è ancora qualche tradizionalista nel collegio cardinalizio (soprattutto tra gli africani), anche se un ipotetico Conclave nei prossimi anni vedrebbe la maggioranza di porporati di area progressista.
Il colpo di grazia arriva alla fine, quando nella Cappella Sistina gli applausi dei porporati ci avvisano dell’avvenuto raggiungimento del quorum e quindi dell’elezione del nuovo pontefice: la scelta ricade su un cardinale messicano che si presenta a poche ore dal Conclave poiché creato in pectore (l’ecclesiastico infatti è l’arcivescovo di Kabul), che poco prima aveva dato filo da torcere al collega italiano, dicendo cose come '”la guerra è dentro di noi'” e che fosse necessario pensare al presente della Chiesa, e non ai fasti del passato. La sorpresa arriva quando, a pochi minuti dal sipario, il nuovo eletto confessa al decano di essere intersessuale, avendo ‒ oltre a quelli maschili ‒ anche gli organi sessuali femminili (scoperti durante un intervento di appendicectomia).
La scena, che da una parte vede il decano sorridere in modo imbarazzato e preoccupato, dall’altra il nuovo papa (o papessa, o pap*) che sminuisce la gravità del fatto sostenendo che quella fosse “la volontà di Dio”, è al tempo stesso poetica e grottesca. Una persona intersessuale è diventata pontefice, cioè vicario di Cristo e successore di Pietro (due uomini ‒ fino a prova contraria ‒ non intersex) e il discorso dell'eletto è il manifesto patetico della dottrina del politicamente corretto.
Il film finisce così, senza altre parole. Poche persone, al mondo, sanno che il papa ha quelle caratteristiche: il decano, un arcivescovo che aveva scoperto di probabili trattamenti chirurgici in Svizzera per l’asportazione degli organi femminili, e sicuramente l’equipe che anni prima aveva tolto l’appendice al nuovo pontefice. Non ci sono altre scene, se non quella che vede il decano sorridere mentre la piazza ecclama l’elett*. Fine.
La sessualità del papa, che costituisce la questione più importante della pellicola, non viene più approfondita. Non ci sono confronti, né discussioni, né ulteriori riflessioni. Non che desiderassi il nuovo papa sul banco dell’inquisizione, magari interrogato dai porporati omofobi. Ma l’aspetto dell’intersessualità sarebbe stato giusto inserirlo precedentemente, per vedere i risvolti e i confronti. Ma la cosa avrebbe poi reso impossibile la sua elezione. Anzi, il cardinal Benitez (che decide di chiamarsi Innocenzo), sarebbe probabilmente stato ridotto allo stato laicale, poiché il sacerdozio è un ministero maschile.
In buona sostanza, dopo un’ora e cinquanta di ricatti, complotti, comizi, colazioni e cene nella Domus Santa Marta, sembra di entrare in un buco nero che impone di chiudere velocemente la faccenda della sessualità del papa. Una cosa del genere ‒ cioè, l’elezione di una persona intersessuale al soglio di Pietro ‒ è una suggestiva e allucinata prospettiva che potrebbe sicuramente interessare a tanti. Soprattutto a quelli del sacerdozio femminile come dimostrazione di apertura.
Questo è ciò che ci consegna il film Conclave: una ridicola, frettolosa, accettazione di qualcosa che cambierebbe per sempre la Chiesa Cattolica, e che avrebbe fuor di dubbio estese ripercussioni su gran parte delle fedi e delle religioni. Conclave è una via di mezzo tra The Young Pope e Angeli e Demoni, con l’aggiunta di continui richiami a qualche rivoluzione colorata che affosserebbe definitivamente la credibilità della Chiesa Cattolica.
Aggiornato il 08 gennaio 2025 alle ore 13:24